UNA SOLUZIONE PER LA QUESTIONE DEI LAVORI USURANTI

GRADUARE L’ANTICIPO DELL’ETÀ DEL PENSIONAMENTO IN RELAZIONE ALLA GRAVITÀ DEL CARATTERE USURANTE DELLA PRESTAZIONE LAVORATIVA SVOLTA

Disegno di legge presentato alla Presidenza del Senato il 10 maggio 2016

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DISEGNO DI LEGGE
Delega al governo per la revisione della disciplina in tema di lavori usuranti
presentato dai senatori FUCKSIA, ICHINO e altri

 

Relazione Illustrativa 

Onorevoli Senatori! –  Il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni costituisce oggetto del diritto cardine della nostra Repubblica, nonché soprattutto un valore per la realizzazione della personalità umana, come previsto dalla Costituzione. Non si tratta di un valore che possa essere inteso in modo statico: al contrario, esso deve essere inteso in senso fortemente dinamico e in stretta connessione con il contesto storico e socio-economico e con le l’evolversi delle esigenze primarie dell’individuo, prima fra tutte quella della salute psico-fisica. L’invecchiamento della popolazione e le ridotte performance dell’individuo di fronte a sempre nuove e più articolate richieste, pone il nostro Paese, come del resto tutti i Paesi industrializzati, di fronte alla necessità di assicurare le risorse per far fronte alla crescente spesa sociale per l’assistenza richiesta, anche con interventi sui regimi previdenziali; ciò non può, tuttavia, non avvenire in armonia con la finalità di realizzare la più ampia tutela del lavoratore e della persona. A tal fine risulta imprescindibile adottare particolari misure per tutelare le categorie di lavoratori che svolgono attività particolarmente faticose.

A questa esigenza intende rispondere il presente disegno di legge, mediante il conferimento di una delega al Governo per la revisione della disciplina in materia di lavori usuranti.

Il significato di “usura”, applicato al lavoro, è determinato in base alla sua definizione comune, che è quella di logoramento, deterioramento, consumo. Il concetto di lavoro usurante si riferisce ad attività che per la loro gravosità determinano un invecchiamento precoce. La letteratura scientifica in materia di medicina del lavoro e medicina legale asserisce che dopo una certa età le capacità psicofisiche necessarie per l’espletamento di alcune attività in particolare manuali in condizione di efficienza e sicurezza si riducono fino a venire completamente meno.

La Corte di Cassazione definisce come usurante il lavoro che:

  1. induce uno sfruttamento anormale, eccessivo, sproporzionato, doloroso delle energie residue (1955-1968-1969-1979-1981-1983-1986);
  2. provoca l’instaurarsi di uno stato patologico o l’aggravarsi di uno stato patologico preesistente (1981);
  3. determina un grave pregiudizio della residua efficienza fisica (1990);
  4. logora l’organismo (1995).

Le Sentenze della stessa Corte n. 362 del 1968 e n. 2939 del 1969 riguardano nello specifico soggetti già invalidi (un invalido di guerra e un invalido civile avviato al lavoro in regime di collocamento obbligatorio) e quindi si riferiscono a una potenziale usura incidente su stati patologici pre-esistenti. La Sentenza n. 5937 del 1981 precisa invece, in linea generale, che

«lavoro usurante è quello sproporzionato alle possibilità psicofisiche dell’individuo, tale da determinare l’instaurarsi o l’aggravarsi di uno stato patologico, cioè quel lavoro nel quale l’organismo logora le proprie energie in un periodo di tempo più breve ed in misura superiore al normale. Un complesso morboso che possa, secondo un criterio di fondata previsione, determinare un grave pregiudizio per la residua efficienza fisica del soggetto, in conseguenza del perdurare dell’attività lavorativa, è da ritenersi invalidante […] un tale pregiudizio […] non va confuso con il peggioramento potenziale e futuro dipendente dalla naturale evoluzione dell’infermità, di cui invece non può tenersi alcun conto […]».

