DUE CONTRADDIZIONI ULTERIORI DEL M5S (MA ATTENTI A NON DEMONIZZARLO)

UN LETTORE RILEVA LA CONTRADDIZIONE TRA IL PROGETTO DEL “REDDITO DI CITTADINANZA” E L’IMPEGNO A RIDURRE LE TASSE – UN ALTRO RILEVA L ‘INCOMPATIBILITÀ TRA BUONA POLITICA E “CERVELLO ALL’AMMASSO” – RISPONDO CONCORDANDO, MA RICORDANDO ANCHE CHE, TUTTAVIA, NESSUN PARTITO È ESENTE DA CONTRADDIZIONI

Messaggi pervenuti l’11 luglio 2016, in riferimento all’editoriale telegrafico dello stesso giorno Cinque stelle per cinque contraddizioni  .
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Grillo e Casaleggio

Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio, fondatori del M5S

UNA SESTA CONTRADDIZIONE DEL M5S
Caro Ichino, concordo sulle cinque contraddizioni da lei evidenziate, ma ne ha dimenticata una, forse la più importante. I Cinquestelle costruiscono gran parte della loro popolarità sulla proposta del “reddito di cittadinanza”: 700 euro al mese per ogni cittadino italiano che abbia compiuto i 18 anni, da Silvio Berlusconi all’ultimo dei barboni; ma nel contempo si presentano come quelli che ridurranno le tasse agli italiani. Come si conciliano le due cose? Anche assorbendo nel reddito di cittadinanza tutte le forme di assistenza oggi in essere, il costo di questa misura non sarebbe inferiore a 30 miliardi l’anno, probabilmente raggiungerebbe i 50. Dove intendono prenderli? Risposta solita: “con la lotta all’evasione”; ma con quali metodi i Cinquestelle pretendono di farci credere che saranno in grado di aumentare di 30 o addirittura 50 miliardi annui il gettito fiscale?
Con l’occasione mi felicito con lei per il traguardo delle 400 Newsletter, che sono per me un appuntamento settimanale di grandissimo interesse: il lunedì mattina accendo il pc con la sicurezza di trovare l’ultima, sempre aggiornata, succinta, frizzante, insomma un raggio di luce nel buio del lunedì mattina. Grazie di questo dono settimanale!
Michele Frengo

LA BUONA POLITICA NON SI CONCILIA CON LA RINUNCIA ALL’AUTONOMIA DI GIUDIZIO
Caro Amico, a parziale e modestissimo contrappeso delle tante mail di insulto, voglio dirti che ho trovato interessanti e molto efficaci i cinque punti che tu proponi ai grillini nella Newsletter 400. Tra loro ci sono molti giovani e questo mi piace, come del resto apprezzo la loro attenzione ai fatti di onestà personale. Ma questo non basta a fare buona politica, se poi si è conferito il cervello all’ammasso di un blog misterioso e si dà così poco peso alla competenza e al buonsenso. Questo mi ricorda i tanti che credono si possa far politica ignorando del tutto la politica estera o la realtà dei conti in economia. Buon lavoro. E che l’estate consenta a tutti un po’ di vacanza. Tuo, cordialmente
Giorgio  Cigliana

Ringrazio questi due lettori e tutti gli altri che mi hanno scritto il loro consenso (alcuni anche dissenso) rispetto all’editoriale telegrafico di lunedì scorso. Ho scelto questi due messaggi per il tono pacato che li contraddistingue; ma ne ho ricevuti numerosi altri contenenti una squalifica radicale e senza appello del movimento dei Cinque Stelle: colgo l’occasione per raccomandare a tutti di non cadere nell’errore ideologico di demonizzare gli avversari. Le contraddizioni evidenziate nelle posizioni attuali del M5S sono reali; ma è bene non dimenticare che nessun partito, neanche il più piccolo e libero da impegni di governo, riesce a evitare rigorosamente ogni contraddizione, a conservare una perfetta e cristallina purezza e coerenza delle proprie posizioni e comportamenti. Il dibattito politico deve servire per stimolare la coerenza, la trasparenza e l’affidabilità delle forze politiche; ma il dibattito stesso è fecondo soltanto se si fonda sul riconoscimento da parte di ciascun partito di essere fatto, almeno in qualche misura, “della stessa pasta” degli altri. Sul riconoscimento, cioè, di un “minimo denominatore” che accomuna ogni partito al partito avverso: un minimo di patrimonio comune costituito da una tradizione amministrativa che in qualche misura condiziona tutte le nuove elaborazioni programmatiche;  da una cultura politica nazionale nella quale ciascuna “cultura di partito” affonda in qualche misura le radici; dal rischio di errori, opacità, difetti e comportamenti non coerenti con le idee professate, dal quale nessun partito può mai pretendere di essere, per propria natura, del tutto esente.   (p.i.)   

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