UNA VIA D’USCITA DALLA GRANDE CRISI EUROPEA

L’agenda proposta da un europeista della prima ora per Francia, Germania, Italia e Spagna sul terreno dell’integrazione UE, dei rapporti con i Paesi dell’est candidati all’ingresso nell’UE e dei rapporti con USA e Russia

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Appunti di Antonio Padoa-Schioppa (antonio.padoaschioppa@gmail.com), 21 giugno 2022 – In argomento v. anche, dello stesso A.P.S.,
Perché l’Europa

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Il professor Antonio Padoa Schioppa

Sulla guerra in corso 

  • Si all’invio di armi all’Ucraina per scongiurare l’estensione dell’occupazione della Russia sino ad Odessa, pericolo mortale per un’Ucraina indipendente. Nelle prossime settimane occorrerebbe raggiungere quanto meno un assetto di stallo che arresti l’avanzata russa, altrimenti è molto improbabile che le trattative possano iniziare a breve.
  • Proposta europea per l’avvio delle trattative di pace, condivisa almeno da Francia Germania Italia e Spagna. L’Europa ha accolto milioni di rifugiati, sopporta e sopporterà pesanti sacrifici e rischi di decrescita per sostenere la libertà ucraina – ma anche a tutela della propria sicurezza attuale e futura – e ha già annunciato che si impegnerà per la ricostruzione; se approva da subito l’inclusione dell’Ucraina nella posizione di candidata all’ingresso nell’Unione, avrà ancora più titolo per interloquire sulle condizioni di pace. Questa iniziativa europea è fondamentale ed è necessaria anche per influire sulle scelte degli Stati Uniti, i quali essendo determinanti nell’invio di armi di difesa ucraina hanno non solo il diritto ma forse anche il dovere (così giustamente afferma Charles Kupchan) di discutere sin d’ora in piena intesa con l’Ucraina – previo stabilimento di idonee garanzie sulla sua indipendenza –  sulle prospettive future. Il Governo di Kiev dovrà probabilmente rinunciare all’obbiettivo di proseguire la guerra nel tentativo, verosimilmente irraggiungibile, di recuperare l’intero territorio pre-2014 e pre-2022. Anche per questo l’Ucraina deve venire aiutata se possibile a riconquistare l’accesso al mare Azov, ma in ogni caso a non perdere Odessa.

L’Europa deve sottolineare con forza in ogni occasione l’approccio multilaterale nei rapporti internazionali anche tra Stati costituzionalmente lontani dalle democrazie occidentali; occorre  l’implementazione degli accordi di Parigi, la pronta ripresa dell’iniziativa del disarmo concordato e il sostegno del ruolo insostituibile dell’Onu, pur inadeguata come sappiamo (ma va osservato che l’Assemblea dell’Onu sta progressivamente assumendo un ruolo di spicco). Solo l’Europa, ma solo se parla e agisce con una sola voce, può in questa fase storica promuovere obbiettivi che mirano ad affrontare sfide – climatiche, energetiche,  nucleari, finanziarie – che sono planetarie e che pertanto non possono venir affrontate se non a livello globale. Far crescere l’Unione, che su questi fronti è all’avanguardia,  non è solo un interesse nostro, ma del mondo.

Sì all’ammissione immediata dell’Ucraina come Paese candidato all’ingresso nell’Unione europea. Avvio da subito della procedura. Forte accelerazione calendarizzata dell’iter di ammissione dei Paesi Balcanici. E’ vero che la prospettiva dell’accesso dell’Ucraina cambierà la geografia e la storia dell’Unione europea, creando molti problemi nuovi, ma questa conseguenza ci sarà comunque ed è interesse dell’Europa poterla governare.

Sì alla istituzione di una Confederazione europea che includa intanto tutti i Paesi candidati. Eventualmente altri Paesi (Svizzera? Georgia? Anche Gran Bretagna e Turchia?). Forse no: per questo esiste il Consiglio d’Europa, nel quale a pace conclusa la Russia dovrebbe rientrare. Occorre comunque definire il rapporto tra Confederazione, Consiglio d’Europa, Ocse. Sembra importante istituire un organo (Confederazione o come altro lo si voglia chiamare) che includa da subito i Paesi candidati, entro la cornice più ampia del Consiglio d’Europa, ma distinto da questo. 

Struttura istituzionale della Confederazione

I Paesi della Confederazione candidati ma non ancora membri dell’UE potrebbero partecipare senza diritto di voto alle sessioni del Consiglio europeo che trattino questioni di diretta rilevanza per loro (sicurezza; difesa comune;  pandemie; energie alternative)?  Forse sì.  Assemblea parlamentare sul modello Consiglio d’Europa? Forse no, per non moltiplicare inutilmente le istituzioni. Collegamento istituzionale con la Commissione europea? Naturalmente sì, questo fa parte del processo di ammissione all’UE.

Riforme urgenti  per l’Unione europea

Obbiettivi:

  • politica comune dell’energia (approvvigionamenti; investimenti; eolico, solare, fusione nucleare) con nuove risorse proprie dell’UE; utilizzo a questo fine del Trattato Euratom esteso a tutte le forme di energia;
  • politiche comuni per la difesa comune – sviluppando e accelerando le procedure dello Strategic Compass già approvato dall’UE – con nuove risorse proprie e con trasferimenti dai Paesi membri nel quadro del bilancio europeo;
  • investimenti su nuove tecnologie di ampio spettro (semiconduttori, partnership con Paesi extraeuropei che possiedono  elementi rari);
  • investimenti in Africa sahariana e subsahariana per energia solare, in cooperazione stretta con l’Unione africana. Il tutto sia con nuove risorse proprie europee che con titoli di debito pubblico europeo, preferibilmente finanziati con Diritti speciali di prelievo;
  • politiche sociali e salute pubblica incluse e potenziate tra le competenze condivise.