Esattamente sulla stessa linea si colloca la sentenza n. 755 del 1986 secondo la quale

«il carattere usurante di un’attività lavorativa […] sussiste allorché il lavoro richieda uno sforzo eccessivo e doloroso e comporti uno sfruttamento anormale delle energie residue […] e quindi una situazione di pericolo per la salute, tale da aggravare le infermità dell’assicurato con la precisazione peraltro che l’eventuale peggioramento dello stato di salute dell’assicurato medesimo non deve dipendere dalla naturale evoluzione delle infermità, della quale non può tenersi conto ai fini del giudizio sull’invalidità pensionabile»

nonché la Sentenza n. 9708 del 1993, nella quale si conferma che

«l’eventuale peggioramento dello stato di salute dell’assicurato [rilevante ai fini dell’identificazione del lavoro usurante] non deve dipendere dalla naturale evoluzione dell’infermità, della quale non può a tal fine tenersi conto».

La stessa Sentenza n. 9708 del 1993 e la n. 5057 del 1990 riaffermano il principio, secondo cui l’usura «assume rilevanza solo quando la riduzione della capacità lavorativa sia prossima alla soglia legale d’invalidità» e quindi agisce su uno stato di malattia pre-esistente.

La definizione normativa di lavoro usurante, nell’ordinamento attuale, è contenuta nel Decreto legislativo 374 del 1993[1], dove tali attività vengono definite “i lavori per il cui svolgimento è richiesto uno sforzo psicofisico, particolarmente intenso e continuativo, condizionato da fattori che non possono essere prevenuti con misure idonee”. Per queste mansioni fu allora previsto un anticipo del limite di età pensionabile di due mesi per ogni anno di occupazione, fino a un massimo di cinque anni, e una riduzione del limite di anzianità contributiva di un anno ogni dieci di occupazione in queste attività, fino a un massimo di quattro anni.

Inoltre il Decreto citato prevedeva[2] l’istituzione di una Commissione tecnico-scientifica, delegata a promuovere l’accordo fra il Governo e le parti sociali, con il compito di individuare criteri differenziati e specifici per determinare la disciplina applicabile, con benefici maggiori per le mansioni classificate come usuranti.

Questo procedimento concertativo previsto dal Decreto, però, non ha dato mai luogo all’emanazione dei decreti ministeriali attuativi. La Commissione tecnico-scientifica non è stata neppure nominata. Al punto che si può parlare di una vera e propria inattuazione della legge.

Successivamente, con la Legge finanziaria del 1998 (Legge n. 447 del 1997[3]), è stata riproposta la Commissione tecnico-scientifica, che finalmente è divenuta operativa attraverso il Decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale del 8 aprile 1998.

L’anno successivo, nel 1999, con il Decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale n. 208 del 19 maggio, tale Commissione ha elaborato una lista di criteri per l’identificarzione delle mansioni usuranti.Tuttavia solo nel 2007 si giunge, con la legge n. 247[4], a emanare una delega al Governo ad adottare uno o più decreti legislativi, al fine di assicurare ai lavoratori dipendenti impegnati in lavori usuranti la possibilità di conseguire il diritto al pensionamento anticipato con requisiti inferiori a quelli previsti per la generalità dei lavoratori dipendenti.

La caduta del Governo Prodi comporta il superamento del termine per l’esercizio della delega, poi riaperto dall’articolo 1 della legge n. 183 del 2010 (cosiddetto Collegato lavoro), che ha consentito l’emanazione del decreto legislativo n. 67 del 2011[5]. Tale provvedimento contiene l’elenco delle mansioni usuranti, per le quali si applicano deroghe al regime pensionistico generale[6]. Esso prevede, per chi abbia svolto attività usuranti, il conseguimento del diritto al trattamento pensionistico con un’età anagrafica ridotta di tre anni e una somma di età anagrafica e anzianità contributiva ridotta di tre unità rispetto alla generalità dei lavoratori.

Tuttavia nel 2011 il Decreto Legge n. 201[7]  interviene a riformare il Decreto 67/2011: a seguito di tale intervento, a decorrere dal 1° gennaio 2012 il beneficio fisso dei 3 anni di anticipo della pensione viene eliminato, essendo previsto come unico meccanismo di uscita il sistema delle “quote”.

La quota è costituita dalla somma tra l’anzianità contributiva minima e l’età anagrafica[8]. I lavoratori che hanno svolto attività usuranti possono pertanto andare in pensione, dal 1° gennaio 2015, con un’anzianità contributiva minima di 35 anni e una età pari a 61 anni e 3 mesi (62 anni e 3 mesi se autonomi). Tali requisiti si applicano anche ai lavoratori notturni che svolgono attività lavorativa per almeno 3 ore nell’intero anno lavorativo, oppure per almeno 6 ore per un minimo di 78 giorni l’anno. Ove invece, il lavoro notturno sia svolto per meno di 78 giorni, i valori di età e di quota pensionistica sono aumentati di due anni se il lavoro notturno annuo è stato svolto per un numero di giorni lavorativi da 64 a 71 e di un anno se le giornate annue in cui si è svolto il lavoro notturno sono state da 72 a 77.

