RIDER: LA COMPETIZIONE FRA DUE MODELLI

Da due anni in Italia convivono, nel food delivery, due tipi contrattuali: quello della collaborazione autonoma regolata dal ccnl Assodelivery e quello del lavoro dipendente regolato dal contratto aziendale Just Eat – È necessario un confronto rigoroso e approfondito fra le due esperienze

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Articolo pubblicato su lavoce.info il ** gennaio 2023 – In argomento v. anche, su questo sito, Contratto per i rider di Just Eat: l’altra faccia della luna  .

Il contratto nazionale Assodelivery e il contratto aziendale Just Eat

È del 16 settembre 2020 il contratto collettivo nazionale stipulato da Assodelivery (Confindustria) con UGL-Rider, che regola il lavoro dei ciclofattorini qualificando la loro prestazione come autonoma, ma estendendo ad essa alcune protezioni essenziali proprie del lavoro dipendente: standard retributivo minimo (commisurato a 10 euro l’ora più un premio di 600 euro al raggiungimento di 2000 consegne nell’anno solare), preavviso di recesso, divieto di discriminazioni, sicurezza del lavoro e relative dotazioni, assicurazione antinfortunistica, diritti sindacali. Di poco successivo – marzo 2021 – è il distacco da Assodelivery dell’impresa Just Eat, la quale si è proposta di sperimentare invece un proprio modello di organizzazione del lavoro dei ciclofattorini caratterizzato dalla qualificazione della prestazione come subordinata, previa stipulazione con Cgil, Cisl e Uil di un contratto aziendale volto a  consentire, con i necessari adattamenti, l’applicazione del contratto collettivo nazionale per il settore della Logistica; ne risulta uno standard retributivo minimo di poco inferiore a 9 euro l’ora (compresi i ratei di t.f.r. e 13ma) più 0,25 a consegna, oltre che ovviamente tutte le protezioni e i diritti sindacali propri del lavoro dipendente.

Nell’ultimo biennio in Italia si sono dunque confrontati due modelli di organizzazione e disciplina del lavoro dei rider, dei quali il primo – quello fondato sull’applicazione del contratto nazionale Assodelivery-UGL Rider – ha regolato in questo periodo il rapporto di circa 27.000 ciclofattorini facenti capo alle piattaforme di Deliveroo, FoodToGo, Glovo, SocialFood e  Uber Eats, mentre il secondo – quello fondato sul contratto aziendale Just Eat – ha regolato il rapporto dei circa 3.000 ciclofattorini dipendenti da questa impresa, utilizzati per il servizio a 10.000 circa dei ristoranti che di questa impresa si avvalgono, restandone esclusi circa 18.000, ai quali essa può fornire soltanto il servizio del contatto con gli acquirenti, ma che devono provvedere alla consegna a domicilio con fattorini reperiti in altro modo, retribuiti direttamente di volta in volta, oppure attraverso altri soggetti che organizzano il servizio.

Considerazioni provvisorie in attesa di un confronto approfondito delle due esperienze

Sarebbe straordinariamente interessante uno studio che mettesse a confronto queste due esperienze, al fine di individuare gli aspetti positivi e quelli negativi di ciascuna di esse, per ciascuna delle parti interessate, sotto vari profili quantitativi e qualitativi. La ricerca dovrebbe innanzitutto evidenziare se e quali effetti diversi i due tipi contrattuali abbiano prodotto finora in termini di autoselezione dei lavoratori interessati: chi ha scelto l’uno o l’altro modello e perché. Dovrebbe inoltre mettere in luce gli effetti dei due tipi contrattuali sul comportamento dei lavoratori stessi, sui loro tempi di lavoro, sull’incidenza degli infortuni, sull’entità del reddito conseguito, sulla loro soddisfazione complessiva per lo svolgimento del rapporto e sulla produttività del lavoro per l’impresa.

