IL DECRETO CONTRO L’ASSENTEISMO FRAUDOLENTO: RELAZIONE E OSSERVAZIONI DELLA COMMISSIONE LAVORO

IL DECRETO COSTITUISCE UNA POSITIVA ANTICIPAZIONE PARZIALE DI QUELLO CON CUI VERRÀ ADEMPIUTA LA DELEGA PER LA RISCRITTURA DEL TESTO UNICO DELL’IMPIEGO PUBBLICO, MA SAREBBE OPPORTUNO CHE ESSO ALLARGASSE IL PROPRIO OGGETTO DAL SOLO ASSENTEISMO FRAUDOLENTO ALL’INTERO TEMA DELL’ASSENTEISMO ABUSIVO

Testo della relazione alla Commissione Lavoro e Politiche sociali del Senato sullo schema di decreto attuativo della delega contenuta nell’articolo 17, comma 1, lettera s), della legge n. 124/2015, in materia di contrasto all’assenteismo fraudolento nelle amministrazioni pubbliche, svolta il 3 maggio 2016 – Segue il testo delle osservazioni sullo schema di decreto, che, su proposta del relatore, la Commissione lavoro ha approvato all’unanimità il 10 maggio 2016.

Relazione di Pietro Ichino sull’atto di Governo n. 292,
Falsa attestazione della presenza in servizio
e licenziamento disciplinare dei dipendenti pubblici

Sommario
1. L’oggetto del decreto e l’eventuale opportunità di un suo ampliamento in relazione al contenuto della delega.
2. Sintesi del contenuto del decreto.
3. Analisi dettagliata del contenuto delle singole disposizioni.
4. Le osservazioni contenute nel parere del Consiglio di Stato 16 marzo 2016 circa la conformità del contenuto del decreto in esame con la norma di delega, e giurisprudenza costituzionale in proposito.
5. Altre osservazioni contenute nello stesso parere del Consiglio di Stato.
6. Suggerimenti ulteriori, per la maggiore chiarezza e precisione delle nuove disposizioni.
7. Una considerazione conclusiva.

 

1. L’oggetto del decreto e l’eventuale opportunità di un suo ampliamento in relazione al contenuto della delega

Lo schema di decreto legislativo in esame intende costituire attuazione della delega contenuta nell’articolo 17, comma 1, lettera s), della legge n. 124/2015, che, nell’ambito del riordino legislativo in materia di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, prevede “l’introduzione di norme in materia di responsabilità disciplinare dei pubblici dipendenti finalizzate a rendere concreto e certo nei tempi di espletamento e di conclusione l’esercizio dell’azione disciplinare”.

Va subito messa a fuoco, a questo proposito, l’ampiezza differente della delega testé citata rispetto all’oggetto dello schema di decreto: mentre la prima comprende l’intera materia della responsabilità disciplinare dei dipendenti pubblici e del potere disciplinare delle amministrazioni, l’oggetto dello schema di decreto riguarda invece soltanto una frazione molto particolare delle possibili mancanze dei dipendenti pubblici e delle relative sanzioni, ovvero quella dell’assenteismo fraudolento. Ne resta peraltro esclusa anche un’ulteriore delega, riferita alla materia del contrasto all’assenteismo abusivo, contenuta nella stessa legge n. 124/2015 alla lettera l) dello stesso comma 1 dell’articolo 17, avente per oggetto la “riorganizzazione delle funzioni in materia di accertamento medico-legale sulle assenze dal servizio per malattia dei dipendenti pubblici, al fine di garantire l’effettività del controllo, con attribuzione all’Istituto nazionale della previdenza sociale della relativa competenza e delle risorse attualmente impiegate dalle amministrazioni pubbliche per l’effettuazione degli accertamenti, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano per la quantificazione delle predette risorse finanziarie e per la definizione delle modalita’ d’impiego del personale medico attualmente adibito alle predette funzioni, senza maggiori oneri per la finanza pubblica e con la previsione del prioritario ricorso alle liste di cui all’articolo 4, comma 10-bis, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, e successive modificazioni”.

La realtà è che con questo decreto il Governo ha inteso dare una tempestiva e positiva risposta all’indignazione dell’opinione pubblica di fronte ad alcuni nuovi episodi clamorosi di assenteismo fraudolento scoperti dalla polizia giudiziaria, tra i quali in particolare quello del Comune di Sanremo, senza peraltro affatto rinunciare alla sistemazione organica della materia che la legge-delega prevede e per la quale il termine di 18 mesi scadrà alla fine di febbraio 2017.

Questa precisazione è importante per sgombrare il  campo da un’idea sbagliata quanto diffusa: quella, cioè, che il problema del contenimento dell’assenteismo abusivo possa essere risolto con le pur necessarie misure disciplinari drastiche (sospensione cautelare immediata, licenziamento) previste in questo schema di decreto. Non è così: i provvedimenti disciplinari qui previsti colpiscono l’assenteismo fraudolento, che costituisce soltanto una “punta di iceberg” rispetto al fenomeno dell’assenteismo abusivo. È giusto colpire con la massima severità l’assenteismo fraudolento, e il decreto dà un’indicazione inequivoca in questo senso; ma non è con la minaccia del licenziamento in tronco che si può combattere con successo la parte maggiore dell’assenteismo abusivo. Il problema deve essere affrontato dai dirigenti responsabili solo in via straordinaria in chiave repressiva, con i provvedimenti disciplinari, ma in via ordinaria deve essere affrontato in chiave preventiva:

– con il buon esempio (si dà il caso, invece, che in molti casi proprio i dirigenti pubblici facciano registrare tassi di assenza dal lavoro più alti rispetto a quelli degli impiegati che da loro dipendono);

– con la buona organizzazione del lavoro;

– con la motivazione dei dipendenti, il farli sentire “attesi” e far sentir loro che la frequenza delle loro assenze eventualmente eccedente la normalità costituisce un problema;

– col premiare i più assidui e diligenti.

