L’INCENTIVO PERVERSO A NON LAVORARE

Nel difetto pressoché totale dei meccanismi preposti alla condizionalità del beneficio, il sussidio che sta per essere erogato a centinaia di migliaia di famiglie povere (circa il 9 per cento di quelle del Sud, il 4 per cento di quelle del Centro e il 3 per cento di quelle del Nord) avrà un forte effetto di disincentivo alla ricerca di una occupazione

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Articolo scritto per questo sito da Paola Potestio, professoressa di Macroeconomia ed Economia Industriale nell’Università Roma Tre, 16 aprile 2019 – In argomento v. anche il mio editoriale telegrafico
Il reddito a 5 stelle e la fine del lavoro a part-time   .
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La professoressa Paola Potestio

Una elencazione di “straordinarie necessità” è stato l’incipit delle  “Disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e pensioni” (D.-L. 28 gennaio 2019 n 4), decreto appena convertito in legge. Le necessità collegate al piano reddito di cittadinanza sono davvero tutte straordinarie: contrasto alla povertà, diritto al lavoro, diritto all’informazione, all’istruzione, alla formazione, alla cultura, la semplificazione del sistema di assistenza sociale, una generale razionalizzazione dei servizi per l’impiego, una riforma complessiva delle strutture esistenti, una più efficace gestione delle politiche attive. Il problema è se queste disposizioni urgenti, assai poco emendate nell’approdo parlamentare, sono una risposta adeguata al solenne elenco delle necessità. Il concreto disegno del reddito di cittadinanza va nella  direzione di una tale risposta? La quantità di rilievi critici formulati, e le stesse analisi prodotte in buona parte delle memorie presentate alle Commissioni parlamentari, sollevano forti dubbi sulla solidità del disegno. Vorrei insistere sui tempi di attuazione e sul nodo centrale dello schema varato.

La complessa ingegneria del decreto esprime un edificio appena abbozzato, la cui funzionalità rispetto agli obiettivi dichiarati è tutta da costruire. L’attuale stato di estrema debolezza dei servizi per il lavoro, le strutture tecniche previste, il potenziamento degli organici, il rafforzamento e addirittura la creazione di competenze costituiscono un vincolo formidabile per la piena operatività del progetto. Tutto questo da un lato rende assai probabile un avvio delle erogazioni in assenza di una accettabile operatività delle complessive strutture, e dunque rischia fortemente di limitare le erogazioni a un ruolo di pura assistenza, dall’altro esercita una pressione sulla costruzione dell’edificio che mal si concilia con l’effettivo raggiungimento di nuovi livelli di efficienza dei servizi per il lavoro. Le straordinarie necessità che hanno a che fare con i servizi per il lavoro richiedono piani accurati, non realizzabili in pochi mesi. La evidente fretta della partenza sembra essere stata una cattiva consigliera, sollecitata forse da considerazioni esterne allo stretto tema.

La struttura delle erogazioni è il nodo centrale del disegno. Il contributo massimo mensile per un nucleo familiare composto da una sola persona è 780 euro (una somma base di 500 euro più un contributo per spese di affitto di 280 euro). Una scala di equivalenza maggiora il parametro per il monocomponente del nucleo (pari ad 1) di 0.4 per ogni altro adulto  e di 0.2 per ogni minore. È fissato poi un valore massimo della scala pari a 2.1, portato da un emendamento a 2.2 per famiglie con disabili. Una particolare generosità caratterizza l’erogazione per il single. Qualche riferimento lo chiarisce bene: un confronto internazionale indica una erogazione base più alta per il single di quanto è concesso, ad esempio, in Germania, in Inghilterra o in Spagna. Inoltre, la memoria INPS alla Commissione Senato ha sottolineato che (dai dati INPS) i redditi netti da lavoro di quasi il 45% dei dipendenti privati del Mezzogiorno sono inferiori al livello massimo del RdC per i single. Su un piano analogo, la memoria Confindustria osservava che “lo stipendio mediano dei giovani under 30, al primo impiego, si attesta sugli 830 euro netti al mese” e tocca 740 euro (700 per i non laureati) al Sud, un livello inferiore alla erogazione 780 euro per i single. Un aspetto sorprendente emerge comparando i dati richiamati con il contributo per i single: questa base di riferimento della struttura delle erogazioni appare trascurare un punto cruciale di tutta la letteratura sulle forme di unemployment insurance, vale a dire il necessario equilibrio, nella erogazione predisposta, tra sostegno al reddito e incentivo alla ricerca di un lavoro. Un incentivo perverso, ossia un disincentivo alla ricerca di lavoro, di fatto emerge per una parte dei beneficiari del RdC, ciò che è stato ben sottolineato anche dal FMI. La rilevanza di questo incentivo perverso si unisce ad altri aspetti legati alla erogazione 780 euro.

Le microsimulazioni dell’ISTAT stimano che beneficeranno del RdC il 9% delle famiglie residenti nel Mezzogiorno, contro il 4.1% del Centro e il 2.7% del Nord. Sotto l’aspetto della composizione familiare, si stima che il 47.9% dei beneficiari sia costituito da single, mentre le famiglie con figli minorenni rappresenteranno il  19.6%. Si stima poi che dovrà sottoscrivere un patto per il lavoro un terzo dei beneficiari, la netta maggioranza dei quali ha solo la licenza media o nessun titolo di studio. Le implicazioni di queste stime per l’incentivo perverso di cui si è detto sono piuttosto evidenti.

Due ultime note. La struttura delle erogazioni è fondata su una base molto generosa. La base è esposta a inefficienze e la struttura ne risulta non certo generosa. Si stima che il contributo medio annuo delle famiglie con figli minorenni (6.470 euro) sarà inferiore a quello di famiglie con figli tutti adulti (7.041 euro). La generosità della erogazione 780 euro ha condotto a una notevole rigidità della scala di equivalenza, assai più rigida ad esempio di quella applicata al Reddito di Inclusione (REI): il parametro richiamato aumenta di poco al crescere del numero dei componenti il nucleo familiare. Famiglie numerose, e dunque più bisognose, ne risulteranno relativamente svantaggiate, un risultato sorprendente per uno schema teso al contrasto alla povertà. Infine, prescindendo dalla più generale considerazione che un rafforzamento del reddito di inclusione e un consistente impegno di risorse e di progetti per affrontare le straordinarie necessità legate ai servizi per il lavoro sarebbe stata una linea migliore, non resta che auspicare un attento monitoraggio degli esiti del RdC e un futuro significativo aggiustamento dello schema.

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