Oggi i requisiti per l’accesso alla pensione dei lavoratori impiegati in lavori usuranti sono quelli che risultano dalla tabella che segue:

 [omissis]

Tutti i requisiti sono soggetti agli adeguamenti in relazione alla speranza di vita e, pertanto, sono destinati a crescere ulteriormente dal 2016 in poi (salvo che debba sfortunatamente consolidarsi l’inversione della tendenza alla crescita dell’attesa di vita, verificatasi negli ultimi mesi).

La normativa vigente presenta numerose criticità. La prima riguarda l’elenco delle mansioni usuranti, che appare non esaustivo, in quanto non comprende attività che per le loro peculiarità sarebbe opportuno inserire in tale elenco. La seconda attiene alla tabellazione dei limiti di età con cui andare in pensione. Tale criterio sembra derivante esclusivamente da motivi puramente ragionieristici, sul modello del taglio lineare che in questi anni ha sostituito una effettiva spending review. Soprattutto non si tiene conto della variabilità e complessità della macchina/valore uomo. Unodegli effetti pratici che si sono ottenuti con tale sistema è infatti quella di procrastinare l’età pensionabile, sull’assunto che il continuo allungamento della speranza di vita della popolazione garantisca un supplemento adeguato di anni di vita per operare uno scambio equo tra anni di pensione e anni di lavoro. Tuttavia questo scambio, seppur giustificato sul piano demografico, risulta iniquo sul piano sociale, se applicato indiscriminatamente, cioè senza prendere in considerazione le diseguaglianze professionali nella salute, e il loro impatto sulla speranza di vita delle diverse categorie professionali.

Ulteriore grave criticità concerne il fatto che, per accedere al beneficio pensionistico, occorre aver raggiunto almeno 7 anni di lavoro usurante negli ultimi 10 e, dal 2018, addirittura metà degli anni di lavoro svolto. Questo requisito è uguale per tutte le mansioni inserite nella tabella. Una siffatta previsione, omologante e qualunquista, non trova nessuna plausibilità scientifica. Inoltre, il requisito di aver svolto un lavoro usurante per “metà della vita lavorativa”, previsto a regime, risulta comunque troppo lungo per determinate attività, e pare anch’esso trovare la sua unica giustificazione nella mera sostenibilità economica.

Infine la normativa attualmente in vigore, per come è strutturata, non tiene conto del fatto che l’usura in campo lavorativo non è un dato esattamente e facilmente quantificabile, ma per sua natura in continuo divenire. Si tratta infatti di un concetto proprio della scienza medica soggetto a ridefinizione continua sotto il profilo fisio-patologico, anche a causa dei cambiamenti tecnologici della struttura produttiva stessa. Questo è il motivo per cui è opportuno che la tabella contenente le mansioni usuranti sia costantemente monitorata, aggiornata e rivista. Nel tempo alcune mansioni potrebbero uscirne, altre invece potrebbero esservi inserite.

La delega al Governo contenuta nel presente disegno di legge ha per oggetto la revisione della disciplina pensionistica dei soggetti che svolgono lavori usuranti, secondo principi e criteri che vanno nella direzione di superare le criticità sopra evidenziate.

Alla lettera a) del comma 1 dell’articolo 1, si incide sulla prima criticità descritta, vale a dire la non esaustività dell’elenco delle mansioni usuranti oggi in vigore, delegando il Governo a riformulare l’elenco dei lavori usuranti, estendendolo a determinate mansioni non previste dalla normativa vigente, in particolare i conducenti di veicoli pesanti adibiti al trasporto di merci di lunga percorrenza, gli esposti nelle diverse categorie professionali a cancerogeni, i medici-chirurghi esposti a radiazioni ionizzanti, obbligati peraltro all’uso di dispositivi di protezione individuale (DPI) come camici di piombo che peggiorano il rischio ergonomico-biomeccanico annesso all’assunzione di posture incongrue e protratte, gli addetti con diverse mansioni al settore edile.