Tutte cose che il dirigente competente sa e può fare in molti modi, anche nel quadro normativo attuale. Il passaggio decisivo per affrontare efficacemente il problema consiste dunque nel responsabilizzare i dirigenti competenti in relazione a un obiettivo preciso, misurabile e realistico: quello della riduzione entro un tempo ragionevole del tasso di assenza medio delle rispettive strutture dal livello attuale (in genere, tra il 10 e il 15 per cento) e il livello che si registra mediamente nelle imprese private, che si colloca in genere fra il 3 e il 5 per cento. Dove “responsabilizzare” significa formalizzare l’obiettivo che il dirigente deve realizzare e chiarire che il suo mancato raggiungimento comporterà la revoca anticipata o il non rinnovo dell’incarico dirigenziale, a norma dell’articolo 21 del Testo Unico. È questo il solo modo in cui la dirigenza pubblica verrà indotta a riappropriarsi delle prerogative manageriali alle quali essa ha fin qui diffusamente abdicato, e ad aguzzare l’ingegno per esercitarle nel modo più efficace. Tutte: non soltanto il potere disciplinare.

Certo, con la riappropriazione da parte della dirigenza pubblica delle prerogative che le competono cesserebbe anche la prassi – tanto diffusa nelle amministrazioni, quanto contraria al chiaro dettato legislativo (articolo 55-ter del Testo Unico d.lgs. n. 165/2001) – consistente nell’attivare il procedimento disciplinare soltanto nel caso in cui il comportamento abusivo sia stato rilevato dalla polizia giudiziaria, salvo contestualmente sospendere il procedimento stesso fino all’esito di quello penale, che il più delle volte si conclude con la prescrizione o il patteggiamento. Donde l’amministrazione indebitamente corriva trae per lo più scorrettamente motivo per la reintegrazione dell’imputato con tutti gli onori.

Per voltar pagina rispetto a questa prassi e responsabilizzare la dirigenza pubblica non soltanto circa la necessità del contrasto all’assenteismo fraudolento, ma anche circa la necessità del contrasto all’intero fenomeno dell’assenteismo abusivo, sarà opportuno che – con un allargamento dell’oggetto del decreto in esame, oppure nella sede della riscrittura organica del Testo Unico, essa pure compresa nella delega conferita al Governo dalla legge n. 124/2015 – vengano inserite due disposizioni:

– una che stabilisca l’obbligo per i vertici di ciascuna amministrazione di fissare al dirigente responsabile un obiettivo preciso e misurabile di eliminazione dell’assenteismo abusivo, che implica di norma, in sostanza, l’allineamento del tasso delle assenze a quello delle imprese private;

– un’altra che disponga la revoca dell’incarico al responsabile del personale che non riesca a realizzare quell’obiettivo.

A quel punto non sarebbe necessario, evidentemente, che la legge entri nel dettaglio di ciò che il dirigente deve o non deve fare caso per caso: se è inquadrato come tale, si deve supporre che il dirigente sappia come si fa. E che, con intelligenza e competenza, lo faccia per davvero, se non altro per evitare di perdere l’incarico dirigenziale.

In questo ordine di idee, il metodo del governo per obiettivi precisi, specifici e misurabili renderebbe superfluo comminare sanzioni specifiche per ciascuna singola omissione del dirigente, come accade nel decreto in esame, con la comminatoria del licenziamento automatico per il dirigente che non licenzia a sua volta il dipendente disonesto: sanzione che appare eccessiva nella sua automaticità (mentre non è eccessiva la rimozione del responsabile del personale che mostri di essere incapace di raggiungere l’obiettivo stabilito in materia di ragionevole contenimento del tasso delle assenze dei dipendenti.

2. Sintesi del contenuto del decreto

Il provvedimento si compone di due articoli che, in estrema sintesi, dispongono quanto segue:

– l’ampliamento del novero delle ipotesi riconducibili alla fattispecie “falsa attestazione della presenza in servizio”, con la statuizione che risponde della violazione anche chi abbia agevolato, con comportamenti attivi o omissivi, la condotta fraudolenta;
– l’introduzione della sanzione della sospensione cautelare senza stipendio del dipendente pubblico nei casi di “falsa attestazione della presenza in servizio”, da irrogarsi immediatamente e comunque entro 48 ore;
– l’introduzione di un procedimento disciplinare accelerato nei casi di “falsa attestazione della presenza in servizio”;
– l’introduzione dell’azione di responsabilità per danni di immagine della PA nei confronti del dipendente sottoposto ad azione disciplinare per assenteismo;
– l’estensione della fattispecie di reato “Omissione d’atti d’ufficio”, di cui all’artt. 328 c.p., ai casi in cui il dirigente (o il responsabile del servizio) ometta l’adozione del provvedimento di sospensione cautelare o l’attivazione del procedimento disciplinare nei confronti del dipendente che abbia attestato falsamente la propria presenza;
– l’estensione della responsabilità disciplinare del dirigente (o del responsabile del servizio) e irrogazione della sanzione del licenziamento disciplinare ai casi in cui lo stesso ometta l’adozione del provvedimento di sospensione cautelare o l’attivazione del procedimento disciplinare.

