LA NUOVA STRATEGIA DELLA FIM-CISL PER IL LAVORO DEL XXI SECOLO

“Per una nuova stagione di diritti e tutele nelle transizioni lavorative”: il sindacato guidato da Roberto Benaglia si lascia alle spalle il Novecento e punta a rendere forti le persone nel mercato, oltre che nell’organizzazione aziendale

 

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Manifesto pubblicato dalla FIM-CISL come proprio contributo al dibattito congressuale della Confederazione, 3 marzo 2022 – Su questo manifesto v. il mio editoriale pubblicato sulla
Gazzetta di Parma il 6 marzo 2022 – In argomento v. anche un ampio stralcio della relazione di Marco Bentivogli al congresso nazionale della stessa FIM-CISL del 2017

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Roberto Benaglia, Segretario nazionale della Fim-Cisl

È un tempo nuovo per il lavoro. Le sue radicali trasformazioni chiedono nuove risposte e riforme in favore delle persone che lavorano. È sulla base di questa visione, che la Fim offre anzitutto all’interno del dibattito congressuale della Cisl, ma anche all’insieme delle parti sociali, delle istituzioni e del mondo degli intellettuali ed esperti nelle politiche per il lavoro, questo manifesto sindacale che punta a definire e a far riconoscere diritti e tutele nelle “transizioni lavorative”.

Tocca al sindacato orientare la contrattazione collettiva senza pregiudizi e con capacità innovativa. A venti anni esatti dall’assassinio di Marco Biagi e nel nome di tutti i riformisti del lavoro che hanno perso la vita, crediamo sia indispensabile rilanciare la strada delle riforme per il lavoro in Italia.

L’azione contrattuale e di tutela normativa promossa dal sindacato da un lato e le politiche pubbliche per il lavoro dall’altro, si sono sempre prevalentemente concentrate sulla costruzione di diritti e norme per i lavoratori in costanza di rapporto di lavoro. Per chi ha un lavoro, soprattutto a tempo indeterminato, esiste nel nostro Paese una buona base di regole e norme fruibili circa il salario, la sicurezza sociale e occupazionale, ancor di più nelle aziende medio-grandi laddove il sindacato è presente e rappresentativo.

I lavoratori italiani sono invece ancora soli, senza diritti esercitabili, senza veri e propri strumenti di protezione e di sostegno adeguati, a fronte delle sempre più innumerevoli e diversificate discontinuità e “transizioni lavorative”. Si tratta di momenti nella vita delle persone che lavorano, che nel Novecento industriale erano ridotti, programmati e scanditi, mentre ora sono assai frequenti, flessibili e diffusi. È in questi frangenti che vediamo crearsi condizioni di maggior precarietà, disuguaglianze, solitudine e mancanza di una vera protezione e sostegno. Non è così nei principali Paesi europei, dove la sicurezza sociale e il suo rapporto con il lavoro è fortemente garantita nelle transizioni. La qualità del lavoro e il diritto al lavoro garantito dalla Costituzione dipendono sempre più dalla certezza di avere sostegni e strumenti di tutela nelle transizioni e questa garanzia è sempre più richiesta nella ricerca di nuova occupazione.

Non è più rinviabile la creazione di un sistema di diritti e di opportunità accessibili a tutti nelle transizioni anche in Italia. Ricreare uno stretto nesso tra lavoro e sicurezza sociale passa da questi elementi. La contrattazione, nazionale e soprattutto aziendale, ha già sperimentato diverse soluzioni, ma in modo troppo frammentato e minoritario. Il sindacato moderno ha il compito di definire e ottenere come obiettivo prioritario della propria azione sindacale un sistema adeguato di tutele, che sia in parte a carico dello Stato, ma integrate e fortemente sostenute dalla contrattazione e dalla bilateralità. La responsabilità sociale che le imprese sempre più rivendicano come fattore distintivo, al fine di non essere solo dichiarata, deve misurarsi col saper rispondere e convergere verso questi veri e propri bisogni sociali.

Nel post pandemia le persone cercano sempre più percorsi di crescita nel mondo del lavoro, mentre le imprese soffrono di un crescente mismatch e della mancanza di competenze e disponibilità da parte di chi lavora. Servono certamente salari più alti e lavori più sostenibili, ma non di meno occorre potenziare la normativa e le pratiche contrattuali che rispondano alla crescita professionale e ad un crescente ed inedito bisogno di conciliazione vita-lavoro.

Investire su transizioni lavorative ben supportate costituisce una leva fondamentale per superare storiche arretratezze del mercato del lavoro italiano, a partire dall’incremento della componente femminile e giovanile, fino a dare sostanza al criterio di occupabilità che da tempo inseguiamo.

In sostanza preoccuparci di come sostenere in via universale ogni giovane che vuole transitare dalla scuola al mondo del lavoro, ogni lavoratore che vuole tornare a studiare, ogni lavoratore che deve fortemente riqualificarsi, ogni lavoratore che perde il posto di lavoro, ogni lavoratore che vuole crescere professionalmente, ogni padre o madre che non deve più scegliere tra famiglia e lavoro, ogni lavoratore che deve assistere genitori bisognosi di assistenza deve diventare obiettivo irrinunciabile per le politiche del lavoro in Italia.

Con questo manifesto sindacale intendiamo non solo aprire un dibattito plurale sul tema e avanzare una richiesta generale, ma identificare nel concreto quelle tutele che devono essere promosse, messe in campo e rese accessibili. Attraversare questa nuova frontiera e vincere questa nuova sfida di diritti è il modo migliore per rendere sempre più giusto il lavoro nel nostro Paese.

Serve su questo accendere un importante dibattito che dia priorità a questa nuova dimensione sia nell’azione di riforme per il lavoro che il governo deve sostenere, sia nella contrattazione collettiva. Non potrà fare a tal fine tutto lo Stato, che pure deve ampliare in questa direzione i diritti e le tutele concrete per il lavoro. Solo un ingente investimento congiunto di risorse pubbliche, private e di derivazione contrattuale e bilaterale potrà sostenere in tempi ragionevolmente brevi questo impianto di riforme. La sussidiarietà e l’integrazione attiva che la contrattazione collettiva può fornire permette di moltiplicare gli strumenti e soprattutto di adattarli a settori, tipologie di imprese, mercati del lavoro locali e bisogni differenziati delle persone che lavorano o cercano lavoro.

Occuparsi delle persone che lavorano e non più solo genericamente delle tipologie di lavoro e di lavoratori è la direzione che dobbiamo imboccare. Ridare al lavoro quella sicurezza sociale che le persone sempre più giustamente richiedono, passa in buona parte dall’affrontare in Italia una stagione di riforme che diano protezione e promozione nelle transizioni lavorative.

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