UN LIBRO CHE COMMUOVE, SPIAZZA E FA PENSARE

“[…] Da sempre sono un divoratore di gialli […], ma non mi era mai accaduto di leggere una biografia come un poliziesco […]”

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Lettera pervenuta il 6 maggio 2018,  cui ne segue un’altra del 9 maggio – Gli altri commenti e documenti relativi a La casa nella pineta sono raccolti nella pagina dedicata al libro .
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Caro Professor Ichino, il 15 aprile ho compiuto 78 anni e mia figlia (forse dopo una sbirciatina alle sue ultime news) mi ha regalato “La casa nella Pineta“ che, iniziato a leggere a fine aprile, ho terminato oggi. Da sempre sono un divoratore di gialli e noir, da Camilleri a Poe, da Conan Doyle a Simenon, da Hadley Chase a Fleming a Mac Bain e tanti altri, ma non mi era mai accaduto di leggere una biografia come un poliziesco, sia pure con più tempo perché non ricordo gialli di 300 e rotte pagine.

Una veduta del Castello di Brescia

Le scrivo per ringraziarla per avermi permesso di conoscerla meglio che attraverso le precedenti corrispondenze e news, scoprendo aspetti che non conoscevo.
Leggere queste pagine, a parte la difficoltà iniziale di inquadrare la genealogia complessa delle famiglie, è stato decisamente formativo. La descrizione dei luoghi amati, con evidenti pennellate di nostalgia, forse per ricordarli come erano al tempo della sua gioventù, ti prende fin dall’inizio. Ma la parte che conta è quella del racconto di una vita segnata  da valori e sentimenti che oggi vien da chiedersi se sopravviveranno (e io lo spero per il futuro dei nostri figli e nipoti), a partire dal culto per la famiglia , l’ammirazione per nonni e genitori, anche se fin troppo facile con quei predecessori, l’amore per lo studio e il lavoro, la passione per la politica. Infine la possibilità di rivivere 60 anni di eventi come quelli a cui abbiamo avuto la fortuna/sfortuna di assistere (crollo del muro di Berlino, terrorismo e superamento di quei giorni, anche se per noi spettatori meno traumatici di come li ha vissuti lei a rischio).
Molti, troppi i temi toccati per poter esprimere un’opinione in poco spazio. […]
Grazie comunque per quest’opera, che senza dubbio rileggerò dopo averla passata a mia moglie e ai miei figli (notata l’elisione corretta?), perché un libro è buono quando ti fa pensare e riflettere e cercherò di diffonderlo ad amici e conoscenti.
Un caro saluto e buon lavoro
Gianfranco Paratella (Varese)

COSA HO APPREZZATO, COSA MI HA SPIAZZATO E COSA MI HA COMMOSSO

Caro Professore, mantengo la mia promessa (spero non sia anche una minaccia al suo tempo), per inviarLe quest’altra nota sul suo libro.

1. Cosa ho apprezzato. Il rapporto con i nonni , i genitori. Rilevando, se non erro, una preferenza per nonna e mamma, donne di alto livello ed esperienza ( ho segnato alcune delle norme insegnate da loro con sottolineature  su un libro, cosa  che non facevo dai tempi di studio )  anche se poi alla fine del libro il riavvicinamento a padre, zio e nonno ( superata la prova realizzata del “ devo fare da solo “) ha ricostituito il rapporto con la tradizione di famiglia legittima,  dopo aver dimostrato che, pur con sacrificio, un giovane deve seguire la spinta delle proprie aspirazioni. Scelta ancor più difficile quando quell’esperienza comporta  il fatto di uscire dal nido nel quale  la fortuna ti ha permesso di nascere e crescere.

2. Cosa mi ha spiazzato. Prima di affrontare questo argomento mi sia consentita una parentesi personale. Come già ho avuto modo di dire la mia formazione mentale , per famiglia, studi, attività, è stata da sempre  di destra. Un esempio : nel 1968, una sera al cinema a Milano con mia moglie  vedo il titolo de La Notte in mano ad uno spettatore a caratteri cubitali  “ E’ morto Giovannino Guareschi” . Il giorno dopo leggo da altri giornali (allora non leggevo l’Unità) che Fortebraccio sul quotidiano comunista ha scritto “è morto nessuno”. Ora, fin  dall’età di 15 anni o forse prima , grazie a  mio padre avevo conosciuto Guareschi, sia come scrittore che come Direttore di Candido , e ne avevo avevo apprezzato l’umanità, il valore di uomo  e, non ultimo,  da giornalista politico che aveva contribuito alla vittoria della DC alle elezioni del 48 e dello schieramento dell’Italia nel Patto Atlantico contro la cortina di ferro.