3. Analisi dettagliata del contenuto delle singole disposizioni

Più analiticamente,  l’articolo 1 modifica l’articolo 55-quater del Testo Unico della disciplina del pubblico impiego, decreto legislativo n. 165/2001, introducendovi cinque nuovi commi: 1-bis, 3-bis, 3-ter, 3-quater e 3-quinquies.

Il nuovo comma 1-bis specifica e amplia la portata della fattispecie disciplinare prevista dall’articolo 55-quater, comma 1, lettera a), del Testo Unico (“falsa attestazione della presenza in servizio, mediante l’alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o con altre modalità fraudolente”), al fine di far valere anche la responsabilità di coloro che abbiano agevolato, con la propria condotta attiva od omissiva, la condotta fraudolenta. In particolare, si prevede che costituisce falsa attestazione della presenza in servizio qualunque modalità fraudolenta posta in essere, anche con la collaborazione di terzi, per far risultare il dipendente in servizio o trarre in inganno l’amministrazione circa il rispetto dell’orario di lavoro.

Il nuovo comma 3-bis introduce la sospensione cautelare, senza stipendio, del dipendente pubblico in caso di falsa attestazione della presenza in servizio accertata in flagranza ovvero mediante strumenti di sorveglianza o di registrazione degli accessi o delle presenze. In particolare, la sospensione è disposta, con provvedimento motivato, dal responsabile della struttura di appartenenza del soggetto (o, laddove ne venga a conoscenza per primo, dall’ufficio per i procedimenti disciplinari), in via immediata o comunque entro 48 ore dal momento in cui ne sia venuto a conoscenza. Viene opportunamente precisato che la violazione del termine, pur costituendo una mancanza suscettibile di rilievo disciplinare, non determina comunque la decadenza dell’azione disciplinare o l’inefficacia della sospensione cautelare.

Il comma 3-ter introduce un procedimento disciplinare accelerato che, in relazione alla falsa attestazione della presenza in servizio accertata in flagranza ovvero mediante strumenti di sorveglianza o di registrazione degli accessi o delle presenze, deve concludersi entro 30 giorni dalla contestazione innanzi all’ufficio per i procedimenti disciplinari. A tal fine, si prevede che il responsabile della struttura di appartenenza del dipendente, contestualmente al provvedimento di sospensione cautelare, adottato a norma del comma 3-bis, trasmetta gli atti all’ufficio per i procedimenti disciplinari, che è tenuto ad avviare immediatamente il procedimento disciplinare.

Il comma 3-quater introduce l’azione di responsabilità per danni di immagine della P.A. nei confronti del dipendente sottoposto ad azione disciplinare per falsa attestazione della presenza in servizio. In particolare, si prevede che:

– la denuncia al pubblico ministero e la segnalazione alla Corte dei conti debbano avvenire entro 15 giorni dall’avvio del procedimento disciplinare;

– la Procura della Corte dei conti, qualora ne ricorrano i presupposti, emetta invito a dedurre per danno di immagine della P.A. entro 3 mesi dalla conclusione del procedimento disciplinare;

– l’azione di responsabilità sia esercitata entro i 120 giorni successivi alla denuncia, senza possibilità di proroga, secondo le modalità e i termini previsti dalla normativa vigente sul giudizio di responsabilità amministrativa presso la Corte dei Conti.

– l’ammontare del danno risarcibile sia rimesso alla valutazione equitativa del giudice anche in relazione alla rilevanza del fatto per i mezzi di informazione e, comunque, non possa essere inferiore a sei mesi dell’ultimo stipendio in godimento.

Il comma 3-quinquies, sempre in relazione ai casi di falsa attestazione della presenza in servizio accertata in flagranza, o mediante strumenti di sorveglianza o di registrazione degli accessi o delle presenze, amplia la responsabilità, disciplinare e penale, dei dirigenti o, negli enti privi di qualifica dirigenziale, dei responsabili di servizio competenti. In particolare, si prevede che le condotte omissive (omessa comunicazione all’ufficio per i procedimenti disciplinari; omessa attivazione del procedimento disciplinare; omessa adozione del provvedimento di sospensione cautelare) costituiscono illeciti disciplinari punibili con il licenziamento e illeciti penali riconducibili al reato di omissione di atti d’ufficio (art. 328 c.p.).

L’articolo 2 del decreto in esame reca la consueta clausola di invarianza finanziaria, prevedendo che dall’attuazione del decreto legislativo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

4. Le osservazioni contenute nel parere del Consiglio di Stato 16 marzo 2016 circa la conformità del contenuto del decreto in esame con la norma di delega, e giurisprudenza costituzionale in proposito

