IL DIBATTITO AL SENATO SULLA RIDUZIONE A 15 ANNI DELL’OBBLIGO SCOLASTICO PER GLI APPRENDISTI

LA QUESTIONE DEL CHE FARE PER I QUINDICENNI RENITENTI A PROSEGUIRE GLI STUDI DOPO LA MEDIA INFERIORE NON VA SOTTOVALUTATA, MA NON LA SI PUO’ NEPPURE RISOLVERE CON UNA SCELTA REGRESSIVA, CHE FA ARRETRARE ULTERIORMENTE IL NOSTRO PAESE NELLE GRADUATORIE INTERNAZIONALI E INCOMPATIBILE CON GLI OBBLIGHI CHE ABBIAMO ASSUNTO SUL PIANO EUROPEO

Gli interventi dei senatori del PD Mariangela Bastico, Vittoria Franco, Mariapia Garavaglia, Pietro Ichino, Antonio Rusconi e Luciana Sbarbati, e del PDL Baldassarri, in tema di apprendistato e stages, nel dibattito sul “Collegato-lavoro” alla Finanziaria 2010 (d.d.l. n. 1167-B), tratti dal resoconto stenografico della seduta pomeridiana del Senato del 3 marzo 2010 – V. anche gli interventi di Pietro Ichino e Tiziano Treu su altri aspetti del disegno di legge

BASTICO (PD). Signor Presidente, intendo illustrare l’emendamento 48.6, che contiene la proposta di sopprimere il comma 8 dell’articolo 48. La norma, infatti, consente di stipulare un contratto di apprendistato con ragazzi di 15 anni e prevede che questo valga come obbligo dell’istruzione. È una norma a nostro avviso gravissima, con impatti molto pesanti sul piano sociale e su quello economico, in quanto abbassa l’età minima di ingresso nel mondo del lavoro dai 16 ai 15 anni. L’età minima era stata fissata dalla legge finanziaria 2007 (articolo 1, comma 622) a 16 anni, in coerenza con l’innalzamento a 16 anni dell’obbligo di istruzione. «L’istruzione impartita per almeno 10 anni è obbligatoria», così recita la norma.

Ed allora chiedo alla maggioranza e al Governo se ritengono accettabile oggi, nel 2010, abbassare l’età di ingresso nel mondo del lavoro; il Partito Democratico risponde assolutamente di no. Egualmente non è accettabile che, poiché esiste una notevole quantità di abbandono e di dispersione scolastica – l’ISFOL ha stimato in 126.000 i ragazzi che non sono né a scuola né alla formazione professionale, dunque cifre molto gravi, tra le più alte d’Europa – a fronte di un così grave tasso di abbandono, si decida di regolarizzare il tutto mandando i ragazzi a lavorare prima. Non è accettabile, rappresentante del Governo, che su questo tema valga la logica del male minore; così come non è accettabile che si risponda all’abbandono scolastico dicendo che è meglio che i ragazzi vadano a lavorare il più presto possibile se non sono capaci di stare a scuola.

L’unica reale risposta all’abbandono scolastico è quello di contrastarlo e di farlo attraverso investimenti adeguati sulla scuola media e sui primi anni della scuola superiore, su cui si concentrano in particolare gli abbandoni scolastici. Lo si deve fare con investimenti nei laboratori, nell’innovazione, nelle esperienze scuola-extra scuola, nelle esperienze di stage e anche di alternanza scuola-lavoro. Certamente, tutto il contrario di quello che sta realizzando oggi il ministro Gelmini ed io chiedo al sottosegretario Viespoli di non confondere, come viene fatto e come è stato fatto in quest’Aula, il ruolo dell’alternanza scuola-lavoro, dello stage e dei percorsi di esperienze lavorative dentro la scuola o all’interno della formazione professionale, con il contratto di apprendistato.

L’apprendistato non è un percorso di istruzione, è un contratto di lavoro, mentre stage alternanza scuola-lavoro ad esperienze lavorative si situano all’interno di percorsi scolastici e formativi, perché volti all’apprendimento e accompagnati da docenti, tutor e da personale educativo. È questa la differenza sostanziale, mentre l’apprendistato è un puro e semplice contratto di lavoro.

