GRAN BRETAGNA: LA LAICITA’ DI UNO STATO APPARENTEMENTE TEOCRATICO

UNA RIFLESSIONE DI RITORNO DA UNA VISITA AL PARLAMENTO BRITANNICO

Articolo pubblicato su la Stampa dell’8 marzo 2009

            La Regina o il Re, in Gran Bretagna, oltre che capo dello Stato è anche capo della Chiesa anglicana; la quale è a tutti gli effetti qualificabile a sua volta come “Chiesa di Stato”. Della House of Lords, la Camera alta di Londra, fanno parte di diritto gli Arcivescovi di Canterbury e di York, i Vescovi di Londra, Durham e Winchester, nonché altri ventuno vescovi diocesani. Parrebbero, queste, le caratteristiche tipiche di uno Stato teocratico: potremmo, cioè, pensare che queste siano le premesse per lo sviluppo di un ordinamento civile fortemente permeato dal principio di conformità della legge a una volontà divina. Altrimenti, perché tanti interpreti autorizzati di quella verità siederebbero di diritto in Parlamento?

Accade invece che nessuno, in quel Parlamento, abbia mai la pretesa di possedere una verità direttamente desumibile dalle Sacre Scritture circa le misure legislative migliori da adottare. Neppure sulle materie eticamente più sensibili, come il matrimonio, l’aborto, la ricerca sulle cellule embrionali, il trattamento medico al confine tra la vita e la morte. In quelle splendide aule i Vescovi, pur legittimati a interloquire direttamente, di fatto se ne astengono, così rendendo quotidianamente “a Cesare quel che è di Cesare”; né pretendono che altri si faccia portatore di verità rivelate per loro conto. Ciò consente di sperimentare la laicità come metodo di incontro e cooperazione per il bene comune tra persone di fede diversa, assai più di quanto si faccia nel nostro Parlamento, dove i Vescovi formalmente non mettono mai piede. Donde una conclusione: la laicità di uno Stato è frutto più della cultura della nazione, che delle sue istituzioni.

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