SULLA PROBLEMATICA “CONDIZIONALITÀ” DEL REDDITO DI CITTADINANZA

Nessun meccanismo di “condizionalità” di un sostegno del reddito può essere fatto funzionare mediante strumenti esclusivamente burocratici, quali quelli che un CpI oggi è normalmente in grado di attivare: solo servizi di assistenza intensiva personalizzata possono verificare attendibilmente la disponibilità al lavoro di ciascuna persona interessata

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Lettera pervenuta il 16 dicembre 2019 – Segue la mia risposta – In argomento v. anche Reddito di cittadinanza: i danni dell’improvvisazione
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Buongiorno professor Ichino, sono iscritto alla sua Newsletter che seguo con piacere. Lavoro nell’orientamento dal 1993, ho contribuito allo sviluppo dei servizi di orientamento nei Centri per l’Impiego della Toscana quando i vecchi uffici di collocamento sono passati alle Regioni; poi la mia società ha gestito (assieme ad altre) i servizi di orientamento specialistico dentro i Centri per vari anni. Adesso mi occupo soprattutto di formazione di operatori di orientamento. Sul mio sito ho molti articoli che parlano dei vari aspetti dell’orientamento.
Volevo chiederle un commento sul contenuto della circolare ANPAL Prime istruzioni operative per l’attuazione da parte dei centri per l’impiego delle disposizioni di cui al decreto legge 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2019, con particolare riferimento al punto in cui essa parla dell’”offerta congrua” (art. 7):

Ai sensi dell’articolo 4, comma 8, lettera b), n. 5), del decreto legge n. 4/2019 (nonché dell’articolo 7, comma 5, lettera e) del medesimo decreto), è disposta la decadenza dal RdC nel caso il beneficiario tenuto alla stipula del patto per il lavoro non accetti almeno una di tre offerte di lavoro congrue segnalate dal servizio per l’impiego ovvero, in caso di rinnovo del RdC ai sensi dell’articolo 3, comma 6, non accetta la prima offerta congrua utile.

Il posto di lavoro offerto non è di norma nelle disponibilità del centro per l’impiego, e la valutazione ultima circa l’assunzione è in capo al datore di lavoro; pertanto per offerta di lavoro è da intendersi l’offerta di una candidatura per una posizione vacante segnalata da un datore di lavoro o un intermediario autorizzato.

Il rifiuto di una offerta di lavoro va pertanto inteso come rifiuto a candidarsi a una posizione di lavoro vacante. Nell’ipotesi in cui il posto di lavoro offerto sia nella disponibilità del servizio per il lavoro (centro per l’impiego ovvero, laddove previsto da provvedimenti regionali, soggetto accreditato ai sensi dell’articolo 12 del decreto legislativo n. 150/2015), il rifiuto di sottoscrivere un contratto di lavoro congruo da parte del beneficiario di RdC costituisce causa di decadenza del beneficio. […]

Ai fini della validità, l’offerta di lavoro può essere effettuata presso gli uffici del centro per l’impiego, in presenza del beneficiario, ovvero mediante comunicazione scritta, da veicolarsi mediante le modalità previste dall’articolo 4, comma 15-quinquies, del decreto legge n. 4/2019 (anche con mezzi informali, quali messaggistica telefonica o posta elettronica, secondo le modalità definite con l’Accordo raggiunto in sede di Conferenza unificata in data 1 agosto 2019). In entrambi i casi la comunicazione deve contenere il termine perentorio entro il quale il beneficiario deve accettare o meno l’offerta

Per me è incomprensibile. Non capisco la necessità di inserire il comma ‘Il posto di lavoro non è di norma nelle disponibilità del centro….’ né che cosa voglia dire. Nel comma successivo, non capisco neanche perché solo il rifiuto di sottoscrivere un contratto di lavoro costituisca motivo di decadenza dal RDC e non anche il rifiuto di candidarsi.
Un cordiale saluto,
Leonardo Evangelista

PERCHÉ LA “CONDIZIONALITÀ” DEL REDDITO DI CITTADINANZA NON PUÒ FUNZIONARE

Una osservazione innanzitutto: la circolare dell’Anpal cui L.E. si riferisce occupa 17 pagine dattiloscritte in formato A4: un’enormità, se si considera che essa riguarda un aspetto molto circoscritto del meccanismo dell’avviamento al lavoro. Queste 17 pagine, infatti, si aggiungono a migliaia di altre che dovrebbero “chiarire” ogni altro aspetto e invece costituiscono un monumento alla complessità burocratica, quindi alla inconoscibilità delle regole e dei criteri effettivamente applicati.