Nel caso degli autisti, infatti, il riferimento alla “capienza complessiva non inferiore ai nove posti compreso il conducente” del veicolo guidato, previsto dalla normativa vigente, appare restrittivo. È dunque opportuna la dicitura – più ampia – di “conducenti di veicoli pesanti adibiti a trasporto di persone o merci di lunga percorrenza”. In tal modo, si supera peraltro una problematica evidente, ossia il fatto che con la disciplina attuale restano esclusi gli autisti di mezzi di trasporto privato, che esercitano tale attività in forma autonoma. Peraltro i conduttori di mezzi di trasporto sono una categoria caratterizzata da molti eccessi di morbosità in particolare con riferimento a patologie dismetaboliche croniche nonché ad infortuni verso se stessi e verso terzi.  Ripensare i limiti di idoneità al lavoro in queste categorie trova giustificazione anche in una prevenzione volta a ridurre gli incidenti stradali che tanto impattano in termini di sanità pubblica.

Con riferimento ai chirurghi, tale categoria è esposta a una combinazione di fattori di rischio che producono effetti tra loro additivi e moltiplicativi, come le radiazioni ionizzanti, il rischio chimico, i fattori legati alla disergonomia tra cui biomeccanici, stress lavoro-correlato, lavoro notturno, biologico. Essi inoltre assai spesso sono tenuti ad indossare camici in piombo in dotazione al personale radio-esposto, e sono soggetti ad ulteriori fattori di rischio biomeccanico, quali ad esempio la postura eretta prolungata.

Quanto ai lavoratori del settore edile e affini, tale categoria si caratterizza per l’alto rischio infortunistico, l’elevata prevalenza di malattie professionali, un elevato tasso di mortalità in generale e per svariate neoplasie. Inoltre il lavoratore edile è esposto ad agenti fisici (rumore, vibrazioni, raggi solari, microclima sfavorevole, temperature severe), biologici (tetano, leptospira), chimici (polveri, fibre, solventi) e cancerogeni. Rilevanti sono inoltre la movimentazione manuale dei carichi, i movimenti ripetitivi e le attività svolte in posture incongrue. In uno studio di settore, pubblicato nel 2011 dall’OSHA-UE[9] (Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro) riguardante i lavori usuranti, spicca il dato legato al settore edile in Europa, che detiene uno dei peggiori record in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Tra il 2003 e il 2011 inoltre, la SIMLII (Società italiana della medicina del lavoro e igiene industriale) ha svolto uno studio[10], che ha visto sottoposti a sorveglianza sanitaria un campione di 2069 lavoratori edili. Al termine dello studio, sono state diagnosticate 291 malattie professionali (14,06 per cento) in 251 lavoratori (12,13 per cento del campione). I risultati riportano sordità e malattie muscolo scheletriche come prevalenti, seguite da dermatiti e malattie da strumenti vibranti. I lavoratori  più anziani sarebbero quelli maggiormente esposti al rischio: dallo studio emerge infatti che tra gli edili è affetto da malattia professionale il 17 per cento dei lavoratori fra i 40 e 50 anni e il 41 per cento sopra i 50 anni.

La lettera b) del comma 1 dello stesso articolo 1 prevede l’introduzione di un requisito anagrafico ridotto da uno a dieci anni, in misura proporzionale al tipo e al periodo di attività usurante svolto.

Alla lettera c) si prevede che i lavoratori che rientrano nelle categorie indicate nella tabella debbano aver svolto un periodo lavorativo minimo, individuato in base al tipo e alle specificità di rischio delle attività e delle mansioni svolte, in modo da garantire il carattere della proporzionalità circa i requisiti di accesso ai benefici pensionistici, tenendo conto delle peculiarità di ciascuna attività. In particolare, a ciascuna categoria, è previsto venga assegnato un punteggio, dato dal prodotto tra gli anni di lavoro  e il coefficiente usurante associato alla mansione svolta, come valutato e quantificato da apposita Commissione tecnico-scientifica.

La lettera d) riguarda il processo accertativo dei requisiti per l’accesso al beneficio pensionistico.

Le lettere e) e f) prevedono le sanzioni.

La lettera g) disciplina le eventuali controversie in merito all’accertamento dello svolgimento di mansioni usuranti.

La lettera h) prevede, per chi ha svolto attività usuranti, una maggiorazione dei livelli del trattamento pensionistico in misura proporzionale alla tipologia e al periodo di attività lavorativa svolto.