Si è visto all’inizio (§ 1) come la non congruenza tra lo schema di decreto legislativo in esame e la norma delegante – articolo 17, comma 1, lettera s, della legge n. 124/2015 –, lungi dal configurarsi nei termini di un eccesso di delega, consiste invece nel concentrarsi della norma delegata su di una frazione molto piccola rispetto alla materia la cui disciplina legislativa il Parlamento ha incaricato il Governo di riscrivere.  Ricordo in proposito che l’articolo 16 della stessa legge delegante stabilisce in particolare questi criteri:

a) elaborazione di un testo unico delle disposizioni in ciascuna materia, con le modifiche strettamente necessarie per il coordinamento delle disposizioni stesse, salvo quanto previsto nelle lettere successive;

b) coordinamento formale e sostanziale del testo delle disposizioni legislative vigenti, apportando le modifiche strettamente necessarie per garantire la coerenza giuridica, logica e sistematica della normativa e per adeguare, aggiornare e semplificare il linguaggio normativo;

c) risoluzione delle antinomie in base ai princìpi dell’ordinamento e alle discipline generali regolatrici della materia;

d) indicazione esplicita delle norme abrogate, fatta salva l’applicazione dell’articolo 15 delle disposizioni sulla legge in generale premesse al codice civile;

e) aggiornamento delle procedure, prevedendo, in coerenza con quanto previsto dai decreti legislativi di cui all’articolo 1, la più estesa e ottimale utilizzazione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, anche nei rapporti con i destinatari dell’azione amministrativa.

Nonostante l’ampiezza della delega, tuttavia, il Consiglio di Stato, nel parere emesso sullo schema di decreto in esame il 16 marzo 2016, ha espresso alcuni dubbi sulla riconducibilità alla delega e ai criteri direttivi ora citati delle disposizioni, relative al risarcimento del danno di immagine all’amministrazione (di cui al comma 3-quater, secondo, terzo e quarto periodo di cui si è detto nel § 2) e all’ampliamento della responsabilità penale dei dirigenti (o dei responsabili di servizio competenti) in relazione alla fattispecie di reato “Omissione di atti di ufficio” (di cui al comma 5-quinquies, di cui pure si è detto sopra).

In particolare, in riferimento alle disposizioni sul danno di immagine il Consiglio di Stato, osservato in via generale che si tratta di disposizioni che intervengono sulla responsabilità erariale (e non “disciplinare”) del dipendente, ritiene che contrasti con la delega l’introduzione di una dettagliata procedura per l’esercizio dell’azione di responsabilità, la quale non attiene direttamente alla disciplina del rapporto di lavoro e, oltretutto, si svolge e si esaurisce successivamente alla conclusione della procedura di licenziamento. Questa osservazione merita attenta considerazione da parte della nostra Commissione.

In riferimento, invece, alle dispozioni sulla responsabilità penale dei dirigenti (o dei responsabili di servizio competenti), il Consiglio di Stato, osservato in via generale che si tratta di disposizioni che intervengono sulla responsabilità penale, e non su quella disciplinare, dei dipendenti, ritiene che la disposizione non si limiti a richiamare la fattispecie del reato di “Omissione di atti di ufficio” (art. 328 c.p.), ma configuri nuove fattispecie penali (omessa comunicazione all’ufficio competente per i procedimenti disciplinari; omessa attivazione del procedimento disciplinare, omessa adozione del provvedimento di sospensione cautelare), aggiuntive rispetto a quelle tipizzate dall’articolo 328 c.p. (il quale configura illecita la condotta del pubblico ufficiale o dell’incaricato di un pubblico servizio che “entro 30 giorni dalla richiesta di chi vi abbia interesse non compie l’atto del suo ufficio e non risponde per esporre le ragioni del ritardo”).

Il Consiglio di Stato, nel proprio parere, cita anche la giurisprudenza della Corte costituzionale, che ha evidenziato come sia consentito al legislatore delegato emanare norme che rappresentino un coerente sviluppo e un completamento delle scelte espresse dal legislatore delegante, poiché deve escludersi che la funzione del primo sia limitata a una mera scansione linguistica delle previsioni stabilite dall’autorità delegante; affermandosi, pertanto, che nell’attuazione della delega è possibile valutare le situazioni giuridiche da regolamentare ed effettuare le conseguenti scelte, nella fisiologica attività di riempimento che lega i due livelli normativi (sentenze della Corte Costituzionale n. 229/2014, n. 98/2008 e n. 163/2000). Viene, peraltro, affermato che il contenuto della delega deve essere identificato tenendosi conto del complessivo contesto normativo nel quale si inseriscono la legge delega ed i relativi principi e criteri direttivi nonché delle finalità che lo ispirano; e che, nel silenzio del legislatore delegante sullo specifico tema, occorre verificare la congruenza delle scelte del legislatore delegato rispetto agli indirizzi generali fissati dal primo (sentenze n. 341/2007 e 426/2006); richiedendosi che tali scelte siano compatibili con la ratio della delega e in linea con i criteri direttivi della stessa (ultimamente in questo senso la sentenza della Corte n. 146/2015). Nel caso in cui la delega preveda soluzioni innovative, queste devono comunque attenersi strettamente ai principi e ai criteri direttivi enunciati dal legislatore delegante (sentenza n. 94/2014). Al contempo, viene posto in evidenza come la delega legislativa non escluda qualsiasi discrezionalità del legislatore delegato, la quale può essere più o meno ampia in relazione al grado di specificità dei criteri dalla legge di delega (sentenza n. 47/2014). La Corte costituzionale ha infatti ulteriormente precisato, a questo proposito, che la determinazione dei “principi e criteri direttivi” non è finalizzata a eliminare ogni discrezionalità nell’esercizio della delega, ma soltanto a circoscriverla.

