ITALIA OGGI: ANCORA SUGLI EFFETTI DELLA RIFORMA DEL LAVORO

I TRE INDIZI SULLA BASE DEI QUALI SI PUÒ IPOTIZZARE CHE CIRCA METÀ DELL’AUMENTO DELLE ASSUNZIONI STABILI VERIFICATOSI NELL’ULTIMO ANNO SIA IMPUTABILE ALL’INCENTIVO ECONOMICO, L’ALTRA METÀ ALLA RIFORMA DEL RAPPORTO DI LAVORO E IN PARTICOLARE DEI LICENZIAMENTI

Dichiarazione rilasciata a Federico Unnia, per un servizio pubblicato sul settimanale di Italia Oggi, 8 maggio 2016 – In argomento v. anche la nota tecnica del 23 marzo scorso.

Non è arbitrario ipotizzare che il rilevantissimo aumento complessivo – 49 per cento – delle assunzioni stabili registratosi in Italia nell’ultimo anno rispetto all’anno precedente sia per metà circa imputabile all’incentivo economico e per la parte restante alla riforma della disciplina del rapporto e in particolare dei licenziamenti. Gli indizi che depongono in questo senso sono costituiti: A) dal raddoppio della percentuale di aumento verificatosi da marzo 2015 in poi, cioè dopo l’entrata in vigore del decreto n. 23/2015, rispetto alla percentuale di aumento dei mesi di gennaio e febbraio 2015, nei quali ha operato soltanto l’incentivo economico; B) dall’aumento – circa il 23 per cento da marzo a dicembre rispetto al 2014 – delle conversioni di rapporti di apprendistato in rapporti ordinari a tempo indeterminato: in questo caso, infatti, l’incentivo economico non ha operato; C) dall’aumento del 37 per cento delle assunzioni stabili verificatosi nel trimestre dicembre 2015-febbraio 2016 rispetto al trimestre corrispondente di un anno prima: questo aumento si verifica infatti rispetto a un trimestre per due terzi del quale l’incentivo economico era già operante.

Si tratta, però, soltanto di un’ipotesi che dovrà essere verificata sulla base di una analisi molto più raffinata dei dati disaggregati.

Quanto all’aumento complessivo dell’occupazione verificatosi in quest’ultimo anno (oltre 300.000 occupati in più), la sola cosa che si può osservare è che esso si è verificato in perfetta coincidenza con l’inversione del trend congiunturale: in Italia non si è assistito, dunque, allo stesso ritardo tra i sei e i dodici mesi a cui si è assistito in quasi tutti gli altri Paesi dell’OCSE. Si può formulare l’ipotesi che questa “anticipazione” dell’effetto occupazionale della ripresa sia stata in qualche misura favorita dall’azione congiunta dello shock economico (decontribuzione) e dello shock normativo (Jobs Act); ma anche qui si tratta soltanto di una ragionevole ipotesi, tutta da verificare.

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