UN PRIMO PASSO PER LA PROTEZIONE DEL LAVORO NELLA GIG-ECONOMY

Potrebbe essere consistere nel prevedere che le piattaforme private della gig-economy si interfaccino con la piattaforma Inps istituita per assicurare le protezioni minime indispensabili ai prestatori di lavoro occasionale, senza però i vincoli quantitativi imposti per il lavoro occasionale

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Testo integrale dell’intervista a cura di Cinzia Arena, pubblicata da
l’Avvenire il 29 aprile 2018, con alcuni tagli per motivi di spazio – Segue il link alla pagina dell’Avvenire contenente il servizio – In argomento v. anche il mio articolo su lavoce.info I diritti del lavoro nella gig-economy e il disegno di legge n. 2934/2017      .

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Perché i lavoratori di Foodora non sono stati riconosciuti come subordinati?
Occorre leggere la motivazione della sentenza del Tribunale di Torino, che verrà depositata nei prossimi giorni. Si può, però, presumere, che il giudice torinese abbia aderito all’orientamento giurisprudenziale formatosi tra la fine degli anni ’80 e i primi ’90 in relazione ai c.d. pony express: quelle sentenze dicevano che se il contratto lascia libero il lavoratore di rispondere o no alla chiamata, questo è incompatibile con la qualificazione della prestazione come subordinata.

Cosa prevedeva le legge Fornero?
La legge n. 92/2012 prevedeva che il sistema generale delle protezioni del lavoro subordinato si applicasse anche alle prestazioni di lavoro autonomo, quando il rapporto fosse caratterizzato dalla continuità nel tempo, dalla monocommittenza e da un reddito medio-basso: la soglia venne fissata allora intorno ai 18.000 euro annui. In questo modo, in sostanza, veniva attribuita rilevanza decisiva al dato della dipendenza economica sostanziale del prestatore di lavoro dal committente.

Perché è stata modificata?
Perché quel criterio lasciava fuori il magazziniere assunto “a partita Iva” con una retribuzione di 2000 euro mensili, oppure alla segretaria d’ufficio assunta come co.co.co. anch’essa con una retribuzione superiore alla soglia dei 18.000 euro. La nuova norma emanata nel 2015 è stata efficace per impedire questi abusi, ma è tornata a scoprire i platform workers, che del resto nel 2012 non erano ancora venuti alla ribalta: la gig-economy doveva ancora manifestarsi in tutte le sue potenzialità.

Quali garanzie si possono ipotizzare oggi in Italia per questi lavoratori a livello di salari minimo, pensione e assicurazione?
A me sembra che un primo passo importante potrebbe essere costituito dall’obbligo per le piattaforme private della gig-economy, come Foodora, Uber o Deliveroo, di interfacciarsi con la piattaforma Inps che è stata istituita nel 2017 per assicurare le protezioni minime indispensabili ai prestatori di lavoro occasionale: chi è retribuito attraverso questa piattaforma ha un salario minimo orario garantito, l’assicurazione antinfortunistica, e incomincia ad accantonare per la futura pensione. Il resto dovrebbe essere costruito attraverso la contrattazione collettiva.

Come si sono mossi i legislatori del resto d’Europa?
Quello francese e quello belga si sono mossi in modo divergente: quello francese ha puntato ad assicurare un trattamento minimo, mentre quello belga ha qualificato le prestazioni dei drivers di Foodora e Deliveroo come autonome. Non sarebbe male che l’Unione Europea incominciasse a occuparsi della questione con una direttiva che stabilisca uno standard minimo continentale di sicurezza per questi lavoratori.

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