LA VERTENZA CONSULMARKETING E I NUOVI CONFINI DEL LAVORO SUBORDINATO

UNA FIGURA PROFESSIONALE CHE, SECONDO I CRITERI DELLA LEGGE FORNERO DEL 2012, SAREBBE RICOMPRESA NEL CAMPO DI APPLICAZIONE DEL DIRITTO DEL LAVORO SUBORDINATO, NE VIENE ESCLUSA SECONDO I CRITERI DEL DECRETO N. 81/2015 – LE RAGIONI DELLA SCELTA DEL LEGISLATORE

Testo integrale delle risposte che ho dato a Luisiana Gaita, il 17 febbraio 2017, in funzione di un servizio del Fatto quotidiano di prossima pubblicazione sulla vertenza Consulmarketing, che vede aperta una procedura di licenziamento collettivo in cui sono coinvolti 360 rilevatori commerciali    
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Fatto quotidianoProfessor Ichino, intanto volevamo chiederle la sua posizione proprio in merito al suo ruolo, come contitolare dello Studio legale che assiste la Consulmarketing. Per lei si può parlare di conflitto di interesse?
Quando sono stato eletto al Senato, nove anni fa, ho immediatamente sospeso sia la mia attività di insegnamento all’Università, sia la mia attività forense, salvo portare a termine le difese di cui avevo assunto l’incarico in precedenza, come era mio dovere verso le persone assistite. Ovviamente questa sospensione riguarda solo me e non gli altri cinquanta avvocati che fanno parte dello stesso Studio. Ciascuno dei quali esercita la propria attività in piena autonomia. D’altra parte, non mi risulta che in Senato sia mai stato trattato alcun provvedimento che riguardi direttamente la vertenza in questione. Non vedo, dunque, in che cosa possa consistere il conflitto di interesse cui lei accenna.

Conoscendo lei bene la vicenda, le chiedo posizione anche in merito alle procedure aperte dall’azienda, dato che secondo i sindacati “Consulmarketing intende costringere i lavoratori a rinunciare al rapporto di lavoro dipendente, per riproporre loro un contratto di collaborazione” con l’intento “di continuare ad avere addetti alla rilevazione prezzi, eliminando tutele, diritti e riducendo, quindi, i costi del lavoro.”
Non conosco direttamente i termini di questa vicenda, della quale non mi sono mai occupato personalmente. In linea di diritto, penso che la questione nasca da un mutamento della normativa che regola questa materia. La disciplina posta dalla legge n. 92 del 2012, la cosiddetta legge Fornero, ispirata alla proposta contenuta nel mio progetto di Codice semplificato del lavoro, sostanzialmente prevedeva che la disciplina del lavoro subordinato si applicasse anche in tutti i casi di lavoro caratterizzato da una dipendenza sostanziale del prestatore nei confronti del datore di lavoro, anche quando la prestazione non fosse soggetta a vincolo di orario e di luogo: dipendenza che era individuata in base ai criteri della monocommittenza, della continuità nel tempo e del livello medio-basso della retribuzione: sotto i 18.000 euro l’anno. Nell’articolo 2 del decreto legislativo n, 81 del 2015, invece, il legislatore delegato ha ritenuto di adottare un criterio diverso, per cui la disciplina del lavoro subordinato si applica in tutti i casi in cui la prestazione lavorativa, anche se eventualmente qualificata come autonoma dalle parti, è soggetta al coordinamento spazio-temporale da parte del committente, in particolare al vincolo d’orario. Vengono dunque superati i criteri di estensione della disciplina previsti dalla legge Fornero e resta soltanto quest’ultimo.

Lei però, quando questa norma venne varata, era membro della Commissione Lavoro del Senato.
Sì, ma la norma non è contenuta nella legge-delega elaborata dal Senato e poi approvata anche dalla Camera: la norma è stata emanata dal Governo, in sede di attuazione di quella delega. Ovviamente partecipai alla discussione su questo punto, anche con chi era incaricato della redazione del decreto attuativo; e in quella sede mi battei perché venisse mantenuta l’impostazione della legge Fornero del 2012, pur con qualche messa a punto che era effettivamente necessaria. Venne invece scelta l’impostazione diversa di cui ho detto prima. Il motivo che venne addotto era che in diversi settori si erano determinate delle situazioni di crisi in conseguenza dei costi che la legge Fornero imponeva, per attività svolte senza vincolo di orario, delle quali dunque l’utilizzatore non aveva il controllo.

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