CHE COSA PENSA NAPOLITANO DELLA TURCHIA

ERRORE FU INTERROMPERE, ANNI FA, SENZA ALCUNA DECISIONE FORMALE, LA PROCEDURA APERTA PER UNA POSSIBILE ASSOCIAZIONE O COOPTAZIONE DELLA TURCHIA NELLA UE: QUESTO HA FAVORITO LA DERIVA AUTORITARIA DEL SUO GOVERNO – QUESTO PERÒ NON LA ASSOLVE DALLA COLPA DI AVER PROVOCATO, CON L’ABBATTIMENTO DELL’AEREO RUSSO, UN INCIDENTE GRAVE CHE POTEVA ESSERE EVITATO

Intervento dell senatore a vita Giorgio Napolitano nella seduta pomeridiana del Senato del 2 dicembre 2015, nel corso della discussione sulle dichiarazioni del ministro degli Affari Esteri Paolo Gentiloni sulla crisi internazionale in atto.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Napolitano. Ne ha facoltà.

NAPOLITANO (Aut (SVP, UV, PATT, UPT)-PSI-MAIE). Signor Presidente, onorevoli senatori, desidero innanzitutto esprimere la mia convinta adesione alle indicazioni di carattere generale che ci ha dato qui il ministro Gentiloni, specie per quanto riguarda la molteplicità dei livelli, dei piani e dimensioni a cui si deve ispirare la nostra strategia all’indomani dell’offensiva terroristica così sanguinosamente abbattutasi su Parigi.

È giusto dire che dobbiamo perseguire, se necessario, un’azione militare non disgiunta da un’azione politico-diplomatica e da un’assai lungimirante iniziativa culturale, specie nei confronti delle comunità musulmane che vivono nel nostro Paese e che dobbiamo ben guardarci dal confondere con gli agenti spietati del terrorismo guidati dal sedicente Stato islamico. Non vorrei peraltro che definendolo sedicente, pensassimo di risolvere un problema complesso, che è precisamente quello del tentativo del fondamentalismo islamico di darsi dimensioni di Stato (ISIS o IS, Islamic State).

Vorrei, in modo particolare, dire anche che le mie considerazioni – il ministro Gentiloni comprenderà, come io comprendo lui – si ispireranno forse a una minore cautela diplomatica. La mia è oggi una minore esposizione istituzionale e forse posso consentirmi qualche maggiore franchezza su alcuni passaggi. Si dice che si devono evitare gli errori della missione in Libia. Voi ricorderete che abbiamo discusso di ciò agli inizi di febbraio di quest’anno in un ampio di dibattito e io mi permisi allora di osservare che l’errore grave è consistito in una sorta di disimpegno di larga parte della comunità internazionale nella fase successiva a quella dell’intervento militare e della caduta del colonnello Gheddafi. Non che non si vedesse la necessità di un approccio costruttivo al Governo di una Libia liberata dalla dittatura del colonnello Gheddafi, ma ci fu in realtà – lo ripeto – una sorta di vero e proprio disimpegno di larga parte della comunità internazionale. Detto questo, vedo che c’è in giro la tentazione di dare giudizi sommari sulla missione del marzo 2011 e sulla partecipazione dell’Italia a quella missione sulla base della risoluzione n. 1973 del Consiglio di sicurezza, preceduta dalla risoluzione n. 1970, che possiamo definire ultimativa. Questi sono documenti di cui forse qualcuno ha perso la memoria. La partecipazione italiana venne convalidata da un voto del Parlamento, comprendente maggioranza e minoranza. Anche su questo mi pare che sia necessaria da parte di chiunque molta cautela. (Applausi dai Gruppi PD e Aut (SVP, UV, PATT, UPT)-PSI-MAIE). Bisogna cioè stare anche attenti a risparmiarsi delle battute che possono essere fonte di equivoci.

Molto bene, dunque, l’iniziativa che il Ministro ha annunciato, che capisco essere consecutiva alla Conferenza euromediterranea, che si aprirà su iniziativa del Governo e sotto la regia dell’Istituto per gli studi di politica internazionale (ISPI), il 10 dicembre. Tendiamo con tutte le nostre forze a dare uno sbocco ai molti tentativi che si sono sviluppati nel corso – ormai possiamo dirlo – di questi anni e guardiamo ad un orizzonte più largo, che è ormai quello della sfida lanciata dal terrorismo di matrice fondamentalista islamica, contro la civiltà, contro i sentimenti comuni di umanità e, in modo particolare, contro l’occidente e contro l’Europa.

