LA “PATENTE A PUNTI” PER LE IMPRESE NELLA LEGGE SBAGLIATA

La misura mirata a incentivare la prevenzione degli infortuni nelle aziende edili, ideata sull’onda dell’emozione per il disastro fiorentino del 16 febbraio, viene inserita affrettatamente in un decreto-legge “omnibus”, nato in funzione del PNRR ma infarcito di disposizioni sulle materie più disparate

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Articolo pubblicato sul sito lavoce.info il 1° marzo 2024 – In argomento v. anche una mia intervista al quotidiano La Repubblica del 2019, Infortuni sul lavoro: il deficit di cultura della sicurezza

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Una prassi legislativa deplorevole

È stata resa pubblica nei giorni scorsi una prima versione del decreto-legge contenente nuove disposizioni urgenti per l’attuazione del PNRR: 80 pagine fitte, suddivise in tre “titoli” e dieci “capi”. Tra questi ne è stato infilato in corsa uno che con l’attuazione del PNRR ha poco a che fare, contenente norme in materia di lavoro e previdenza, tra le quali alcune in tema di sicurezza del lavoro: una risposta immediata del Governo al disastro accaduto il 16 febbraio in un cantiere di Firenze, nel quale hanno perso la vita cinque operai edili.

Nel lessico parlamentare la norma che viene inserita in un provvedimento legislativo dedicato a tutt’altro, ma già pronto per il varo, come un vagone attaccato all’ultimo momento a un treno già in partenza, viene indicata come il “vagoncino”. È questa una prassi che dovrebbe considerarsi vietata, se non altro perché costringe il Parlamento a votare un testo legislativo dal contenuto molto eterogeneo, per non dire caotico, così oltretutto aggravandosi in modo intollerabile le difficoltà di lettura anche per chi lo dovrà applicare. I Presidenti delle Camere non dovrebbero consentirlo.

In questo caso, poi, la difficoltà di lettura di questo “capo” dedicato a lavoro e previdenza, aggiunto a sproposito nel decreto-legge sul PNRR, è aggravata ulteriormente dal modo in cui le norme sono redatte. Solo un esempio tratto dall’articolo 32, comma 3: “All’articolo 1, comma 445, della legge 30 dicembre 2018 n. 145, alla lettera d), il numero 1 è sostituito dal seguente: ‘1. Del 30 per cento per quel che riguarda gli importi dovuti per la violazione di cui all’articolo 3 del decreto-legge 23 aprile 2002, n. 73, e del 20 per cento per quanto riguarda gli importi dovuti per la violazione delle disposizioni di cui all’articolo 18 del decreto legislativo 10 settembre 2003 n. 276, all’articolo 12 del decreto legislativo 17 luglio 2016 n. 136 e dell’articolo 18-bis, commi 3 e 4, del decreto legislativo 8 aprile 2003 n. 66”. Comprendere anche soltanto di che cosa una norma come questa parli richiede un lavoro complesso, di cui sono capaci soltanto pochi addetti ai lavori. Ancor più difficile è comprendere come possa il Parlamento esaminare con l’attenzione dovuta norme scritte in questo modo, sepolte in un testo legislativo che ne contiene altre mille, per lo più scritte allo stesso modo, sui temi più disparati: dal contrasto alle frodi amministrative all’utilizzo dei beni confiscati alla mafia, dal reclutamento dei magistrati al pignoramento di crediti presso terzi, dall’efficientamento energetico alle certificazioni sanitarie digitali.

La “patente a punti” per la sicurezza del lavoro

Paradossalmente, in questo enorme minestrone normativo – la cui maggior parte è illeggibile per la quasi totalità dei suoi destinatari – spicca per chiarezza la norma contenuta nell’articolo 32 che sostituisce l’articolo 27 del d.lgs. n. 81/2008, riscrivendolo da cima a fondo in una forma decentemente leggibile. La nuova norma, però, non crea uno strumento prevenzionistico nuovo, bensì si propone di perfezionare la disciplina preesistente, più volte modificata tra il 2008 e il 2022, della “patente” di conformità aziendale alla normativa in materia di igiene e sicurezza del lavoro, rilasciata dall’Ispettorato del Lavoro, necessaria all’impresa o al lavoratore autonomo per operare nei cantieri edili.

Per ottenerla, oltre al possesso del D.U.R.C. (documento unico di regolarità contributiva), del  D.V.R. (documento di valutazione dei rischi) e  del D.U.R.F. (documento unico di regolarità fiscale), i soli requisiti sostanziali sono costituiti dall’adempimento degli obblighi di formazione specifica in materia antinfortunistica e di tutela della salute in azienda. La novità consiste nella previsione che la “patente” attribuisca all’impresa o al professionista inizialmente una dotazione di 30 “crediti”, suscettibili di essere progressivamente persi – analogamente a quanto è previsto per la patente di guida – in conseguenza dell’accertamento di violazioni della normativa prevenzionistica, o della responsabilità del datore di lavoro per infortuni (20 punti in caso di morte, 15 in caso di inabilità permanente, 10 in caso di inabilità per periodi superiori a 40 giorni): una sanzione amministrativa ulteriore oltre a quella penale che colpisce omicidio o lesioni colpose e l’omissione dolosa di misure di prevenzione . Quando i crediti scendono sotto la soglia dei 15, all’impresa o al professionista è inibito di operare nei cantieri come titolare di un appalto, di un subappalto o di un incarico di collaborazione. Nei casi più gravi la patente può essere sospesa per 12 mesi. I crediti persi possono essere recuperati mediante la frequenza di corsi di formazione.

L’idea potrebbe anche essere buona, come lo è stata quella della patente di guida “a punti”. Ma, al pari di tutte le idee buone, essa richiederebbe di essere attuata attraverso la predisposizione di un progetto discusso adeguatamente, predisposto e “ingegnerizzato” anche sulla base della sperimentazione in un’area limitata che ne consenta un’accurata taratura e la verifica degli effetti. Fatta, invece, sull’onda della reazione emotiva al disastro del 16 febbraio, senza passare né per il necessario vaglio della discussione tra gli esperti della materia, né per quello di una seria discussione parlamentare, essa corre un alto rischio di non essere attuata nel modo più efficace. E il rischio che il solo effetto sicuro sia quello di un appesantimento burocratico.

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