IL COMPITO DEL CAPO DELLO STATO

Il Presidente della Repubblica ha rifiutato di avallare una scelta di uscita del Paese dall’euro, inequivocamente espressa dalla designazione di Paolo Savona all’Economia, mai enunciata dal partito di maggioranza relativa e contraria alla linea enunciata in modo netto, solo due giorni prima, dal premier incaricato

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Primo editoriale telegrafico per la
Nwsl n. 479, 28 maggio 2018 – In argomento v. anche il secondo editoriale telegrafico, Quelli che gridano al complotto internazionale .
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Il Capo dello Stato con il Presidente del Consiglio incaricato

Sono in molti, tra gli oppositori della maggioranza giallo-verde, a dolersi del fatto che il Capo dello Stato non abbia trangugiato la nomina di Paolo Savona al ministero dell’Economia. Dicono: “Era meglio lasciare che il nuovo Governo andasse a schiantarsi da solo; così invece ha consentito a M5S e Lega di presentarsi agli elettori come le vittime di un veto antidemocratico”. Chi la pensa così non considera il danno irreparabile che lo “schiantarsi” del nuovo Governo avrebbe prodotto all’intero Paese: una nuova crisi del debito pubblico, a sette anni soltanto dalla precedente, destinata a essere gestita da un Esecutivo del tutto privo delle competenze necessarie. Uno scenario da incubo. Il Capo dello Stato si è trovato di fronte all’ipotesi di un nuovo Esecutivo sostenuto da un partito di maggioranza relativa, il M5S, che per tutta la campagna elettorale e anche dopo ha ribadito la propria scelta nel senso della “continuità dell’impegno dell’Italia nella UE e nel sistema dell’euro”; ancora due giorni fa ha avuto un lungo incontro con il prof. Giuseppe Conte, designato per il ruolo di Capo dell’Esecutivo, che ha ribadito convintamente quella scelta e si è impegnato con lui a far sì che tutti i ministri dessero piena garanzia nello stesso senso; se l’è visto tornare ieri pomeriggio con una lista di ministri nella quale spiccava come titolare dell’Economia il nome di Paolo Savona, che è notoriamente un acceso sostenitore di una scelta opposta rispetto a quanto fino a quel momento concordato: ovvero la scelta dell’uscita dell’Italia dall’euro. Se si negasse al Capo dello Stato la prerogativa di rifiutare la proposta presentatagli dal Presidente del Consiglio incaricato in un caso come questo, nel quale la proposta stessa costituisce – oltre che la negazione di tutto quanto detto fino a quel momento – anche la prova dell’incapacità dell’incaricato di far valere la propria funzione di guida del Governo, allora il ruolo cruciale attribuito dalla Costituzione all’inquilino del Quirinale si ridurrebbe a quello di un mero notaio. Per nostra fortuna non è così.

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