Ai fini della valutazione relativa al rapporto tra lo schema di decreto delegato e il campo delimitato dai criteri e principi direttivi recati dalla legge delega va peraltro ricordato che altro criterio di delega recato dalla legge n. 124/2015 (art. 11, comma 1, lettera m) affida al legislatore delegato il riordino delle norme relative alle ipotesi di responsabilità dirigenziale, amministrativo-contabile e disciplinare dei dirigenti, stabilendo espressamente che, in sede di attuazione della delega, il criterio da seguire è quello della “limitazione della responsabilità disciplinare ai comportamenti effettivamente imputabili ai medesimi dirigenti e della responsabilità dirigenziale alle ipotesi di cui all’art. 21 del D.Lgs. 165/2001 (mancato raggiungimento degli obiettivi o inosservanza delle direttive imputabili al dirigente); viene altresì richiamata, in particolare, la ridefinizione del rapporto tra la responsabilità amministrativo-contabile e la responsabilità dirigenziale, con particolare riferimento alla esclusiva imputabilità ai dirigenti della responsabilità per “l’attività gestionale” (analogo criterio direttivo è previsto all’art. 17, comma 1, lettera t).

È ben vero che un altro criterio fissato dalla legge delegante (art. 11, co. 1, lett. q) prevede la definizione di ipotesi di revoca dell’incarico e di divieto di rinnovo di incarichi in settori sensibili ed esposti al rischio di corruzione, nei confronti di soggetti che siano stati condannati, anche in via non definitiva, da parte della Corte dei conti, al risarcimento del danno erariale per condotte dolose; ma non sembra che la disposizione qui in discussione, contenuta nel decreto in esame, possa essere ricondotta a questo criterio di delega.

Il parere del Consiglio di Stato si conclude quindi con il suggerimento di espungere dal testo le disposizioni che attengono all’azione di responsabilità per danno d’immagine e alla responsabilità penale dei dirigenti.  Lo stesso organo consultivo precisa tuttavia di non aver inteso, con ciò, porre alcuna preclusione – di merito o di legittimità – a che le stesse previsioni siano eventualmente riprese in considerazione per l’inserimento in un successivo idoneo provvedimento legislativo, anche in via urgente: il dubbio – effettivamente non manifestamente infondato – riguarda soltanto la congruenza delle disposizioni stesse rispetto alla delega contenuta nella legge n. 124/2015.

5. Altre osservazioni contenute nello stesso parere del Consiglio di Stato

Oltre alle osservazioni di cui si è detto nel paragrafo 4 in punto di eccesso di delega, il Consiglio di Stato propone alcune modifiche ulteriori, volte a rendere il decreto più chiaro nel suo contenuto e quindi più incisivi i suoi effetti.

Vanno segnalate innanzitutto, a questo proposito, le osservazioni concernenti la necessità di introdurre specifici e chiari termini procedimentali, particolarmente in tema di contestazione dell’addebito e di preavviso per la convocazione in contraddittorio, i quali secondo il Consiglio di Stato devono essere compatibili con il termine di conclusione del procedimento, ma anche idonei ad assicurare l’effettività del diritto di difesa, nonché con la specifica indicazione del dies a quo di decorrenza del termine di conclusione del procedimento. Come si è visto (nel § 3), la lettura della disposizione qui proposta è nel senso della decorrenza di questo termine dalla data della contestazione al dipendente interessato: questa è l’interpretazione che probabilmente prevarrebbe, in assenza di una precisazione nel nuovo testo legislativo; ma la precisazione stessa appare effettivamente opportuna.

Il Consiglio di Stato suggerisce poi una riflessione, alla stregua dei principi di ragionevolezza e di proporzionalità, in ordine all’introduzione della sanzione disciplinare del licenziamento in capo ai dirigenti e ai responsabili di servizio per i casi previsti dal comma 3-bis, che sostanzialmente equipara il dirigente, quanto al trattamento sanzionatorio, a un soggetto che ha concorso nella commissione dell’illecito, mentre in realtà la condotta omissiva, cui la norma si riferisce, è successiva e diversa rispetto all’illecito posto in essere dal dipendente. Anche questa osservazione merita attenta considerazione; occorre però considerare anche, con la massima attenzione, l’intendimento del legislatore di voltare pagina in modo molto incisivo rispetto a una prassi dirigenziale che si è caratterizzata fin qui per una diffusissima abdicazione da parte della dirigenza pubblica al proprio potere disciplinare, sconfinante in una connivenza sistematica rispetto a condotte penalmente rilevanti dei dipendenti. Considerata la gravità di questa omissione e dei suoi effetti, la comminatoria del licenziamento di soggetti come i dirigenti (le cui retribuzioni notevolmente più alte rispetto alla generalità dei dipendenti dovrebbero corrispondere anche a una meno rigida tutela della stabilità) può effettivamente giustificarsi anche sotto il profilo della ragionevolezza e della proporzionalità.

6. Suggerimenti ulteriori, per la maggiore chiarezza e precisione delle nuove disposizioni

Alle puntuali osservazioni contenute nel parere del Consiglio di Stato di cui si è dato conto nei due paragrafi precedenti, in gran parte condivise – come analiticamente indicato – dall’estensore di questa relazione, se ne aggiungo alcune altre di minor rilievo, qui di seguito indicate, volte alla maggiore chiarezza e precisione delle nuove disposizioni.