Lascio immaginare a tutti i senatori come può essere qualificato e come può essere formativo un contratto di lavoro fatto per un ragazzino di 15 anni, debole sicuramente, emarginato, che ha abbandonato la scuola, che non ha neanche, in alcuni casi, la terza media e che probabilmente a stento sa leggere e scrivere. Voglio ricordare che anche nel contratto di apprendistato formativo cui si fa riferimento in questa norma, (quello che deve essere applicato ai minori di 18 anni) le ore di formazione sono 240. Raffrontiamo queste 240 ore con le 800, 900 o 1.000 che corrispondono invece ad un percorso di carattere scolastico. Voglio ricordare – anche questi sono dati dell’ISFOL – che nel 2007 solo 6.500 ragazzi (meno del 20 per cento dei ragazzi minori che fanno apprendistato) hanno potuto usufruire di una formazione esterna alle imprese.

Quindi, ci troviamo di fronte a una norma che abbassa l’obbligo di istruzione di un anno (da dieci a nove anni) e che abbassa di un anno l’età minima per l’ingresso nel mondo del lavoro. Chiedo al Senato di essere molto consapevole, molto responsabile e molto attento su questa scelta, perché spetta a noi decidere, ovviamente ignorando la vulgata popolare secondo la quale chi non ha voglia di studiare è bene che vada a lavorare molto presto, soffermandosi invece sugli effetti reali di questa norma: riducendo di un anno l’investimento nell’istruzione si ridurranno le opportunità di futuro dei ragazzi, soprattutto di quelli più deboli e in difficoltà; si abbasserà ancora la bassissima mobilità sociale che c’è in questo Paese, per cui sempre più chi ha dei genitori formati e che hanno una buona professione avrà un’opportunità di lavoro, mentre tutti gli altri saranno esclusi: si bloccherà ancora di più la mobilità sociale. Si ridurrà la possibilità di sviluppo economico, occupazionale e di prodotto interno lordo perché, come ci hanno autorevolmente mostrato importanti indagini dell’OCSE e recenti studi della Banca d’Italia, un innalzamento di un anno dell’istruzione obbligatoria comporta un aumento dell’occupazione e dello sviluppo del prodotto interno lordo.

Pregherei tutti di rileggere un importantissimo studio della Banca d’Italia del novembre dello scorso anno che si intitola «I rendimenti dell’istruzione», nel quale si dimostra che l’istruzione, con il 7 per cento di rendimento rispetto al capitale investito, è l’investimento più elevato che un Paese può fare. Vi chiedo, quindi, di non approvare questa norma. (Applausi dal Gruppo PD).

[…]

ICHINO (PD). Signor Presidente, poiché già in Commissione il Governo ha espresso parere negativo sull’emendamento 48.8 che riguarda gli stage, chiedo al ministro Sacconi di chiarire gli intendimenti del Governo su questa materia. In Italia abbiamo circa 400.000 stage censiti di cui una buona metà si svolgono seriamente, mentre gli altri costituiscono una forma di sfruttamento gratuito della manodopera giovanile, chiediamo al Governo se ha intenzione di affrontare questa questione o ritiene che questa parte del mercato del lavoro debba essere abbandonata a sé stessa, nonostante quanto accade sotto i nostri occhi quotidianamente. (Applausi dal Gruppo PD).

[…]

RUSCONI (PD). Signor Presidente, vorrei partire dall’ordine del giorno G48.100, se è possibile. Signor Presidente, colleghi, l’Italia negli ultimi dieci anni nel campo dell’istruzione ha preso impegni ben precisi in Europa, tra i quali quello di aumentare il numero dei diplomati. Il ministro Moratti aveva messo molto chiaramente tra i suoi obiettivi il diritto-dovere all’istruzione e alla formazione fino a 18 anni; molto più realisticamente il Governo Prodi aveva inserito nella finanziaria 2007 l’obbligo all’istruzione fino a 16 anni di età, con l’inserimento nel mondo del lavoro a 16 anni. Un obbligo all’istruzione che favoriva la formazione professionale triennale, quella più seria che ad esempio i colleghi della Lega Nord dovrebbero conoscere bene, come quella della Lombardia e del Veneto, che viene messa in crisi da questo provvedimento.