La lettera i) delega il Governo a disporre un aggiornamento triennale della tabella contenente l’elenco delle attività usuranti, previa acquisizione del parere di una Commissione tecnico-scientifica che tra l’altro svolga anche funzione di osservatorio permanente sulle attività usuranti.

Il comma 2 dell’articolo 1 prevede che i decreti legislativi di cui al comma 1 rechino, a norma dell’articolo 17, comma 12, della Legge 196/2009, una clausola di salvaguardia, volta a prevedere che, qualora nell’ambito della funzione di accertamento del diritto al beneficio emergano scostamenti tra gli oneri derivanti dalle domande accolte e la copertura finanziaria prevista, si applichi un criterio di priorità nella decorrenza dei trattamenti pensionistici, in ragione della maturazione dei requisiti agevolati, e, a parità degli stessi, della data di presentazione della domanda. In tal senso, viene richiamato l’articolo 17 comma 12 della L. 196 del 2009, a norma del quale, in attuazione dell’articolo 81, comma 4, della Costituzione, ciascuna legge che comporti nuovi o maggiori oneri deve espressamente indicare la spesa autorizzata ovvero le relative previsioni di spesa, definendo una specifica clausola di salvaguardia.

Le deleghe devono essere esercitate entro sei mesi.

DISEGNO DI LEGGE

 Art. 1
(Delega al Governo per la revisione della disciplina in tema di lavori usuranti)