Ciò che fin d’ora può essere osservato è che il modello Just Eat e il relativo tipo di contratto possono essere adottati soltanto per coprire una parte minoritaria del fabbisogno del servizio di recapito di pasti a domicilio espresso dal mercato dei ristoranti e degli acquirenti: la stessa Just Eat, come si è visto, copre circa un terzo della propria domanda con i rider propri dipendenti, dovendo lasciare che negli altri due terzi dei casi i ristoranti provvedano a procurarsi il servizio di recapito per conto proprio. Questo perché la forma del contratto di lavoro subordinato impone che l’accordo definisca con precisione tanto l’estensione temporale della prestazione lavorativa nell’arco della giornata, della settimana e/o del mese, quanto la sua collocazione temporale; l’impresa dunque può assumere i rider soltanto per i periodi di tempo, nell’arco della giornata, durante i quali essa ha una buona probabilità di poter saturare il loro orario di lavoro con le attività di ritiro e consegna. È questo il motivo per cui: a) i rider dipendenti da Just Eat sono assunti per la quasi totalità a tempo parziale e tre quarti di essi hanno un orario settimanale pari o inferiore alle 25 ore; b) per due terzi dei ristoranti, presumibilmente quelli dislocati nelle città più piccole o nelle zone meno densamente abitate, Just Eat non è in grado di assicurare il servizio di recapito per mezzo dei propri rider dipendenti.

È questo anche il motivo per cui il 90 per cento del servizio del food delivery domiciliare è svolto nella forma della collaborazione autonoma, resa possibile nel nostro ordinamento attuale, e per la prima volta regolata, dal contratto collettivo nazionale del 16 settembre 2020 di cui si è detto all’inizio; donde un argomento non facilmente superabile a sostegno della tesi contraria all’imposizione indiscriminata della forma del lavoro subordinato in questo settore. La difficoltà di applicare questa forma contrattuale nel settore è confermata, del resto, dal fatto che Just Eat, pur limitandone l’applicazione per rispondere a un terzo della domanda del servizio espressa dai ristoranti suoi interlocutori, ha dovuto stipulare con Cgil Cisl e Uil un contratto aziendale contenente deroghe al contratto collettivo nazionale della logistica per contenere i costi e aumentare la flessibilità organizzativa disponibile.

La protezione più efficace che dovrebbe essere offerta ai rider

Una prima conclusione provvisoria può essere questa: al lavoro del food delivery organizzato mediante la piattaforma digitale nelle due forme contrattuali di cui si è detto può essere riconosciuta una funzione socio-economica positiva in quanto offre una prima possibilità di lavoro regolare facilmente accessibile a persone – soprattutto manodopera di recente immigrazione – che avrebbero altrimenti difficoltà ad accedere al tessuto produttivo in condizioni migliori. La loro protezione potrebbe comunque essere migliorata se si riconoscesse che nell’organizzazione di questo lavoro mediante piattaforma digitale si mescolano inestricabilmente aspetti del vecchio lavoro subordinato come del vecchio lavoro autonomo; e che è tempo ormai di elaborare un sistema di protezioni applicabile al lavoro che abbia i caratteri della dipendenza economica, ancorché non quelli della subordinazione nel senso proprio del termine.

La protezione migliore che il sistema può offrire alle persone che lavorano in questo settore consiste comunque, probabilmente, nel fornire loro fin dall’inizio del rapporto, e lungo tutto l’arco di esso, una effettiva “opzione exit”: ovvero un servizio capillare ed efficiente di orientamento professionale, informazione sulle altre occasioni di lavoro meglio retribuito, formazione mirata a queste occasioni, assistenza alla mobilità professionale e geografica. Queste altre occasioni si contano a centinaia di migliaia: Unioncamere e Anpal avvertono che in tutti i settori e a tutti i livelli le imprese italiane oggi incontrano difficoltà gravi nel reperire il personale che cercano in più di quattro casi su dieci.

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