LE RADICI ANTICHE DEL “SÌ”

Senza entusiasmo, perché questa è una riforma piccola piccola; ma i pericoli per la democrazia sbandierati dai fautori del “no” non li vedo proprio; e non penso che su una materia come questa si possa votare col solo criterio di fare il contrario di quello che propone il M5S

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Intervista a cura di Liana Milella, pubblicata su la Repubblica il 12 settembre 2020, con alcuni piccoli tagli per motivi di spazio – In argomento v. anche il mio articolo pubblicato il 14 agosto su 
il Foglio, e quello di di Tito Boeri e Roberto Perotti pubblicato il 7 settembre scorso su lavoce.infoPerché un parlamento più piccolo funziona meglio .
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ROMA – “Voterò Sì, ma per ragioni che risalgono a mezzo secolo fa, non per quelle di chi ha promosso questa iniziativa l’anno scorso”. È questo il giudizio del giuslavorista Pietro Ichino.

Un sì convinto oppure un nì?
“Senza entusiasmo, perché questa è una riforma piccola piccola: quello che andrebbe ridotto sarebbe soprattutto il numero delle Camere che votano la fiducia al governo. E poi non apprezzo per nulla il modo in cui il M5S ha motivato questa iniziativa parlamentare. Ma da che mi occupo di politica ho sempre considerato una riduzione del numero dei parlamentari come cosa opportuna”.

Lei è stato parlamentare del Pd: la sua esperienza che le dice?
“Sono stato deputato per una legislatura e senatore per altre due. E proprio il confronto dal vivo tra il funzionamento della Camera e quello del Senato mi ha convinto che 600 membri sono troppi perché un’assemblea parlamentare possa funzionare bene. Intendo dire: perché in quell’assemblea ci si ascolti e ci si possa convincere a vicenda. Che è l’essenza del Parlamento”.

Luciano Violante

Ma Luciano Violante dice che un Senato con 200 soli membri non può funzionare bene.
“Senta, negli Usa il Senato ne ha solo cento. Viceversa, penso che dopo questo passaggio sarà facile un passaggio ulteriore, che preveda che il voto di fiducia al governo sia discusso ed espresso dal Parlamento a Camere riunite. Che sarebbe una svolta assai importante nella direzione giusta”.

Ha letto Saviano e il suo netto no?
“Conosco molte persone serie che votano no e rispetto la loro scelta. Ne capisco anche i motivi, anche se non la condivido.”

Anche lei pensa che la vittoria del sì possa essere un colpo alla famosa casta, come sostengono i grillini della prima ora?
“No, guardi, questa è una grossa sciocchezza. Se proprio di “casta” vogliamo parlare, la più temibile non è quella che siede in Parlamento sotto i riflettori dei media, ma quella dei molti dirigenti inamovibili delle due Camere e dei ministeri, le cui cariche non hanno limiti di durata; o quella di molti dirigenti che con pochissima trasparenza occupano la miriade di grandi e piccole poltrone degli enti pubblici e delle imprese controllate da Governo, Regioni e Comuni”.

Stefano Ceccanti

I no sostengono che si sta infliggendo un colpo alla Costituzione. Vero o falso?
“Il loro argomento è che nelle piccole realtà territoriali i partiti più piccoli perderanno la possibilità di essere rappresentati in Senato. Ma conserveranno pur sempre la rappresentanza nel Consiglio regionale e in quelli comunali. Se avessimo un sistema elettorale basato sull’uninominale maggioritario, avremmo un solo partito rappresentato per ciascun collegio: nessuno può sostenere che questo si porrebbe in contrasto con la Costituzione”.

I Sì e i No si dividono anche sui soldi: i primi parlano di risparmio, i secondi di un peso irrisorio. E lei?
“Questo del taglio della spesa è davvero un argomento inconsistente. Il costo vero per il Paese non è quello di qualche parlamentare in più o in meno, ma quello di un sistema politico incapace di dar vita a un governo che guardi al di là dell’orizzonte annuale”.

E come la mette con il ragionamento di chi vede un Parlamento in cui non tutte le Regioni, soprattutto quelle piccole, non sarebbero più rappresentate?
“Ma non è così: sarebbero solo i partiti piccoli delle Regioni più piccole a non essere rappresentati a Roma. Però, come ho già detto, continuerebbero ad avere voce nei consigli regionali e comunali e ad avere parlamentari nazionali eletti in altre regioni maggiori”.

La legge elettorale mancata non è l’handicap maggiore di questa riforma costituzionale?
“Ma di quale riforma elettorale stiamo parlando? Guardi che quella a cui si sta lavorando, se davvero adotta il modello tedesco, con lo sbarramento al 5 per cento, quella sì sprangherà le porte del Parlamento ai partiti più piccoli”.

Quelli del No sostengono che il Pd vota Sì solo per salvare il governo e non andare ad elezioni. Vede questa strumentalità?
“C’è sicuramente anche questa motivazione. Ma mi sembra che quella più diffusa a favore del Sì, nel Pd, faccia riferimento non alle tattiche del momento, ma a una prospettiva di riforma istituzionale di ampio respiro: è quella espressa, oltre che dal segretario nazionale, da Giorgio Tonini, Stefano Ceccanti, Carlo Fusaro, Enrico Morando e tanti altri esponenti della tradizione riformista migliore del partito”.

 

 

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