Quanto al suo contenuto, occorre riconoscere che la circolare dell’ANPAL – sulla quale v. anche il commento di Silvia Spattini, direttore di Adapt – mette molto opportunamente il dito nella piaga del difetto di costruzione del sistema di “condizionalità” del Reddito di Cittadinanza (RdC); non ne trae, però, tutte le conseguenze. Il difetto di costruzione sta proprio nel dato che la circolare riconosce esplicitamente: se si escludono alcuni casi del tutto eccezionali, quando si parla di “offerta di un posto di lavoro” di cui un Centro per l’Impiego si fa tramite ci si riferisce alla possibilità che una data persona venga assunta da un’impresa: possibilità che dovrà essere vagliata almeno attraverso un colloquio, al termine del quale – sempreché la persona in questione sia disponibile – la decisione se procedere all’assunzione o no viene presa dall’impresa e non certo dal CpI. La persona titolare del RdC cui questa possibilità di colloquio venga offerta, e che non abbia alcuna intenzione di andare a lavorare, ha sempre la possibilità di parteciparvi mostrandosi così poco motivata, che sarà l’impresa stessa a non volerla assumere; ma a quel punto il CpI non sarà in grado di imputare l’esito negativo al comportamento della persona in questione.

La circolare dell’ANPAL dice in sostanza: “Deve considerarsi come ‘offerta congrua’ anche solo la possibilità offerta dal CpI al titolare di RdC di partecipare a un colloquio di lavoro; conseguentemente, costituisce ‘rifiuto’ rilevante anche la non disponibilità a partecipare al colloquio offerto”. La circolare tace però diplomaticamente sul fatto che questa “non disponibilità” non si verifica mai. Infatti:

a) nessuna persona titolare di RdC (così come nessun titolare di trattamento di disoccupazione) rifiuterà mai di partecipare a un colloquio che le venga offerto, per non perdere il beneficio, ben sapendo che le sarà facile “far andare male” il colloquio stesso senza che di questo le possa essere imputata la responsabilità sul piano burocratico;

b) proprio questo  è il motivo per cui le imprese non comunicano ai CpI le proprie ricerche di personale: perché temono di vedersi avviare persone che sono costrette a partecipare al colloquio, per non perdere il sostegno del reddito (RdC o NASpI) di cui stanno beneficiando, ma non sono in realtà disponibili per lavorare (donde per le imprese stesse l’alto rischio di una pura perdita di tempo per l’impresa).

Ma c’è un’altro dato rilevantissimo del quale la circolare non parla. In molti casi l’informazione che consente di realizzare l’incontro preliminare tra le parti non basta per un incontro soddisfacente fra domanda e offerta di lavoro: al contratto si arriva soltanto attraverso un periodo di addestramento della persona interessata alle mansioni richieste, che di regola dovrebbe svolgersi nella forma dell’apprendistato, ma può anche richiedere un corso di formazione preliminare. Quando di questo si tratta, è ancor più facile al titolare del sostegno del reddito porre in essere un rifiuto sostanziale dell’occasione di lavoro che gli si offre, negando la propria disponibilità per il percorso di addestramento necessario. A meno che nel Patto di servizio personalizzato che il CpI dovrebbe sottoscrivere con ciascuna persona interessata vengano indicate in modo stringente le iniziative di formazione cui essa dovrà partecipare per poter continuare a godere del sostegno del reddito; ma questo per lo più non accade. Anche perché il Patto non è quasi mai davvero “personalizzato”: è redatto invece secondo formule generiche, che riducono di molto il lavoro preparatorio e ancor più il lavoro successivo di verifica dell’adempimento di quanto in esso contenuto.

La conclusione è questa: nessun meccanismo di “condizionalità” di un sostegno del reddito può essere fatto funzionare mediante strumenti esclusivamente burocratici, quali quelli che un CpI oggi è normalmente in grado di attivare: solo servizi di assistenza intensiva attivati in riferimento alle esigenze specifiche di ciascuna persona interessata possono verificare attendibilmente la sua disponibilità al lavoro. E comunque non sulla base di criteri rigidi riferiti alla distanza del luogo di lavoro da quello di residenza, all’entità della retribuzione o al contenuto professionale della mansione.        (p.i.)

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