I BENEFICI DI UN CODICE DEL LAVORO SEMPLICE E CONCISO

AVVOCATI E CONSULENTI DEL LAVORO, SINDACALISTI E FUNZIONARI DI ASSOCIAZIONI IMPRENDITORIALI SONO GLI UNICI A TRARRE VANTAGGIO DALL’IPERTROFIA E ILLEGGIBILITA’ DELLA LEGISLAZIONE DEL LAVORO. IL CODICE DEL LAVORO SEMPLIFICATO DAREBBE UN FORTE CONTRIBUTO ALLA LOTTA CONTRO IL LAVORO NERO, ALLA UNIVERSALIZZAZIONE DEL SISTEMA DI TUTELA DEL LAVORO E ALLA CAPACITA’ DEL NOSTRO PAESE DI ATTRARRE INVESTIMENTI STRANIERI

Intervista a cura di Lorenzo Morelli pubblicata su Italia Oggi, il 10 ottobre 2009, in occasione dell’uscita del nuovo Codice del lavoro curato dallo Studio Ichino-Brugnatelli e Associati (Class Editori, settembre 2009, pp. 840, € 11,80) 

Nella prefazione al nuovo Codice del Lavoro che porta la sua firma come curatore, lei denuncia lo “sviluppo ipertrofico” della normativa legislativa italiana in materia di lavoro. Non è così anche negli altri Paesi maggiori?
Da noi è molto maggiore rispetto a tutti gli altri Paesi occidentali non soltanto il volume della normativa, ma anche il business della consulenza e del contenzioso che fioriscono su di essa.

È curioso che questa denuncia venga proprio da lei, professore e avvocato specialista di diritto del lavoro, che è stato per anni direttore della principale rivista nazionale di questa materia.
Effettivamente, la categoria degli specialisti del diritto del lavoro è l’unica che trae vantaggio dalla difficoltà di lettura della legislazione: senza di noi è impossibile districarsi in questa giungla. D’altra parte, senza la nostra competenza non è possibile neppure l’indispensabile opera di semplificazione.

Per questo lei ha presentato al Senato proprio il mese scorso un ambizioso progetto di drastica semplificazione della legislazione giuslavoristica. Che cosa vi ha mosso a questa impresa?
L’idea è nata da un convegno del Gruppo Intersettoriale Direttori del Personale, che si è svolto un anno e mezzo fa a Milano, con la partecipazione anche di alcuni sindacalisti di Cgil, Cisl e Uil.

Che metodo di lavoro avete seguito?
Un gruppo di lavoro nato da quel convegno, coordinato dal suo presidente Paolo Citterio, ha prodotto un dossier, nel quale si evidenziava una serie numerosa di aspetti della disciplina della materia suscettibili di semplificazione. Studiando questo dossier, mi sono reso conto che un lavoro serio di semplificazione non può non abbracciare l’intera materia. Così ho messo al lavoro un gruppo di giuslavoristi, in parte gli stessi che hanno lavorato al Codice del lavoro uscito in questi giorni per i tipi di Italia Oggi. Abbiamo fatto un censimento dell’intera normativa, individuando una enorme quantità di sovrapposizioni, ripetizioni, complicazioni inutili.

Può fare qualche esempio?
Il più clamoroso è quello della disciplina della Cassa integrazione guadagni: oggi è dispersa in 34 leggi, emanate nell’arco di 60 anni. Questa complessità rende poco trasparente il meccanismo: per decenni nessuno si è accorto dell’assurdità di pagare il 3 per cento del monte salari per un’assicurazione che restituisce a imprese e lavoratori, in media, circa un quarto dei contributi versati.

Anche in questo periodo di crisi economica?
Se mettiamo insieme tutti i bilanci dal 2003 a oggi ne risulta un attivo intorno ai dodici miliardi. Ci sarebbe di che ridurre almeno del 2 per cento il “cuneo” tra costo del lavoro e retribuzioni effettive; e avanzerebbe ancora abbastanza per fare una riforma degli ammortizzatori sociali coi fiocchi.

Il vostro progetto che cosa propone su questa materia?
Un meccanismo semplicissimo, contenuto in un solo articolo, composto di cinque commi, che consente l’estensione di questo ammortizzatore sociale, oltre che all’industria, a tutti i settori che intendono dotarsene mediante un contratto collettivo. Con un costo inferiore all’uno per cento del monte salari.

Altri esempi?
Il part-time: qui la disciplina è venuta via via ingrossandosi, negli ultimi 25 anni, fino a 13 lunghi articoli, per un totale di 3803 parole; il nostro disegno di legge mostra come sia possibile allinearsi perfettamente agli standard comunitari con un solo articolo di 117 parole. Altri esempi: al lavoro intermittente, cioè all’ingaggio dei camerieri per i banchetti o delle hostess per i convegni, la legge oggi dedica ben 1443 parole suddivise in 8 articoli; per una disciplina efficace e incisiva della materia basta un solo comma di 39 parole. I 41 articoli di legge che disciplinano oggi l’apprendistato possono ridursi a uno solo di 414 parole, senza che vada persa alcuna protezione per gli interessati.

E così siete arrivati a ridurre l’intera materia a un “codice del lavoro” di soli 64 articoli. Siete sicuri di non aver dimenticato niente e di aver sempre mantenuto l’equilibrio giusto?
È molto probabile che nel disegno di legge ci sia qualche lacuna o soluzione imperfetta. Ma le si possono individuare e correggere agevolmente senza alterare la scelta fondamentale della semplicità e concisione, che significa in sostanza rispetto per il cittadino e benefici notevoli per l’economia del Paese.

Quali benefici?
La riduzione dei costi di transazione: il diritto del lavoro diventerebbe facilmente leggibile per i milioni dei suoi destinatari, quindi anche più universalmente applicato. L’agevolazione degli investimenti stranieri: oggi essi sono frenati anche dall’impenetrabilità della nostra legislazione.

Che prospettive politiche ha il progetto?
Il progetto è a disposizione delle associazioni imprenditoriali e sindacali: se si sedessero a un tavolo per metterlo a punto e chiederne al Parlamento l’approvazione, l’anno prossimo potremmo già avere una nuova edizione del nostro Codice del lavoro ridotta a un volume molto più smilzo.

 

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