Al comma 3-bis appare opportuno:

– precisare natura e conseguenze della responsabilità del/la dipendente nel caso in cui la violazione del termine di 48 ore (previsto per la sospensione cautelare) sia a lui/lei imputabile;

– nello stesso comma, per chiarezza, appare opportuno sostituire le parole “che ne sia responsabile” con le seguenti “cui essa sia imputabile”; dopo le parole “falsa attestazione della presenza”, aggiungere le seguenti: “in servizio”; dopo le parole “immediata sospensione cautelare” aggiungere le seguenti: “dal servizio”;

Al comma 3-ter, oltre a specificare – come suggerisce il Consiglio di Stato: v. § 5 – il dies a quo ai fini della decorrenza del termine di 30 giorni per la conclusione del procedimento disciplinare, appare altresì opportuno:

– che vengano precisati (analogamente a quanto stabilito per i procedimenti disciplinari ordinari dall’articolo 55-bis del decreto legislativo n.165/2001) i termini per l’avvio del procedimento disciplinare e di preavviso per la convocazione in contraddittorio del dipendente (idonei a farne comunque salvo il diritto di difesa);

– conseguentemente che, al fine di assicurare la conclusione del procedimento disciplinare entro i 30 giorni previsti, che venga privilegiata esplicitamente l’oralità del procedimento, pur senza sacrificare il contraddittorio e il diritto difesa e senza escludere la possibilità della presentazione da parte del dipendente interessato di difese scritte (il Consiglio di Stato richiama, a questo proposito, le normative previste per i procedimenti disciplinari nei settori delle Forze armate e di Polizia);

– che, in relazione alla durata massima (30 giorni) del procedimento disciplinare, nell’articolo 55-bis venga introdotta una disposizione di coordinamento normativo, comma 5, ultimo periodo, del decreto legislativo n. 165/2001, dove nel definire la procedura disciplinare ordinaria si prevede che “È esclusa l’applicazione di termini diversi o ulteriori rispetto a quelli stabiliti dal presente articolo” (ad esempio premettendo le parole “Fatto salvo quanto previsto all’articolo 55-quater,”);

– che nel caso specifico, essendo la mancanza del dipendente costituita da un comportamento rientrante pienamente nella sfera di controllo e diretta conoscibilità da parte dell’amministrazione datrice di lavoro, non può considerarsi applicabile la sospensione del procedimento disciplinare fino al termine di quello penale, prevista in via generale all’articolo 55-ter, del decreto legislativo n. 165/2001 “nei casi di particolare complessità dell’accertamento del fatto addebitato al dipendente e quando [l’amministrazione] all’esito dell’istruttoria non dispone di elementi sufficienti a motivare l’irrogazione della sanzione”:  è infatti, questa, una disposizione riferita a comportamenti del dipendente all’esterno del luogo di lavoro o comunque in forme e circostanze tali da non consentire all’amministrazione alcun accertamento adeguato.

Al comma 3-quater appare opportuno:

– prevedere che l’obbligo di denuncia al pubblico ministero e di segnalazione alla Corte dei conti, entro 15 giorni dall’avvio del procedimento disciplinare, gravante sull’ufficio per i procedimenti disciplinari, operi non solo in relazione alle ipotesi previste al nuovo comma 3-bis dell’articolo 55-quater (falsa attestazione della presenza in servizio accertata in flagranza ovvero mediante strumenti di sorveglianza o di registrazione degli accessi o delle presenze), ma in tutti i casi di “falsa attestazione della presenza in servizio” (richiamandosi, a tal fine, anche il nuovo comma 1-bis, nonchè il vigente comma 1, lettera a, dell’articolo 55-quater), trattandosi di condotte del tutto assimilabili sotto il profilo della responsabilità penale (prevista all’articolo 55-quinquies, comma 1) e per danno di immagine alla P.A. (a norma dell’articolo 55-quinquies, comma 2).

Al comma 3-quinquies appare opportuno:

– con riferimento all’ambito applicativo della disposizione, che se ne valuti l’applicabilità non solo in relazione alle ipotesi previste al nuovo comma 3-bis dell’articolo 55-quater (falsa attestazione della presenza in servizio accertata in flagranza ovvero mediante strumenti di sorveglianza o di registrazione degli accessi o delle presenze), ma in tutti i casi di “falsa attestazione della presenza in servizio”  (richiamandosi, a tal fine, anche il nuovo comma 1-bis, nonché il vigente comma 1, lettera a, dell’articolo 55-quater), poiché si tratta di condotte del tutto assimilabili sotto il profilo della valenza disciplinare;

– che venga chiarito se e in che cosa si differenzino (anche a fini della loro rilevanza penale e, quindi, della tassatività delle fattispecie) le condotte di “omessa comunicazione all’ufficio competente” e di “omessa attivazione del procedimento disciplinare”, posto che a norma del comma 3-ter il responsabile della struttura di appartenenza del dipendente è tenuto unicamente (dopo la sospensione cautelare) alla trasmissione degli atti all’ufficio per i procedimenti disciplinari;

– conseguentemente, che venga chiarito se la sanzione del licenziamento è applicabile non solo a dirigenti e responsabili della struttura nella quale il dipendente presta servizio, ma anche ai dipendenti (eventualmente privi di tali qualifiche) membri dell’ufficio per i procedimenti disciplinari; al riguardo va infatti considerato che, sebbene il comma 3-quinquies richiami unicamente “dirigenti” e “responsabili di servizio competenti”, i commi 3-bis e 3-ter collocano anche in capo all’ufficio per i procedimenti disciplinari l’obbligo di immediata sospensione cautelare del dipendente nel caso in cui esso sia venuto per primo a conoscenza della condotta illecita del dipendente stesso; va considerato altresì che tra le condotte punibili figura la “omessa attivazione del procedimento disciplinare”, la quale non appare propriamente riferibile a dirigenti e responsabili della struttura nella quale il dipendente presta servizio (tenuti unicamente alla sospensione cautelare del dipendente e alla contestuale trasmissione degli atti all’ufficio per i procedimenti disciplinari), bensì all’ufficio per i procedimenti disciplinari nel suo complesso;