Per questo mio modo di pensare, che non rinnego certo, mi ha meravigliato non poco sapere che il prof. Ichino, sia pure reduce del ’68, avesse sposato l’ideologia comunista, non solo, fosse entrato in Parlamento a 29 anni, tramite il PCI. Poi ho capito nel libro che tale militanza stava troppo stretta ad una persona con idee proprie indipendenti e, se mi consente, “ liberali”, del tipo di quelle espresse nel concetto che sindacalismo non significa distruggere le imprese, ma lavorare per collaborare insieme al benessere di impresa e dipendenti, concetto mai digerito dal PCI di allora (o dalla CGIL ) che poi è costata la rielezione al parlamentare Ichino. Qui – mi sia concessa  ancora una divagazione personale – mi ha ricordato gli insegnamenti del mio Professore di Diritto ed Economia all’Istituto di Ragioneria a Brescia (dovetti subire tale scelta nonostante le mie giovanili aspirazioni) che sosteneva negli anni ’50-’60 che  “ lo Stato non deve essere imprenditore, perché tale compito  è nella natura di chi vuol produrre attività e reddito, ma lo Stato deve vigilare perché non prevalga l’egoismo insito nella natura umana che mira solo al proprio tornaconto”. Come vede certi concetti, quando son mirati a conciliare posizioni sia pure diametralmente opposte, (e il mio amato prof. Saldi non era certo nel 1955 uomo di sinistra) possono trovare equilibrio in quel difficile mondo dell’impresa di cui fa parte inscindibile l’economia, il sindacalismo e il diritto del lavoro (non a favore dei lazzaroni come lei affermò in veste di sindacalista con scandalo di coloro con cui Lei collaborava).

Dico questo per aver vissuto una bella parentesi della mia vita nel corso della quale ho fatto anch’io per un certo   periodo  attività  sindacale  nel mondo degli Agenti di Assicurazione, di cui conservo uno stupendo ricordo e grandi amicizie, ma, come diceva Conan il Barbaro, “questa è un’altra storia”.

3. Cosa mi ha commosso. La sua capacità di mettere in un libro autobiografico, quindi in pubblico,  pensieri intimi , a livello personale ed esperienze che altri non avrebbero osato fare. Non nego che ai primi accenni sono rimasto colpito da tale atteggiamento – che comunque dimostra una sincerità d’animo, se mi permette il termine, un “ candore” che le fa onore perché molti  altri non avrebbero voluto  esprimere tali sentimenti in un libro.

Ma quello che mi ha profondamente commosso (le assicuro che ho pianto leggendo le ultime pagine con la descrizione della morte di suo padre) è stato quando nell’ultima pagina ha riportato la data del 22 novembre, perché il 22 novembre del 1957 , quasi 40anni prima io , che allora avevo solo 17 anni, perdevo mia madre, trauma ancora non superato .

Un’altra veduta del castello di Brescia

Ma la vita è fatta di compensazioni. infatti (mi scuso ancora per altro  riferimento personale) al tempo cercavo da alcuni mesi di “uscire con una ragazzina “ come allora si diceva. Si noti che, solo 11 anni prima di quel ’68 che avrebbe lanciato la rivoluzione sessuale, uscire significava andare a spasso nei giardini del Castello di Brescia mano nella mano, come massima esperienza erotica. Ebbene, dopo alcuni mesi di insistenze da parte mia quella ragazzina accettò “di uscire” esattamente il 25 novembre, tre giorni dopo la morte di mia madre. Ancora oggi mi chiedo se sia stata mia madre o il Padre Eterno a suggellare quell’incontro e metterla vicino a me  in un rapporto che dura da oltre 60 anni perché quella ragazzina è mia moglie da 53 anni, e abbiamo messo al mondo tre figli con due nipoti ma soprattutto abbiamo costruito una famiglia che auguro a tanti , nonostante difficoltà e periodi durissimi, superati con una ricetta che oggi può sembrare addirittura banale: volersi bene.

Riconosco che lei non ha mai usato questo termine nella lunga storia delle sue famiglie , ma non credo di sbagliare ritenendo che anche per voi questo elemento sia stato un legante, meglio un catalizzatore che ha permesso di costruire esistenze, obiettivo che mi pare essenziale nelle famiglie e che oggi  temo si stia perdendo di vista nel corso di una vita permeata di consumismo estremo ed altri valori difficilmente accettabili per un “ diversamente giovane “ (come mi hanno suggerito di ribattezzare chi io definisco vecchio!

Adesso si renderà conto perché le ultime pagine del suo libro mi han fatto sgorgare lacrime. Un cordiale saluto

Gianfranco Paratella

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