  1. Il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi di riassetto normativo, al fine di assicurare ai lavoratori dipendenti impegnati in particolari lavori o attività, la possibilità di conseguire, su domanda, il diritto al pensionamento anticipato con requisiti inferiori a quelli previsti per la generalità dei lavoratori dipendenti, secondo i seguenti princìpi e criteri direttivi:
    a) i lavoratori beneficiari siano impegnati in mansioni usuranti, quali quelle di cui all’articolo 2 del decreto 19 maggio 1999 del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, della sanità e per la funzione pubblica; ovvero siano lavoratori dipendenti notturni come definiti dal decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, che, fermi restando i criteri di cui alla successiva lettera c), possano far valere, nell’arco temporale ivi indicato, una permanenza minima nel periodo notturno; ovvero siano lavoratori addetti alla cosiddetta «linea catena» che, all’interno di un processo produttivo in serie, contraddistinto da un ritmo collegato a lavorazioni o a misurazione di tempi di produzione con mansioni organizzate in sequenze di postazioni, svolgano attività caratterizzate dalla ripetizione costante dello stesso ciclo lavorativo su parti staccate di un prodotto finale, che si spostano a flusso continuo o a scatti con cadenze brevi, determinate dall’organizzazione del lavoro o dalla tecnologia, con esclusione degli addetti a lavorazioni collaterali a linee di produzione, alla manutenzione, al rifornimento materiali e al controllo di qualità; ovvero siano conducenti di veicoli pesanti adibiti a trasporto di persone o merci di lunga percorrenza; ovvero medici che svolgono turni notturni; ovvero chirurghi esposti a radiazioni ionizzanti; ovvero siano addetti del settore edile ed affini; ovvero siano operai agricoli;
    b) sia previsto un requisito anagrafico ridotto da uno a dieci anni, in misura proporzionale al tipo e agli anni di attività usurante svolta, con soglie differenziate in ragione dell’attività svolta, individuate e quantificate dalla commissione di cui alla lettera i), fermo restando il regime di decorrenza del pensionamento secondo le modalità di cui all’articolo 1, comma 6, lettere c) e d), della legge 23 agosto 2004, n. 243;
    c) i lavoratori che al momento del pensionamento si trovano nelle condizioni di cui alla lettera a), devono avere svolto nelle attività di cui alla lettera medesima, un periodo lavorativo minimo, individuato in base al tipo e alle specificità di rischio delle mansioni svolte, di modo da garantire il carattere della proporzionalità circa i requisiti di accesso ai benefici pensionistici, tenendo conto delle peculiarità di ciascuna mansione lavorativa svolta. La proporzionalità è garantita attraverso l’attribuzione di un punteggio a ciascuna categoria, ottenuto assegnando un punteggio, dato dal prodotto tra gli anni di lavoro e il coefficiente usurante associato alla mansione svolta, come valutato e quantificato dalla commissione di cui alla lettera i). Le disposizioni di cui alla presente lettera sono estese ai lavoratori autonomi secondo criteri, regole e modalità compatibili e coerenti con le particolari caratteristiche dell’attività lavorativa svolta, come valutate dalla commissione di cui alla lettera i);
    d) stabilire la documentazione e gli elementi di prova in data certa attestanti l’esistenza dei requisiti soggettivi e oggettivi, richiesti dal presente comma, e disciplinare il relativo procedimento accertativo, anche attraverso verifica ispettiva;
    e) prevedere sanzioni amministrative in misura non inferiore a 500 euro e non superiore a 5.000 euro e altre misure di carattere sanzionatorio nel caso di omissione da parte del datore di lavoro degli adempimenti relativi agli obblighi di comunicazione ai competenti uffici dell’Amministrazione dell’articolazione dell’attività produttiva ovvero dell’organizzazione dell’orario di lavoro aventi le caratteristiche di cui alla lettera a), relativamente, rispettivamente, alla cosiddetta «linea catena» e al lavoro notturno;
    f) prevedere, in caso di comunicazioni non veritiere, fermo restando quanto previsto dall’articolo 484 del codice penale e dalle altre ipotesi di reato previste dall’ordinamento, anche relativamente ai presupposti del conseguimento dei benefìci, una sanzione pari fino al 200 per cento delle somme indebitamente corrisposte;
    g) eventuali controversie in merito all’accertamento dello svolgimento di mansioni usuranti, anche pregresse, siano devolute alle direzioni territoriali del lavoro (DTL), o, in mancanza, agli Ispettorati regionali del lavoro. Le decisioni delle DTL o degli Ispettorati regionali del lavoro possono essere impugnate in unico grado innanzi al tribunale in funzione di giudice del lavoro. Avverso le decisioni del tribunale è ammesso il solo ricorso per cassazione;
    h) garantire ai lavoratori che al momento del pensionamento si trovano nelle condizioni di cui alla lettera a), una maggiorazione dei livelli del trattamento pensionistico in misura proporzionale alla tipologia e al periodo di attività lavorativa svolto, secondo un coefficiente preventivamente stabilito dalla commissione di cui alla lettera i), anche attraverso misure di defiscalizzazione dei trattamenti medesimi;
    i) aggiornamento triennale della tabella contenente l’elenco delle attività usuranti, previa acquisizione del parere vincolante di una commissione tecnico-scientifica nominata con apposito decreto dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro della salute, e composta da non più di dodici membri, individuati tra i rappresentanti delle società scientifiche impegnate nella tutela e nella promozione della medicina del lavoro e dell’igiene industriale maggiormente rappresentative e i rappresentanti degli organismi paritetici. Ferme restando le attribuzioni di cui alle precedenti lettere b), c) e h), l’attività della commissione è volta all’individuazione di misure perequative degli svantaggi professionali nella salute, tenendo conto delle variazioni del carico di lavoro nelle specifiche mansioni. La commissione svolge altresì la funzione di osservatorio permanente in qualità di organo di consulenza presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali per analisi e indagini sulle attività usuranti, sulle aspettative di vita, sull’esposizione al rischio professionale, sul grado di incidenza di infortuni e malattie professionali per ciascuna categoria lavorativa. Alla commissione spetta il compito di monitorare i fattori di usura che permettono l’accesso ai benefici previdenziali e di individuare parametri e criteri tecnici e scientifici per valutare la riduzione o l’aumento dei fattori di usura stessi.
  2. I decreti legislativi di cui al comma 1 recano, a norma dell’articolo 17, comma 12, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, una clausola di salvaguardia, volta a prevedere che, qualora nell’ambito della funzione di accertamento del diritto al beneficio pensionistico, emergano scostamenti tra gli oneri derivanti dalle domande accolte e la copertura finanziaria prevista, trovi applicazione, nella decorrenza dei trattamenti pensionistici, un criterio di priorità, in ragione della maturazione dei requisiti agevolati, e, a parità degli stessi, della data di presentazione della domanda.

 

___________________

[1] Attuazione dell’art. 3, comma 1, lettera f), della legge 23 ottobre 1992, n. 421, recante benefici per le attività usuranti.

[2] Al comma 4 dell’articolo 3.

[3] Al comma 11 dell’articolo 59.

[4] «Norme di attuazione del protocollo del 23 luglio 2007 su previdenza, lavoro e competitività per favorire l’equità e la crescita sostenibili, nonché ulteriori norme in materia di lavoro e di previdenza sociale».