Mi sembra di dover osservare che ci sono alcuni punti, molto delicati e molto critici, come è ovvio. Nel vertice NATO – cui si è riferito il ministro Gentiloni – ritengo si debba fare molta attenzione, perché non è possibile che qualche Paese ritenga di poter chiedere solidarietà alla NATO, dopo aver creato dei problemi alla NATO, perché questo è il caso del nostro partner nell’Alleanza atlantica, il Governo turco. Dopo aver creato sicuramente un problema molto serio, in questa fase, non soltanto alla NATO, ma alla comunità internazionale (Applausi dai Gruppi Aut (SVP, UV, PATT, UPT)-PSI-MAIE, PD, AP (NCD-UDC) e Misto) c’è un appello alla solidarietà, che mi pare francamente un po’ impudente e troppo comodo: penso dunque che su questo versante si debba essere molto attenti. Allo stesso modo credo si debba essere piuttosto ponderati nel negoziare con la Turchia un suo rinnovato e accresciuto impegno per quello che riguarda l’emergenza profughi e questo per vari motivi. Ho ascoltato con attenzione il senatore Tremonti, anche se non mi inoltrerò nelle considerazioni di filosofia geopolitica, che egli ci ha qui illustrato. Il collega Tremonti ricorderà che non si può dire che non si sia discusso seriamente di tutte le ragioni ostative rispetto ad un avvicinamento o a un ingresso della Turchia nell’Unione europea. Se ne è discusso per anni e anni, perché le prime domande o i primi passi della Turchia per un’adesione all’Unione europea, nel succedersi dei Governi, risalgono a moltissimi anni fa. Quando poi si decise di aprire il negoziato – che era open-handed, cioè aperto a diversi possibili sbocchi, sia all’ingresso della Turchia a pieno titolo come membro dell’Unione europea, sia ad una qualche forma di speciale associazione, particolarmente stringente e ricca di contenuti e anche di dignità per quel grande Paese – se ne era discusso molto, ma, dopo aver deciso di aprire quel negoziato, con un colpo di penna – si fa per dire: forse non si è nemmeno scritto o firmato nulla – si è deciso di rinnegare la firma, che di certo era stata posta in calce alla decisione unanime del Consiglio europeo di aprire il negoziato con la Turchia. Tale negoziato venne aperto in una fase in cui le tendenze autocratiche, che oggi vediamo in pieno sviluppo, erano assai meno pronunciate e in cui c’era una distinzione tra i ruoli di Capo del Governo e di Capo dello Stato, il che garantiva un ruolo equilibratore. Mi recai in visita di Stato ad Ankara e incontrai sia il primo ministro Erdogan sia l’assai lungimirante e moderato allora presidente della Repubblica turca Gül, che poi è stato colpito da malattia e ha abbandonato il campo, lasciando – diciamolo pure – terreno libero all’unificazione nella sola persona del primo ministro Erdogan anche delle funzioni di Capo di Stato. Ebbene, oggi è molto più difficile di quanto fosse allora proseguire il negoziato e portarlo avanti con tutte le accortezze necessarie. Si è stracciato brutalmente quel precedente impegno. Talvolta dico, in modo non paradossale perché è la realtà, che alcuni anni fa in terra turca mi sentii dire in latino le cose come stavano, perché in latino mi si ripeteva da qualunque mio interlocutore pacta sunt servanda. Era un latinetto da poco, ma che aveva un peso, perché su quella frustrazione rispetto alla marcia indietro di alcuni nostri alleati che imposero il congelamento del negoziato, la Turchia, o il primo ministro Erdogan, ha costruito molto di una posizione tradottasi poi in tendenze repressive all’interno e direi abbastanza avventurose sul piano internazionale.

Ritengo pertanto che certamente occorra tener conto del ruolo che la Turchia sta svolgendo e soprattutto può svolgere rispetto all’emergenza profughi, non chiudendo gli occhi di fronte al fatto che noi abbiamo avuto per lungo tempo (e non faccio questioni di un Governo italiano o di un altro) rapporti con il colonnello Gheddafi, che forse arginava le partenze per l’Europa, ma lo faceva tenendo in autentici lager, in disprezzo di tutti i diritti umani, delle masse di disperati che venivano dal Sahel o da altre aree particolarmente sfortunate dell’Africa (Applausi dal Gruppo PD e del senatore Orellana). Credo quindi che occorra stare molto attenti e non so se si sia andati un po’ oltre nel vertice europeo con la Turchia di qualche giorno fa. Mi auguro che ciò non sia.

Io ho voluto fare queste osservazioni, signor ministro Gentiloni, in uno spirito di piena adesione agli indirizzi che lei ha esposto, con un augurio per il successo di quelle iniziative, ma anche con qualche maggiore attenzione per aspetti che non possono essere trattati senza adeguata ponderazione e fermezza. (Applausi dai Gruppi Aut (SVP, UV, PATT, UPT)-PSI-MAIE e PD).

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