LETTERE SULL’ISTRUZIONE MUSICALE ERMETICAMENTE CHIUSA AI GIOVANI DOCENTI

MOLTI LETTORI CONFERMANO LA FONDATEZZA DELLA DENUNCIA: LA QUESTIONE E’ DRAMMATICA E URGENTE

Le lettere che seguono sono alcune tra le moltissime ricevute dopo il mio articolo pubblicato l’8 novembre 2009 sul Corriere della Sera – Vedi anche, a parte, la risposta dell’Unione Artisti Unams, di tutt’altro contenuto

Caro Professore,
sono un pianista italiano e vorrei ringraziarLa di cuore per l’articolo di oggi sul Corriere. Sono inoltre nel consiglio direttivo di Musicarticolo9, associazione impegnata in diverse battaglie a favore della cultura musicale in Italia, presieduta da Salvatore Accardo.
Grazie per il Suo autorevole appoggio e “combattiamo” insieme per dare un futuro alla cultura e alla grande musica!
Con i miei più cordiali saluti,
Alessandro Marangoni

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Gentilissimo Prof. Ichino,
E p.c. Al Ministro Gelmini
Ho appena letto il Suo articolo sul Corriere della Sera e La ringrazio per avere affrontato questo argomento che pare interessi a pochi.
Da mamma di due musicisti che, finendo il conservatorio nel 1990, scontenti della loro preparazione, si sono messi in discussione ed hanno peregrinato in molti paesi europei (Olanda, Gran Bretagna, Francia, Svizzera) alla ricerca di insegnanti che li potessero mettere nelle condizioni di competere coi colleghi stranieri. Ora, con Master, Dottorato di ricerca ed altro ma soprattutto con una preparazione musicale e culturale di qualità, trovano tutte le porte dei conservatori bloccate. Ciò che avviene nel resto d’Europa dove sono richiesti titoli accademici superiori come condicio sine qua non, per potere accedere all’insegnamento nelle istituzioni musicali superiori, qui da noi troviamo docenti che non prendono uno strumento in mano da decenni e che si trovano a valutare giovani di gran lunga più preparati di loro (nella migliore delle ipotesi non essendo in grado di farlo per mancanza di preparazione). Nelle graduatorie d’istituto valgono sempre e soprattutto le “segnalazioni” (per non chiamarle raccomandazioni) intese come titoli preferenziali e “la discrezionalità” nella valutazione dei titoli artistici è quanto di più ignobile ci possa essere.
Quanto ha scritto dovrebbe essere illuminante per il Ministro e La vorrei pregare di continuare questa “battaglia”. E’ davvero ingiusto vedere quanti bravissimi giovani sono esclusi dalla possibilità di insegnare, è vergognoso che gli studenti debbano (quelli che hanno la possibilità) uscire dall’Italia o ricorrere a lezioni private, ed infine un’altra cosa disdicevole è che gente che non sa suonare, gente che ha rovinato tanti bei talenti (e in Italia ce ne sono!), gente che non ha la più pallida idea di cosa significhi aggiornamento, ricerca ecc. debba occupare “vita natural durante” delle cattedre all’interno dei conservatori. Avrei tanti e tanti episodi da raccontare che, se non facessero piangere potrebbero essere delle barzellette: un insegnante di violino che gridando dice “molla i pesi merluzzo” oppure quello di flauto che pretende “apri la gola”…il massimo della loro pedgogia… Grandi docenti (sic)!
Oppure che dire di quegli insegnanti che sfruttando la buona fede di genitori ed allievi facevano uno sporco ed illecito commercio di strumenti musicali spacciandoli di autore e rivelatisi poi autentiche “ciofeche”?
Troppe porcherie ci sono state nei conservatori in questi ultimi vent’anni. Tutti i compagni di studio dei miei figli insegnano nei conservatori dei loro paesi (Spagna, Francia, Germania, Olanda, Belgio) accolti, dopo gli studi superiori all’estero perché consapevoli della ricchezza che questi giovani professionisti avrebbero portato. Solo in Italia vengono snobbati, castigati per essersi voluti migliorare.
Grazie dunque Prof. Ichino per avere voluto sollevare questa questione. A Sua disposizione per qualunque chiarimento (in vent’anni di figli all’estero e almeno dieci che faccio domanda nelle graduatorie d’Istituto dei conservatori, ho acquisito una certa dolorosa esperienza).
Cordiali saluti
G. B.