– che venga chiarito se il licenziamento disciplinare costituisca l’unica sanzione disciplinare applicabile nel caso di condotte omissive di dirigenti e responsabili di servizio competenti (se esso costituisca, cioè, una possibilità o un obbligo per il collegio giudicante), ciò anche in considerazione delle osservazioni del Consiglio di Stato di cui si è dato conto nel § 5;

– che venga chiarito se le condotte illecite omissive si perfezionino scaduto il termine di 48 ore (decorrente, a norma del comma 3-bis, dal momento in cui il dirigente o il responsabile della struttura di appartenenza siano venuti a conoscenza della condotta illecita del dipendente) e, in particolare;

– che venga chiarito, altresì, che l’adozione tardiva, cioè oltre le 48 ore, della sospensione cautelare dal servizio e contestuale trasmissione degli atti all’ufficio per i procedimenti disciplinari, quando solo di un ritardo si tratti, non integra l’illecito disciplinare punito con il licenziamento, e tanto meno l’illecito penale, bensì soltanto un illecito disciplinare minore;

– per ragioni di chiarezza della formulazione, che si sopprimano le parole “di cui”; che inoltre si uniformino le espressioni “responsabile della struttura di appartenenza” (comma 3-bis e 3-ter) e “responsabili di servizio competenti” (comma 3-quinquies) e si sostituisca la parola “fattispecie” con la parola “illecito”;

– che si valuti l’opportunità di dettare una disciplina transitoria relativamente ai procedimenti in corso.

7. Una considerazione conclusiva

Per concludere, il decreto in esame può e deve costituire – possibilmente con gli aggiustamenti di cui si è detto nei paragrafi precedenti – una positiva anticipazione parziale del decreto con cui verrà adempiuta la delega relativa alla riscrittura del testo unico della disciplina legislativa dell’impiego pubblico. È tuttavia necessario avere ben presente che la questione del contrasto all’assenteismo fraudolento costituisce soltanto un capitolo specifico della ben più ampia questione del contrasto all’assenteismo abusivo.

In questo ordine di idee sarà bene che il Governo valuti l’opportunità di anticipare in questo decreto anche la parte delle nuove disposizioni di cui si è detto nel § 1, che possono e devono costituire una anticipazione parziale – in riferimento alla materia del contrasto all’assenteismo abusivo – del nuovo assetto delle amministrazioni pubbliche basato sul governo per obiettivi precisi, specifici, misurabili (come è preciso, specifico e misurabile il tasso delle assenze di una amministrazione, o di un ufficio in seno ad essa, in relazione al benchmark costituito dal tasso che si registra nel settore privato); e sulla valutazione, ed eventuale rimozione, dei dirigenti in relazione al grado di raggiungimento degli obiettivi stessi.

 

OSSERVAZIONI APPROVATE DALLA 11ª COMMISSIONE PERMANENTE
il 10 maggio 2016 sullo Schema di decreto legislativo recante
modifiche all’articolo 55-
quater del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165
in materia di licenziamento disciplinare

(Estensore: senatore ICHINO)

 L’11a Commissione permanente,

esaminato lo schema di decreto legislativo in titolo,

premesso che attraverso di esso il Governo ha inteso dare una risposta tempestiva al giustificato allarme dell’opinione pubblica per alcuni episodi clamorosi di assenteismo fraudolento perpetrati da dipendenti di amministrazioni locali, ma anche correggere la prassi diffusa (e contraria a quanto disposto dagli articoli 55-ter e seguenti del Testo Unico del pubblico impiego) delle amministrazioni di sospendere sistematicamente i procedimenti disciplinari in attesa degli esiti dei corrispondenti procedimenti penali, anche quando le mancanze cui essi si riferiscono sono state commesse nei luoghi di lavoro e le amministrazioni stesse sono in grado di accertare compiutamente fatti e responsabilità, in piena autonomia rispetto all’autorità giudiziaria;

valutato che il decreto in esame può rappresentare, in riferimento al capitolo suddetto, una positiva anticipazione parziale del decreto legislativo relativo alla riscrittura del Testo unico della disciplina legislativa dell’impiego pubblico;

preso atto delle criticità condivisibilmente evidenziate nel parere espresso dal Consiglio di Stato 16 marzo 2016 relative al risarcimento del danno di immagine all’amministrazione, alla necessità di introdurre specifici termini procedimentali e all’ampliamento della responsabilità penale dei dirigenti,

esprime osservazioni favorevoli con i rilievi di seguito riportati.

