UN CASO DI BUONA POLITICA E DI CATTIVA INFORMAZIONE

NON È CORRETTO COMMENTARE IL VOTO DEL SENATO SUL CASO AZZOLLINI SENZA DAR CONTO NEPPURE IN ESTREMA SINTESI DI QUANTO RISULTA DAGLI ATTI GIUDIZIALI A CARICO DELL’IMPUTATO

Lettera al Direttore del Corriere della Sera, pubblicata il 31 luglio 2015 – In argomento v. anche la mia risposta a un lettore, precedente al voto del 29 luglio in Senato, seguita da una presa di posizione sostanzialmente identica del vice-presidente del Gruppo dei senatori Pd Giorgio Tonini..

Caro Direttore, nel Corriere di ieri mi ha colpito molto che nessun articolo, e neppure l’editoriale di Massimo Franco intitolato Da giustizialisti a garantisti (solo per interesse), fornisse alcuna notizia sugli argomenti sulla base dei quali il Tribunale di Trani chiede l’autorizzazione all’arresto del senatore Azzollini. Quel titolo e l’omissione di questa informazione essenziale sembrano dare per scontato che, in Parlamento, il voto “Sì” a una richiesta di autorizzazione all’arresto di un parlamentare possa soltanto essere espressione di “giustizialismo”; e il voto “No” soltanto espressione di “garantismo”. Come se in questa decisione gli argomenti del giudice a sostegno della richiesta non avessero alcun peso. Le cose, per fortuna, non stanno così; e proprio il caso Azzollini, se si guarda bene ciò che è accaduto in Senato, lo dimostra.

L’8 luglio la Giunta per le Autorizzazioni ha approvato a maggioranza, anche con i voti dei componenti Pd, la proposta del relatore in senso favorevole all’autorizzazione all’arresto. Nei giorni seguenti alcuni senatori Pd non appartenenti alla Giunta – tra i quali il sottoscritto – si sono letti gli atti giudiziali, apprendendo che:
   a) l’unica prova dell’accusa rivolta al senatore Azzollini di avere operato come “amministratore occulto” di una Congregazione di religiose finita in bancarotta è costituita dalla frase di argomento oltraggiosamente urologico rivolta alle medesime, ormai tristemente famosa; senonché di quella frase – drasticamente negata dall’imputato – non esiste alcuna prova degna di questo nome;
   b) l’unico movente del comportamento di cui il senatore Azzollini è imputato, secondo il GIP, essendo escluso ogni scopo di lucro, sarebbe costituito da “interessi di tipo politico, costituendo la Congregazione un bacino di consenso politico-personale di notevole portata”;
   c) l’altro comportamento che viene imputato ad Azzollini consiste nell’essersi adoperato in Senato per l’approvazione di norme di esenzione fiscale, delle quali anche la Congregazione avrebbe beneficiato.
Nei casi precedenti ho votato a favore dell’autorizzazione all’arresto, non avendo ravvisato indizi di scorrettezza nell’operato dei giudici. Questa volta invece sono rimasto sconcertato, e con me diversi altri colleghi, da quella che ci è apparsa come una vera e propria confessione esplicita, nell’impianto accusatorio, della pretesa di mettere sotto controllo giudiziale proprio ed essenzialmente l’attività parlamentare. Per non dire dell’anomalia dell’arresto come misura cautelare, in una situazione nella quale il rischio di fuga appare nullo, e non si vede come possa temersi un inquinamento delle prove o la reiterazione del reato dal momento che l’amministrazione della Congregazione è attualmente affidata a un commissario.
Abbiamo dunque ritenuto nostro dovere far circolare in seno al Gruppo le osservazioni di cui sopra, manifestando il nostro orientamento nel senso di un voto contrario. È accaduto così che l’orientamento prevalente del Gruppo, nel senso del “Sì” fino a venti giorni prima, si è spostato nel senso del “No”. E non “per interesse” (in questo caso l’interesse politico sarebbe stato semmai quello di assecondare l’orientamento dal proprio elettorato nettamente prevalente, nel senso del “sì”), ma esclusivamente per considerazioni inerenti al caso specifico. E per senso di giustizia: il senatore Azzollini verrà processato come qualsiasi altro cittadino, ma da questo all’arresto preventivo del parlamentare in via cautelare ci corre davvero troppo.
A me sembra un episodio di buona politica. E, semmai, di difettosa informazione dell’opinione pubblica.

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