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Preg.mo professore
e p. c. Ministro dell’Università, Dottoressa Mariastella Gelmini,
come tanti altri musicisti italiani, dopo aver compiuto gli “studi” in conservatorio ho deciso di trasferirmi all’estero per poter migliorare la mia preparazione, così cercando di sopperire alle enormi lacune tecniche e culturali lasciatemi in eredità dalle nostre istituzioni musicali di stato e con cui, secondo i miei “esimi” docenti, avrei dovuto affrontare una carriera così difficile come quella del musicista.
Non sto a raccontarle i sacrifici compiuti all’estero (non tanto quelli per potermi pagare la permanenza e gli studi quanto quelli per poter cercare di mettermi alla pari in preparazione con i miei colleghi e compagni di scuola stranieri), né la tristezza di vedere i miei sempre “esimi” docenti italiani offendersi per la mia scelta di volermi migliorare come musicista e, al momento del vaglio delle domande per supplenza in conservatorio, non riconoscere i titoli da me acquisiti all’estero (in istituzioni che sono, in paesi normali, reputate prestigiose). La signora che parla dei suoi figli musicisti dice molte cose che riecheggiano le mie esperienze.
Le scrivo per porle una domanda: vedo che nel suo sito sono pubblicate solo due lettere di riscontro da parte di musicisti e lettori. Sono solamente una selezione di, spero, innumerevoli attestati di apprezzamento o dobbiamo pensare che solo due persone abbiano risposto al suo così pregnante appello a migliorare la situazione dei conservatori? Se si trattasse del secondo caso, la reazione (o meglio la mancata reazione) dei giovani musicisti sarebbe da interpretare come l’ultimo beffardo risultato di un percorso d’impreparazione a cui essi sottostanno durante i lunghi anni di conservatorio. Se a una voce che spezza una lancia a loro favore e che cerca di assicurare un futuro non solo per loro ma per la cultura musicale italiana non rispondono, è perché i conservatori non sono stati neanche in grado di dargli gli elementi critici minimi per poter attivamente partecipare a un qualsiasi dibattito sulla conduzione della polis, incluso il dibattito più importante per loro: quello sul futuro dei conservatori e sul ruolo che le nuove generazioni devono svolgere nello svecchiamento di un paese decrepito anagraficamente, culturalmente, spiritualmente.
Se fosse così, le direi: non ceda e non si scoraggi perché questo silenzio dei diretti interessati – i giovani – non è indifferenza né ostilità; è semplicemente ignoranza impartitagli a massicce dosi da molti dei nostri insegnanti di conservatorio. Intendiamoci, non tutti i docenti che operano in conservatorio sono degli incompetenti ringalluzziti da una ignorante presunzione; c’è ne sono molti che fanno il loro dovere e lavoro con passione e con autentico spirito di ricerca, ma questi ultimi sono proprio le vittime sacrificali, i più miseri tra tutti, in quanto devono sopportare la deprimente e squalificante realtà di avere un gran numero di colleghi docenti imboscati, gente che non tocca uno strumento o non scrive una composizione o non legge un libro da immemore tempo. Insomma gente che non si mette in discussione e che non è quindi più in grado di appartenere al comparto università e ricerca: degli autentici zombie della musica.
Con stima, ammirazione e riconoscenza,
L.M.