[5] Art. 1 comma 4: “(…), i lavoratori dipendenti di cui al comma 1 conseguono il diritto al trattamento pensionistico con un’età anagrafica ridotta di tre anni ed una somma di età anagrafica e anzianità contributiva ridotta di tre unità rispetto ai requisiti previsti dalla Tabella B di cui all’Allegato 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 247. Restano fermi gli adeguamenti dei requisiti agli incrementi della speranza di vita previsti dall’articolo 12 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122”.

[6] Le attività in questione sono individuate nell’articolo 1 del Dlgs 67/2011 e sono riconducibili a quattro macro-categorie.

  1. a) Lavoratori impegnati in mansioni particolarmente usuranti di cui all’articolo 2 del decreto del ministero del lavoro del 19 Maggio 1999.

Si tratta dei lavoratori adibiti a lavori svolti in galleria, cava o miniera; i lavori ad alte temperature; i lavori in cassoni ad aria compressa; le attività per l’ asportazione dell’ amianto; le attività di lavorazione del vetro cavo; i lavori nella catena di montaggio; lavori svolti dai palombari; lavori espletati in spazi ristretti.

  1. b)Lavoratori notturni come definiti e ripartiti ai soli fini del dlgs 67/2011nelle seguenti categorie: 1) lavoratori a turni che prestano lo loro attività nel periodo notturno per almeno 6 ore per un numero minimo di giorni lavorativi all’anno non inferiore a 64; 2) lavoratori che prestano la loro attività per almeno 3 ore nell’intervallo tra la mezzanotte e le cinque del mattino per periodi di lavoro di durata pari all’intero anno lavorativo.
  2. c) i lavoratori alle dipendenze di imprese per le quali operano le voci di tariffa per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro.

Si tratta dei lavoratori indicati nell’elenco n. 1 contenuto nell’allegato 1 allo stesso dlgs 67/2011, cui si applicano i criteri per l’organizzazione del lavoro previsti dall’articolo 2100 del cc, impegnati all’interno di un processo produttivo in serie, contraddistinto da un rimo determinato da misurazione di tempi di produzione con mansioni organizzate in sequenze di postazioni, che svolgano attività caratterizzate dalla ripetizione costante dello stesso ciclo lavorativo su parti staccate di un prodotto finale, che si sostano a flusso continuo o a scatti con cadenze brevi determinate dall’organizzazione del lavoro o della tecnologia, con esclusione degli addetti a lavorazioni collaterali a linee di produzione, alla manutenzione, al rifornimento materiali, ad attività di regolazione o controllo computerizzato delle linee di produzione e al controllo qualità.

  1. d) i conducenti di veicoli, di capienza complessiva non inferiore a 9 posti, adibiti a servizio pubblico di trasporto collettivo.

[7] Art. 24, commi 17 e 17-bis.

[8] Oltre agli usurati, ad oggi il sistema delle “quote” si riferisce solo ai lavoratori salvaguardati, cioè coloro che sulla base di specifici provvedimenti legislativi possono continuare a godere delle regole ante-Fornero, tra cui c’era, per l’appunto, la possibilità di accedere alla pensione con le cd. quote. Sono 170mila i lavoratori che si trovano in questa condizione: si tratta di lavoratori che avevano perso il lavoro entro il 2011 o che avevano, sempre entro tale data, stipulato accordi con il datore che prevedevano l’uscita nei mesi successivi. Gli altri lavoratori dipendenti, pubblici o autonomi non possono usufruire del pensionamento con le quote. Dovranno attendere i requisiti previdenziali introdotti dalla Riforma Fornero e cioè: a) 41 anni e 6 mesi di contributi (42 anni e 6 mesi se uomini) indipendentemente dall’età anagrafica (pensione anticipata); 66 anni e 3 mesi di età unitamente a 20 anni di contributi (pensione di vecchiaia).

[9] i dati esposti nella relazione sono riportati in questa pagina del sito OSHA: https://osha.europa.eu/en/sector/construction/

[10] Studio svolto nell’ambito del progetto «Tutela della salute nei cantieri edili», nato da una collaborazione tra CPT Bergamo e l’Unità di medicina del lavoro degli Ospedali Riuniti di Bergamo promossa dall’allora Dipartimento di Prevenzione Provinciale dell’ASL di Bergamo.

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