SULLA STRADA DI ICHINO

“UN’AGENDA CHE PARLI ANCHE AL MONDO DEL LAVORO INDIVIDUALE E PRECARIO E CHE SPOSTI IL PD DALLA DIFESA DELL’ESISTENTE AL CAMBIAMENTO. SE NON CI FOSSERO PROPOSTE COME QUELLA DI ICHINO, IL PD DOVREBBE INVENTARLE”

Articolo di fondo, a firma di Paolo Gentiloni, pubblicato su Europa il 30 aprile 2010 – V. anche il mio articolo  pubblicato sullo stesso quotidiano il 28 aprile, cui P.G. fa riferimento

Ha ragione Pietro Ichino quando su Europa invita il Pd a guardare all’insieme del lavoro dipendente e non solo alle forme storiche di lavoro subordinato. La sfera dei diritti non può continuare a discriminare milioni di lavoratori, per lo più giovani precari, che sono privi di tutele perché appartengono solo “di fatto” al mondo del lavoro dipendente. Allargare i diritti del lavoro: non credo si possa eludere questo obiettivo, posto da Ichino e da altre proposte parlamentari del Pd sul contratto unico in nome di una difesa dello status quo arroccata dietro il paravento dell’articolo 18. In nome del quale si rischia di negare nuove tutele a chi oggi non ne ha alcuna.
Non mi stupisce che sul punto esistano idee diverse tra gli addetti ai lavori, molti dei quali hanno alle spalle prestigiose storie sindacali e posizioni assai radicate nel tempo.
Mi stupisce piuttosto che sul piano politico il vertice del Pd non abbia finora fatto di questa questione una nostra bandiera.Siamo in cerca di terapie per curare lo spaesamento che è seguito alle elezioni regionali.
Il voto, infatti, ci ha colpiti anche al di là dei numeri perché non ha registrato conseguenze a nostro favore né per le gravi difficoltà economiche e sociali del Paese, né per gli evidenti segni di crisi della leadership berlusconiana.
Perfino lo scontro tra i due fondatori del Pdl – che fa emergere finalmente un’altra idea di destra, più europea e repubblicana – contiene il rischio di un’Italia a senso unico, dove i limiti di una proposta alternativa riducono il conflitto politico tutto all’interno del centrodestra.
La terapia, andiamo dicendo in questi giorni, va cercata innanzitutto in un’agenda del Pd che più che sui problemi di Berlusconi si concentri sui problemi degli italiani. Un profilo nostro e dell’opposizione che eviti di vederci di volta in volta arruolati come spettatori dello scontro tra finiani e berlusconiani o come tifosi a favore o contro il dialogo sulle riforme istituzionali.
Più di tanti appelli al radicamento territoriale o dei fraintendimenti sul modello leghista – presentato a torto come un modello di attivismo organizzativo – conterà il nostro profilo.
Non basta, tuttavia, proclamare l’esigenza di una nostra agenda. Anche la ricerca di “parole chiave” per il Pd avviata in questa settimana avrà successo se non sarà un gioco a mosca cieca o un sondaggio tra slogan. Agenda e “parole” del Pd devono avere un senso di marcia chiaramente indicato, per non ripetere le esperienze delle “conferenze programmatiche” dei partiti del secolo scorso o dell’enciclopedia programmatica del governo Prodi.
Il nostro senso di marcia dovrebbe porsi almeno due obiettivi. Primo, non ridurci al recinto sociale in cui siamo più insediati – pubblico impiego, scuola e pensionati – e rivolgersi alla maggioranza degli italiani, cominciando dal grande universo del lavoro precario, autonomo, individuale, femminile.
Secondo, spostare la nostra azione e la nostra immagine dal binomio difesa-conservazione al binomio cambiamento- innovazione. C’è molto da difendere, naturalmente, nei valori e negli assetti della repubblica. Ma una forza progressista, e per di più all’opposizione, se smarrisce la spinta a migliorare la realtà anche trasformandola radicalmente, smarrisce se stessa.
Per questo dubito che Il Pd possa definirsi soltanto come partito del lavoro, della difesa dell’unità nazionale e della Costituzione.
Un’agenda che parli anche al mondo del lavoro individuale e precario e che sposti il Pd dalla difesa dell’esistente al cambiamento. Una strada per garantire un quadro comune di diritti a tutti coloro che lavorano, e non solo a chi già gode di una posizione stabile a tempo indeterminato.
Se non ci fossero proposte come quella di Ichino, il Pd dovrebbe inventarle.
Paolo Gentiloni

 

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