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Gent.mo Prof. Ichino,

la ringrazio innanzitutto per il suo scritto che rispecchia perfettamente quello che io da anni scrivo su internet nel forum edumus.
Scrivo lì perché noi musicisti, al di fuori della casta musicale, non abbiamo molto spazio per poter parlare ed esprimere le nostre idee e discutere delle nostre problematiche. Ed inoltre il forum edumus è frequentato da una grande mole di musicisti che ogni giorno riceve errati dettami (secondo il mio parere) sull’educazione musicale sopratutto dal punto di vista legislativo.
Io per parole come le sue, le basta spulciare i miei scritti sul forum edumus, ho avuto per posta privata eloquenti messaggi da parte di un esponente UNAMS che è arrivato anche a inoltrarmi in privato una denuncia da lui presentata alla polizia di stato contro il forum e contro chi scrive nel forum (come me) e che le inoltro in allegato.
Come vede io credo che questa sia una prova ulteriore di quanto lei afferma sul sindacato che da noi che scriviamo su Edumus è detto l’ “‘innominabile”.
Purtroppo le cose andranno male finché gli allievi verranno “curati” nelle coscienze  da questi personaggi che di persona, le assicuro che è così, saprebbero vendere frigoriferi al polo nord per quanto sono colti e ben informati sulle leggi.
Purtroppo però devo anche dire che pochi musicisti pensano con la loro testa e dobbiamo ringraziare artisti come Dindo, con l’associazione Musicarticolo9, i quali grazie alla notorietà che hanno, per i numerosi meriti artistici, cercano di cambiare qualcosa in questa maledetta  e complessa situazione
Io vorrei tanto che mi venisse spiegato perché non è possibile accedere all’insegnamento mediante un concorso. Mi piacerebbe vivere in un paese in cui il merito fosse non una bestemmia ma la prima parola ad apertura di qualsiasi disegno di legge.
Invece vengono istituiti solo corsi banali e poveri di contenuti con il chiaro intento di ripopolare le classi vuote dei conservatori.
Infatti Lei, nel suo articolo, ha dimenticato i Bi-For-Doc. Questi sono corsi fortemente sostenuti dall’UNAMS. Questi sono corsi che servono a dare l’abilitazione per l’insegnamento dello strumento e dell’educazione musicale per le scuole medie.
Però sono corsi che non stanno premiando la meritocrazia e al momento stanno nuovamente intasando le graduatorie di tutta italia creando false speranze alla modica cifra di 2000 euro all’anno, frequenza obbligatoria (che significa dimenticarsi il perfezionamento strumentale ed il lavoro concertistico e rinunciare anche alle supplenze!!!) e materie che tutto hanno a che vedere tranne che con l’insegnamento nella scuola media.
Sicuramente il mio post sarà ritenuto offensivo da una parte di docenti, ma io vorrei che proprio quella parte “strana” sia finalmente attaccata sul campo dai docenti preparati e che  sono impegnati alla divulgazione della musica così tanto da non avere il tempo di giocare con le leggi come se l’istruzione musicale fosse un immenso Monopoli.
Non sarebbe più semplice, più chiaro e meno costoso istituire dei concorsi da parte di ogni scuola media, liceo musicale e conservatorio per immettere in ruolo i docenti?
Così come succede negli ospedali in tutta italia. Prababilmente i concorsi, come tutti sappiamo, non risolveranno i problemi di “segnalazioni” però potrebbero permetterci l’inserimento all’insegnamento sulla base dei titoli in possesso e della preparazione. Infatti seguire i corsi come i Bi-For-Doc, significa chiudere lo strumento ed aprire i libri.
E se questo secondo molti non è vero mi devono spiegare come mai io con 123 punti mi trovo in III fascia nelle scuole medie e in I fascia con l’abilitazione una collega si trova con 40 punti. Questa è meritocrazia?

Spero che la mia lettera possa aiutare a riflettere molti colleghi, nella speranza che stimolati nell’orgoglio possano far valere i diritti dei musicisti e sopratutto della musica, non tanto per la nostra generazione che ormai è senza speranza, ma per la generazione futura.
Tutto questo nella speranza futura che i nostri figli non debbano ancora subire questo stupro culturale.
Cordiali saluti
Henry Domenico Durante
www.henrydomenicodurante.it

 