Attraverso quella formazione professionale triennale si permetteva agli alunni che non avevano ottenuto la licenza media di recuperarla. Ora, con questo provvedimento si consente ad un ragazzo di 15 anni che non ha la terza media di affrontare il mondo del lavoro con un contratto di apprendistato, cioè si ritorna ad una situazione precedente al 1962. Si badi bene, noi siamo favorevoli all’alternanza scuola-lavoro, ma sul presupposto del primato del livello formativo e del livello educativo. Per questo, signor Ministro, vorremmo la sua attenzione, altrimenti potrebbero emergere delle incomprensioni come è accaduto prima e ce ne sono già state abbastanza oggi.

PRESIDENTE. Signor Ministro, la prego di seguire.

RUSCONI (PD). Signor Ministro, noi siamo anche disponibili a verificare questo contratto di apprendistato, impegnando il Governo, con l’ordine del giorno G48.100, a prevedere un adeguato numero di ore di formazione, non inferiore al 50 per cento, parametrato anche alle migliori esperienze europee e italiane, da svolgersi in strutture esterne alle aziende, come accade all’estero, prevedendo un sistema di autorizzazione alle aziende, di definizione delle qualifiche e dei requisiti per i tutor come già in vigore in alcune Province autonome del nostro Paese, il requisito minimo del diploma di scuola secondaria di primo grado, perché non sarà più recuperabile in altro modo.

Quando infatti si è detto che i ragazzi poco motivati dalla scuola saranno comunque recuperati dalla strada, mi domando: per quanto tempo, con lavori precari, con scarsa preparazione, con nessuna professionalità? Non sono invece proprio questi ragazzi, cosiddetti difficili – fermo restando il valore educativo del lavoro, che nessuno nega – quelli che hanno esigenza di apprendere un po’ più di inglese, di matematica, di buona formazione, anche per poter meglio competere domani nel mondo del lavoro? (Applausi dai Gruppi PD e del senatore Pardi).

PRESIDENTE. I restanti emendamenti si intendono illustrati.

BALDASSARRI (PdL). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BALDASSARRI (PdL). Signor Presidente, solo per completezza di informazione, in riferimento all’intervento della senatrice Bastico, che ha citato correttamente lo studio della Banca d’Italia, devo precisare che nello studio della Banca d’Italia si dimostra che il rendimento più alto si ottiene dall’investimento in istruzione con una media del 7 per cento; ma nello stesso studio si dice che per ottenere quel risultato occorre anche tener conto della dispersione e cioè della meritocrazia, cioè della istruzione in base al merito. L’intervento sul piano sociale, quindi, semmai va fatto ex ante, nelle fasce iniziali dell’istruzione e non ex post, quando la selezione classista per condizioni di reddito familiare è già avvenuta.

Nello stesso studio, quanto alla dispersione, si dice che quella media del 7 per cento deriva da un rendimento del 30 per cento sulla fascia alta dei nostri studenti (il 10 per cento); da un rendimento del 10 per cento sulla seconda fascia, che copre un 40 per cento; e da un rendimento pari a zero (qualche volta, sotto lo zero) sul restante 50 per cento. La collega Bastico sa meglio di me che la media ponderata fa 7 per cento, ma che la meritocrazia spinge a puntare su chi merita investimenti per l’istruzione nel nostro Paese.

Nel caso della formazione sul lavoro, si dimostra che, piuttosto che disperdere anni inutili in una formazione scolastica a rendimento zero (o sotto zero), è molto meglio, per la persona e per la collettività, una formazione sul posto di lavoro. (Applausi dal Gruppo PdL).

GARAVAGLIA Mariapia (PD). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GARAVAGLIA Mariapia (PD). Signor Presidente, mi è venuto spontaneo chiedere di parlare brevemente, a causa del tempo contingentato, dopo l’intervento del professor Baldassarri. Un professore, cioè una persona che deve avere a cuore sommamente di rimediare e, come la nostra Costituzione richiede, di rimuovere gli ostacoli. Noi abbiamo bisogno di una scuola che diventi accattivante, signor Sottosegretario, e che trattenga i ragazzi a scuola. Ma dove li mandiamo? A 15 anni, comunque, se hanno frequentato due volte la prima, la terza e la quarta, dove sono questi ragazzi?