In linea generale, si suggerisce alla Commissione di merito di inserire nel testo due ulteriori disposizioni: una che stabilisca l’obbligo per i vertici di ciascuna amministrazione di fissare al dirigente responsabile un obiettivo preciso e misurabile di contrasto all’assenteismo abusivo, per esempio in termini di allineamento del tasso di assenze dell’amministrazione rispetto a quello che si registra mediamente nel settore privato, e un’altra che, specificando la regola generale contenuta nell’articolo 21 del Testo Unico in materia di responsabilità dirigenziale (distinta da quella disciplinare), disponga la revoca o il non rinnovo dell’incarico al responsabile del personale per mancato conseguimento di tale obiettivo. A fronte dell’introduzione di queste disposizioni, più ambiziose sul piano del risultato complessivo ma al tempo stesso rispettose della discrezionalità dirigenziale circa il metodo e i mezzi per conseguire l’obiettivo, si giustificherebbe la soppressione della comminatoria del licenziamento automatico del dirigente che non proceda al licenziamento del dipendente responsabile di assenteismo fraudolento.

Con riferimento all’articolo 1, si suggerisce di precisare al comma 3-bis la natura e le conseguenze in capo al dipendente nel caso in cui la violazione del termine di 48 ore, previsto per la sospensione cautelare, sia a lui imputabile.

Si suggerisce inoltre

  • di introdurre termini procedimentali chiari, particolarmente in tema di contestazione dell’addebito e di preavviso per la convocazione in contraddittorio, compatibili con il termine di conclusione del procedimento ma anche idonei ad assicurare l’effettività del diritto di difesa;
  • di specificare il dies a quodi decorrenza del termine di conclusione del procedimento;
  • in riferimento al caso di applicazione della sospensione cautelare, di chiarire il trattamento economico dovuto al lavoratore colpito dal provvedimento in modo che sia assicurata la funzione alimentare del trattamento stesso, al pari del godimento degli assegni familiari.

Al comma 3-ter, oltre a il dies a quo ai fini della decorrenza del termine di 30 giorni per la conclusione del procedimento disciplinare, si reputa altresì opportuno che vengano precisati i termini per l’avvio del procedimento disciplinare e di preavviso per la convocazione in contraddittorio del dipendente, privilegiandosi esplicitamente l’oralità del procedimento, pur senza sacrificare il contraddittorio e il diritto difesa (anche eventualmente mediante presentazione di difese scritte, senza effetti dilatori).

Al comma 3-quater si suggerisce di prevedere che l’obbligo di denuncia al pubblico ministero e di segnalazione alla Corte dei conti, entro 15 giorni dall’avvio del procedimento disciplinare, gravante sull’ufficio per i procedimenti disciplinari, operi non solo in relazione alle ipotesi previste al nuovo comma 3-bis dell’articolo 55-quater, ma in tutti i casi di “falsa attestazione della presenza in servizio”, trattandosi di condotte del tutto assimilabili sotto il profilo della responsabilità penale e del danno di immagine alla pubblica Amministrazione.

Al comma 3-quinquies, con riferimento all’ambito applicativo della disposizione, si invita a valutarne l’applicabilità non solo in relazione alle ipotesi previste al nuovo comma 3-bis dell’articolo 55-quater, ma in tutti i casi di “falsa attestazione della presenza in servizio”, poiché si tratta di condotte del tutto assimilabili sotto il profilo della valenza disciplinare. Si segnala inoltre l’opportunità di chiarire in che cosa si differenzino le condotte di “omessa comunicazione all’ufficio competente” e di “omessa attivazione del procedimento disciplinare”,  posto che, a norma del comma 3-ter, il responsabile della struttura di appartenenza del dipendente dopo la sospensione cautelare è tenuto unicamente alla trasmissione degli atti all’ufficio per i procedimenti disciplinari. Di conseguenza, si suggerisce di esplicitare se la sanzione del licenziamento sia applicabile non solo a dirigenti e responsabili della struttura nella quale il dipendente presta servizio, ma anche ai dipendenti – eventualmente privi di tali qualifiche – membri dell’ufficio per i procedimenti disciplinari. Inoltre, poiché il comma 3-quinquies richiama unicamente “dirigenti” e “responsabili di servizio competenti” e i commi 3-bis e 3-ter collocano anche in capo all’ufficio per i procedimenti disciplinari l’obbligo di immediata sospensione cautelare del dipendente nel caso in cui esso sia venuto per primo a conoscenza della condotta illecita, si sottolinea la necessità di chiarire anche questo aspetto.

Si fa notare altresì che tra le condotte punibili figura la “omessa attivazione del procedimento disciplinare”, la quale non appare propriamente riferibile a dirigenti e responsabili della struttura nella quale il dipendente presta servizio, bensì all’ufficio per i procedimenti disciplinari nel suo complesso. Si invita inoltre a chiarire:
– che il licenziamento disciplinare non costituisce l’unica sanzione disciplinare applicabile nel caso di condotte omissive di dirigenti e responsabili di servizio competenti;
– se le condotte illecite omissive si perfezionino una volta scaduto il termine di 48 ore, decorrente, a norma del comma 3-bis, dal momento in cui il dirigente o il responsabile della struttura di appartenenza siano venuti a conoscenza della condotta illecita del dipendente.

Su quest’ultimo aspetto, occorre valutare se l’adozione tardiva – cioè oltre le 48 ore – della sospensione cautelare dal servizio e contestuale trasmissione degli atti all’ufficio per i procedimenti disciplinari, quando solo di un ritardo si tratti, integri un illecito disciplinare punito con il licenziamento, o un illecito disciplinare minore.

Infine, si richiama l’attenzione della Commissione di merito sull’opportunità di dettare una disciplina transitoria relativamente ai procedimenti disciplinari in corso al momento in cui il decreto entrerà in vigore.

Roma, 9 maggio 2016

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