Nessuno è disposto a spendere tempo e fatica per la soluzione di un rompicapo, se non sa di poter fare affidamento almeno su alcune norme convenzionali circa il modo in cui il rompicapo è stato ideato e può essere risolto
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Trentunesima puntata della rubrica che compare ogni due domeniche sulla Gazzetta di Parma, 28 maggio 2023 – Qui il link alla trentesima puntata della rubrica, dalla quale si può risalire a ciascuna delle precedenti
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Un lettore enigmista che mi chiede di non riportare il suo nome replica all’ultima puntata di questa rubrica manifestando il suo netto dissenso rispetto all’insieme delle regole di cui davo conto. Dove mai sarebbero scritte quelle regole? E, prima ancora, chi mai avrebbe potuto arrogarsi di scriverle? Chi mai gliene avrebbe attribuito il compito e il potere?
Nessuno, certo. Infatti in quella puntata ho riportato la condivisibile opinione di un altro grande rebussista vivente, Franco Bosio (Orofilo), che nel suo Invito al rebus pubblicato sul sito www.rebussisti.it parla in proposito di “convenzioni” tacitamente e lentamente affermatesi, dalla comunità degli enigmisti coltivate, perfezionate e fatte costantemente – ma prudentemente – evolvere. Sta di fatto, comunque, che queste convenzioni sono indispensabili per l’esistenza stessa della cultura del rebus: cerco qui di spiegare perché.
Il nostro gioco, come qualsiasi altro nel campo dell’enigmistica, richiede un investimento di tempo e di fatica da parte del solutore che intende cimentarvisi. Ora, nessuno è disposto a spendere tempo e fatica per la soluzione di un rompicapo, se non sa di poter fare affidamento almeno su alcune regole convenzionali circa il modo in cui il rompicapo è stato ideato e può essere risolto. Per esempio, chi si accinge a risolvere un rebus in Italia oggi sa di poter dare per certo che, se una parola compare scritta nell’immagine (su una targa, un’etichetta, un manifesto affisso a un muro, ecc.), essa non potrà comparire né nella prima lettura né nella soluzione; e che se una parola compare nella prima lettura, quella stessa parola non può comparire nella soluzione, né può essere utilizzata per costruirne una che abbia la stessa radice etimologica e appartenga alla stessa area semantica.
In altre parole, tra il solutore e l’autore è indispensabile una sorta di patto circa le regole del gioco. Perché, quando il gioco è di alta qualità, la certezza circa il rigoroso rispetto delle regole determina l’alveo entro il quale la soluzione viene cercata, consentendo al solutore di delimitare il campo da dissodare. E, simmetricamente, consentendo all’autore di proporre anche i giochi più difficili, potendo contare su una schiera di solutori che si fidano del rispetto delle regole da parte sua e sono dunque pronti a tentare anche la scalata più impervia.
Si consideri, per esempio, questo gioco tanto famoso quanto difficile di Sabina (Giuseppe Magnarapa), che è stato pubblicato su Leonardo nel 1991 e ripreso dalla Settimana Enigmistica e dal Sole 24 Ore nel 1992. Quale mai solutore sarebbe disposto a lambiccarsi il cervello per risolverlo, se non potesse fare affidamento sul rigoroso rispetto delle regole da parte dell’autore, garantito dalla testata che lo ospita?
La targa sulla porta avverte che “E” è un luogo di ritrovo riservato agli “scapoli”. L’enigmista deve poterne dedurre con sicurezza due dati essenziali: che la qualità di “scapolo” o “ammogliato” di chi bussa alla porta – in questo caso “U” – è certamente rilevante ai fini della possibilità di entrare; e che tuttavia la parola “scapolo” non comparirà certamente né in prima lettura né nella soluzione. Dal diagramma l’enigmista comprende inoltre che si tratta di un rebus “a domanda e risposta” e che nella domanda il verbo è costituito da una parola (la prima) di 5 lettere. Poiché “U” bussa alla porta, la domanda è probabilmente: “entra in E U?”. Da cui si trae subito la prima parola della soluzione, di 12 lettere: “entraineuses”.
Dallo stesso diagramma si trae la scansione della risposta, la cui prima parola sappiamo già essere “se” (l’ultima sillaba di entraineuse), mentre della seconda conosciamo la prima lettera: “s”. La risposta potrebbe essere “se sposato, no”; ma “sposato” ha 7 lettere, e comunque questa sequenza testuale non porta a nulla di utile per la soluzione. Proviamo dunque con la risposta inversa: qual è una parola di 6 lettere che possa fungere da sinonimo di “scapolo”? Ce n’è una sola: “single”. Dunque: entra in E U? Se single sì = Entraineuses inglesi.
È immediatamente evidente quanto sia importante per il solutore, in questo lavorio di ricerca della soluzione, il poter fare affidamento sul rispetto da parte dell’autore e dell’editore delle convenzioni che disciplinano il gioco, delle quali la comunità degli enigmisti è custode e garante.
(La prossima lezione sarà pubblicata domenica 11 giugno 2023)