L’OCSE ci ha detto oggi che l’Italia vanta il seguente record in Europa (e ritengo che noi leggiamo gli stessi documenti). Un ragazzo su due, in Italia, ha successo scolastico a seconda del reddito dei genitori. Io vorrei elevare questi ragazzi, mentre voi volete che il figlio dell’operaio faccia l’operaio e che il figlio dell’imbianchino faccia l’imbianchino! Voi volete che l’immigrato non vada a scuola! (Applausi dal Gruppo PD. Commenti del senatore Izzo).

VIESPOLI, sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali. Ma guarda che succede a Scampia! Oggi i ragazzi fanno i camorristi!

GARAVAGLIA Mariapia (PD). Noi abbiamo bisogno che, a 15 anni, i ragazzi possano restare a scuola e alternare lavoro e istruzione. Non troverete artigiani e imprenditori che possano fare istruzione, cioè la parte teorica; essi faranno la parte pratica. Siccome il senatore Castro ha parlato di complessità e io seguo il suo ragionamento, se noi avremo lavoratori ignoranti, essi non parteciperanno ai processi di innovazione. Noi abbiamo bisogno di chi, lavorando, sappia anche come lavorare e non è quella l’età in cui si possano apprendere, oltre alle manualità, anche le competenze intellettuali.

A noi sembra che questo sia stato uno scivolone. Nello stesso Governo il ministro Gelmini voleva apportare riforme alla scuola secondaria; anche se noi non le abbiamo condivise, vi era però il tentativo di diminuire l’impegno scolastico, in termini di ore, per fare sì che la scuola fosse attrattiva e che vi fossero più ore di matematica e di inglese, cioè quelle materie che servono per vivere, semplicemente, anche non per avere un diploma. Questo articolo 48, in un Governo che dovrebbe essere collegiale, va addirittura contro l’impostazione stessa del ministro Gelmini. Ci dispiace che il Consiglio dei ministri prima, attraverso il ministro Sacconi, e le aule parlamentari poi, si siano rivolti alla Commissione lavoro e che questa abbia pensato di chiedere un parere alla 7a Commissione.

Qui è in gioco il destino dei ragazzi. A proposito di portar via la gente dalla strada, una persona che se ne intendeva, Giovanni Falcone, affermava che servono più maestri che poliziotti. Noi, invece, mandiamo questi ragazzi sulla strada.

Per questo motivo, non possiamo condividere l’impostazione di questo articolo e voteremo contro. (Applausi dal Gruppo PD).

ASCIUTTI (PdL). Anche con le mani si impara!

SBARBATI (PD). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SBARBATI (PD). Signor Presidente, in tanta animata discussione credo che qualche volta si finisca per assumere posizioni assolutamente inconciliabili in maniera definitiva, mentre si dovrebbe avere a cuore l’interesse dei giovani ai quali facciamo riferimento.

Vorrei ricordare alla collega Mariapia Garavaglia che c’era anche un’altra persona molto attenta ai problemi del disagio giovanile, soprattutto in una fascia particolare quella quale quella degli adolescenti: si chiamava Don Bosco. Il sistema preventivo dell’educazione, soprattutto nei confronti dei ragazzi che avevano particolari difficoltà di inserimento nella scuola e un rendimento scolastico bassissimo, prevedeva l’avviamento ad un’educazione professionale, chiamiamola così, attraverso l’apprendistato e l’inserimento immediato nel mondo del lavoro; in tal modo si volevano evitare disarticolazioni della personalità e, soprattutto, una devianza che altrimenti non si sarebbe più recuperata.

