VOUCHER: DAVVERO SEMPLIFICARE EQUIVALE A “MERCIFICARE”?

LA CONFEDERAZIONE GUIDATA DA SUSANNA CAMUSSO VUOLE L’ABOLIZIONE DEI BUONI-LAVORO PERCHÉ CONSIDERA SBAGLIATO L’ORIENTAMENTO DELLA MAGGIOR PARTE DELLA LEGISLAZIONE DELL’ULTIMO VENTENNIO, NEL SENSO DELLA RIDUZIONE DEGLI ADEMPIMENTI BUROCRATICI E DELLA COMPLESSITÀ DELLA DISCIPLINA DEL LAVORO

Intervista a cura di Andrea Ducci, pubblicata dal Corriere della Sera il 15 marzo 2017 con alcuni tagli per motivi di spazio, accanto a una intervista di segno opposto a Guglielmo Epifani – In argomento v. anche Se vietiamo i voucher alle imprese, consentiamo loro almeno il lavoro a chiamata     .
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Corriere della Sera, 14 marzo 2017, pag. 2

Corriere della Sera, 14 marzo 2017, pag. 2

Professor Ichino, Susanna Camusso dice che 134 milioni di voucher venduti nel 2016 rendono evidente la diffusione abnorme di questa forma di lavoro. Lei cosa ne pensa?
In Italia nel 2016 le ore di lavoro complessive si contano in decine di miliardi. Il lavoro retribuito con i voucher è stato nell’ultimo anno una frazione minuscola, molto al di sotto dell’uno per cento. Come si può parlare di una “diffusione abnorme” di fronte a un numero così piccolo?

Sta di fatto che il referendum promosso dalla Cgil propone di cancellare del tutto i voucher nati per retribuire lavoretti e prestazioni occasionali. È giusto abolirli tout court?
Logica vorrebbe che prima di abolire o riscrivere da cima a fondo le norme su questa materia si studiasse quello che accade nel mercato del lavoro, per stabilire dove e in quale misura i buoni-lavoro abbiano sostituito lavoro regolare, oppure invece abbiano fatto emergere lavoro nero, o fatto esistere lavoro che altrimenti non si sarebbe svolto. Oggi siamo in grado di misurare questi fenomeni con una certa precisione. Altrimenti abbiamo la certezza di buttare via il bambino insieme all’acqua sporca.

Perché la sinistra politica e sindacale vede solo “acqua sporca”, come lei dice, in questo strumento?
Perché oggi è contraria all’orientamento di quasi tutta la nostra legislazione del lavoro dell’ultimo ventennio, dalla legge Treu del ’97 in poi.

Quale orientamento?
Quello di correggere uno dei difetti maggiori del nostro mercato del lavoro: la complessità degli adempimenti burocratici necessari per la costituzione del rapporto di lavoro dipendente e della disciplina applicabile al suo svolgimento e alla sua cessazione. In questa ottica, i buoni-lavoro servono a semplificare al massimo le cose là dove, altrimenti, per il carattere breve o saltuario del lavoro, le complicazioni burocratiche e giuridiche impedirebbero la costituzione di un rapporto di lavoro regolare.

Nei prossimi due mesi e mezzo, per scongiurare il referendum, potrebbe essere varato un decreto che corregga l’attuale norma. Come potrebbe essere disciplinato un nuovo meccanismo che contempli l’utilizzo di voucher?
Una scelta ragionevole potrebbe essere quella di vietare l’uso dei voucher alle imprese medio-grandi, consentendo però loro di utilizzare il contratto di lavoro intermittente, che nel 2015 è stato limitato ai soli giovani fino a 24 anni e agli over 55. Una delle cause che può aver contribuito all’aumento dell’uso dei buoni-lavoro nell’ultimo anno è probabilmente proprio quella limitazione. Vietarlo anche alle imprese di piccole dimensioni, invece, come prevede il disegno di legge approvato dalla Commissione della Camera, significa azzerare molte occasioni di lavoro accessorio svolto in modo trasparente e con i contributi assicurativi regolari.

Che cosa altro prevede il “testo unificato” approvato dalla Commissione Lavoro della Camera?

Oltre a vietare i voucher a tutte le imprese, escluse soltanto quelle totalmente prive di dipendenti, e a tutti i liberi professionisti, li vieta anche a tutti coloro che abbiano più di 24 anni e non siano pensionati, o disabili, o immigrati regolari disoccupati. Inoltre stabilisce in modo tassativo gli otto tipi, molto circoscritti, di attività per le quali è ammesso l’uso dei voucher da parte di singole persone.

Cosa succede se questo testo diventa legge?
Si ottiene di fatto un quasi azzeramento dei voucher: un risultato molto vicino a quello che chiede la Cgil. Mi parrebbe molto meglio correggere la legge nel modo ragionevole di cui abbiamo parlato prima. A quel punto, anche se la Corte di Cassazione non considerasse la correzione sufficiente per evitare il referendum, ci penserebbe la maggioranza degli elettori a evitare l’assurdità dell’abrogazione totale di uno strumento utile per consentire anche ai margini del tessuto produttivo una forma di lavoro trasparente e con tutte le coperture assicurative.

 

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