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Gent.mo Senatore,
innanzitutto grazie! Grazie per aver aperto una finestra sull’istruzione musicale in Italia. Però nell’articolo pubblicato sul “Corriere” dell’8 novembre ci sono alcune inesattezze che, se pur a malincuore, devo farle presenti. Che l’ultimo concorso a cattedre per titoli ed esami sia stato bandito nel 1990 è assolutamente vero, ma la “sanatoria” alla quale lei si riferisce fu bandita nel 1989, cioè un anno prima! Nella sostanza: nel 1989 furono messi in ruolo centinaia di docenti solo perché avevano maturato 360 giorni di insegnamento, poi, e solo dopo, fu bandito il concorso nazionale a cattedre per titoli ed esami. Per esami, appunto, non per aver maturato un’anzianità di insegnamento consentita, in qualche caso, da un direttore, e mi limito a dire solo in qualche caso, compiacente. E sempre per dovere di cronaca un altro concorso è stato bandito nel 1999. I candidati hanno potuto partecipare avendo maturato 360 giorni di insegnamento, ma almeno in questo concorso oltre ai titoli posseduti sono state previste delle prove di esame. Negli ultimi anni, poi, nuovi insegnanti sono entrati attraverso quel canale della legge 143, che anche in questo caso per l’accesso sono stati previsti i fatidici 360 giorni. Gli ultimi docenti reclutati anche se al momento attuale beneficiano di soli contratti di lavoro a tempo determinato tutti, e dico tutti con cognizione di causa, stanno insegnando nei conservatori italiani. Quindi una situazione sicuramente discutibile, che però ha previsto vari livelli di accesso all’insegnamento successivamente al concorso nazionale a cattedre sopracitato.
Ora dopo questo primo, ma doveroso distinguo, vorrei insieme a lei percorrere un altro capitolo a mio parere estremamente spinoso: i direttori. Ma trova corretto che un dirigente didattico debba essere eletto dal collegio docenti? E comunque sia, che possa stare in carica nello stesso conservatorio per 20 anni? Una volta, oramai molti anni fa, il direttore doveva, dopo cinque anni di insegnamento in ruolo, superare un concorso nazionale per titoli ed esami. A quel punto, come altri ordini di scuola, diventava non come adesso un incaricato più o meno sottoposto ad una serie di scelte non troppo trasparenti, per usare un eufemismo, ma un vero e proprio direttore che al disopra delle parti poteva guidare il proprio istituto con diligenza e professionalità. Ma lei è a conoscenza che alcuni direttori sono frutto di assunzioni in ruolo negli anni ’70 per “chiara fama” e attraverso logiche partitocratiche hanno avuto l’avallo e la compiacenza del collegio docenti a fare i direttori e successivamente per convenienza di tutti, come la celebre frase latina, sèmel àbbas sèmper àbbas ? Dove sta, in questo caso, la meritocrazia? Perché non si applica almeno un regolamento, credo già applicato recentemente con un decreto per i rettori dell’università, che sancisce la non rieleggibilità dopo due mandati di 3 anni? Siamo o no nell’Alta Formazione Artistica e Musicale e quindi allineati alle regole dell’Università Italiana?
Come docente che ha superato quel vituperato concorso a cattedre nel 1990, che è risultato idoneo insieme ad altri 30 colleghi su circa 2000 candidati esaminati, che attualmente è impegnato in produzioni musicali, perché questo, nella sostanza, è il motivo che ha spinto me e tanti altri colleghi anni fa a spendere una vita per la musica, è l’amore per quest’arte che mi fa credere, nonostante tutto, che i conservatori rimangono in Italia i luoghi dove un ragazzo, se vuole, può ancora seriamente intraprendere questo mestiere.
Quindi l’auspicio è che lei e i suoi autorevoli colleghi possiate affrontare serenamente una riforma dell’Alta Formazione Artistica e Musicale, dove insieme alle istituzioni di Alta Cultura, si possa metter mano alla Formazione Musicale di Base, quella attuata nelle scuole di ogni ordine e grado in quasi tutte le nazioni dell’Unione Europea, che per ignoranza, o mala fede, non è mai stata seriamente affrontata nel nostro bel paese.
La musica, prima ancora di diventare, per pochi, una professione, deve essere necessariamente un percorso formativo e inalienabile per tutti, come il saper leggere e scrivere.
Quando cominceremo ad affrontare la questione e proporre un modello civile più evoluto?
Un caro saluto e un augurio di buon lavoro.
Riccardo Cirri
www.riccardocirri.com

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