Di fronte a questa proposta del Governo ho delle perplessità, perché trovo che sia avulsa o, quantomeno, non inserita in un contesto complessivo che guardi al problema della devianza minorile quale questione da affrontare essenzialmente, come diceva la collega Bastico, attraverso, anzitutto, un percorso di solida preparazione di base. Quando questo non è possibile, però, bisogna dare ai giovani, che sono nell’età evolutiva, la possibilità di recuperare questo svantaggio culturale tempestivamente, attraverso l’inserimento nel mondo del lavoro, che non deve essere il lavoro forzato, ma un lavoro altamente e profondamente educativo. Si può fare educazione professionale anche in un laboratorio, in un’officina, in stage precostituiti, ma essi debbono comunque essere inseriti in un disegno quadro molto più ampio e certamente meno ingessato, approssimativo, superficiale e improvvisato di quello di cui stiamo discutendo. (Applausi dal Gruppo PD).

[…]

FRANCO Vittoria (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FRANCO Vittoria (PD). Signor Presidente, come è chiaro dagli interventi che mi hanno preceduto, voteremo contro l’articolo 48 proprio perché contiene la norma di cui ha parlato la senatrice Bastico prima: quella che prevede che l’obbligo di istruzione possa essere assolto nell’apprendistato. Per noi questa è una norma inaccettabile, regressiva e punitiva.

Diciamo che è un atto di leggerezza, di grande leggerezza da parte del Governo e della maggioranza verso i giovani. È regressiva perché fa tornare indietro la legge vigente, è regressiva rispetto agli obiettivi che ci pone l’Europa, la quale ci chiede di fornire più istruzione obbligatoria e non meno istruzione; ci chiede di ridurre la dispersione scolastica, di aumentare il numero dei diplomati.

Quando abbiamo chiesto in Commissione quale potesse essere la ratio di questa norma, la risposta è stata la più banale – mi consentano il Presidente ed i colleghi – e la più deresponsabilizzante verso i nostri adolescenti. Ci è stato detto, ed è stato ripetuto ora dal senatore Baldassarri: vanno all’apprendistato perché non hanno voglia di studiare. Ecco. E poiché non hanno voglia di studiare consentiamo che sulla loro testa si facciano contratti di lavoro al di fuori di ogni percorso formativo, a 15 anni. Chi li accompagnerà nell’apprendistato? Chi si prenderà cura di questi ragazzi ? Nessuno. Saranno abbandonati a loro stessi. (Applausi dal Gruppo PD).

Vi siete dimenticati, colleghi, che stiamo parlando di adolescenti. (Commenti del senatore Asciutti).

Ma una scuola responsabile – io credo – si dovrebbe chiedere perché non hanno voglia di studiare, come rimediarvi, come rendere la scuola più interessante anche per quegli studenti che sono più restii allo studio. Certo, colleghi, lo so che è più facile la scorciatoia della deresponsabilizzazione della scuola. Sicuramente si risparmia, ed è ciò che voi volete e che vuole il ministro Tremonti: infatti ci sono sempre meno insegnanti nella scuola, meno insegnanti di sostegno; sempre più difficile il contatto tra docente e studenti; classi sempre più numerose. State creando una scuola che esclude e non che include. Siete molto lontani da quella scuola del «non uno di meno» che noi vogliamo. Certo: il sapere è anche saper fare, manualità, creatività individuale, ma c’è una tradizione pedagogica di prima grandezza nel nostro Paese basata sull’apprendimento attraverso l’attività dei laboratori. Valorizziamo quella attraverso la sperimentazione, ma restiamo dentro il percorso di istruzione.

Voi fate una perniciosa confusione tra istruzione, formazione e, per di più, apprendistato. Non sono la stessa cosa, colleghi; l’ho detto in Commissione e lo voglio ripetere in Aula: è l’istruzione che dà gli strumenti per imparare ad imparare e continuare a farlo lungo tutto l’arco della vita, per affrontare il lavoro flessibile, per sviluppare la capacità di aggiornarsi, di imparare una lingua ad usare le nuove tecnologie. Senza questi strumenti minimi si creano degli emarginati sociali.

Colleghi, è destinato a salire dopo questo vostro provvedimento il numero di coloro che non riusciranno ad integrarsi nel mondo del lavoro: altro che coesione sociale, senatore Castro. Allora noi votiamo no, perché non vogliamo e non tolleriamo che i nostri ragazzi paghino lo scotto della vostra miopia, della vostra leggerezza e della vostra irresponsabilità. (Applausi dal Gruppo PD. Congratulazioni).

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