Per varare tutte queste fondamentali riforme è probabile che si imponga il superamento del veto e l’adozione del metodo maggioritario; e questo superamento  si imporrà probabilmente anche nel disegnare l’assetto a regime dell’allargamento con l’ingresso dei Paesi candidati; occorrerà comunque un trattato per gli allargamenti in corso, all’interno del quale  sarà più facile far passare questo principio, richiesto tra l’altro  dal Parlamento europeo, dalla Commissione e dalla Conferenza sul futuro dell’Europa; ma troppi governi ancora lo avversano. Per la difesa comune occorre un nucleo di partenza aperto, che includa Francia, Germania, Italia, Spagna. La difesa europea se non parte ora non partirà più; non procedere da subito potrebbe comportare in prospettiva la fine del grande progetto europeo.

Procedure per la messa in opera delle riforme per l’Unione europea

  • Discussione nei prossimi Consigli europei sulle finalità di base dell’Unione (difesa comune, energie rinnovabili, controllo climatico, pandemie, misure sociali, investimenti europei maggiorati) allo scopo di raggiungere un consenso preliminare di fondo sui fini, prima di delineare gli strumenti per raggiungerli.
  • Avvio in tempi brevi di un’iniziativa avanzata da un gruppo di Paesi (tra i quali necessariamente i quattro maggiori) e proposta a tutti i 27 Stati membri nel quadro delle Cooperazioni rafforzate, portata avanti come tale se almeno nove Stati aderiranno, ma anche se il numero iniziale degli aderenti fosse minore di nove, il che per la difesa e la sicurezza comune è già ora possibile  entro i Trattati. Per la difesa è essenziale il ruolo della Francia (Macron in questo è meno condizionato dalla politica interna; l’europeizzazione della force de frappe potrebbe a un certo momento seguire nell’interesse stesso dei francesi),  della Germania (che deve riservare all’orizzonte militare tedesco quanto meno una quota importante delle ingenti nuove risorse appena deliberate) e della stessa Italia (che dovrebbe quanto prima entrare nell’Eurocorps, da integrare nei trattati): occorre portare avanti la standardizzazione delle armi, gli investimenti in tecnologie avanzate,  l’implementazione dello Strategic Compass. I tempi non saranno brevi, ma conterà molto l’effetto annuncio, come trent’anni fa è avvenuto con l’euro.
  • Ove non si raggiungano le condizioni previste dai Trattati per le cooperazioni rafforzate, inclusive dalla clausola passerella (almeno nove Stati, art. 20 Tue; unanimità per difesa e politica estera, art. 329 Tfue; unanimità per clausola passerella, artt. 48.7 Tue; 333 Tfue), un nucleo di avanguardia costituito da almeno Francia Germania Italia e Spagna dovrebbe decidere di procedere comunque anche con un Trattato separato, sempre aperto all’adesione successiva degli altri Stati membri dell’UE, come già si è fatto nel 2011-2012.
  • Via libera alla Convenzione proposta dal Parlamento europeo sulla base dei risultati della Conferenza sul futuro dell’Europa, inclusa la revisione dei Trattati.

 Conclusione

Quella iniziata il 24 febbraio scorso è la crisi più grave dell’ordine internazionale dalla fine della seconda guerra mondiale.

La via per evitare una nuova guerra mondiale è di preservare un ordine multilaterale e di non distruggere ma potenziare l’Onu.

Per la Russia di Putin  un obiettivo fondamentale è la divisione dell’Europa. Finora tale tentativo  è fallito. A pace raggiunta o almeno a tregua garantita, la Russia dovrà però tornare a interagire pacificamente con l’Europa e non solo.

Per l’Europa si è aperta una crisi che può risultare costruttiva ma può anche risultare mortale. La condizione per evitarla è una sola: un deciso avanzamento verso l’unione politica e di difesa. A questo fine è essenziale che Francia Germania Italia e Spagna agiscano con un unità di intenti; le convergenze dei Paesi dell’Unione europea potranno risultare più ampie di quanto si poteva prevedere prima del 24 febbraio scorso, in particolare in tema di difesa e di sicurezza europea. Idem per  il fenomeno migratorio. Idem per le energie rinnovabili. Idem per gli investimenti in Europa e in Africa. Idem per un bilancio  europeo accresciuto e per una fiscalità europea.

Il ruolo dell’Italia può risultare decisivo, ma verosimilmente occorrerà mantenere un governo di unità nazionale  anche dopo le elezioni del 2023. Tale unità resta indispensabile per misure necessarie ma spesso impopolari, tra le quali combattere con più energia  l’evasione fiscale, controllare strutturalmente il debito pubblico, adeguare l’età pensionabile alla accresciuta speranza di vita, portare avanti nuove riforme sociali e del lavoro, diminuire le accresciute diseguaglianze, attuare le opportune riforme del fisco, dell’amministrazione e della giustizia richieste tra l’altro dal Recovery Plan. Se l’Italia fallisse su questi fronti, non solo la sua credibilità ove proponga riforme europee di segno federalista (che Draghi ha mostrato di condividere) risulterebbe gravemente sminuita, ma verrebbe messa a rischio per tutti  la stessa Unione europea nel suo complesso.

 

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