SULLA RETRIBUZIONE PER LA FESTA DEL 17 MARZO

NEL REGOLARE LA FESTIVITA’ STRAORDINARIA PER IL 150° DELL’UNITA’ DI ITALIA GOVERNO E MAGGIORANZA SI SONO DIMENTICATI DEL FATTO CHE VI SONO ALCUNE AZIENDE CUI L’ACCORDO INTERCONFEDERALE DEL 1977 SULLE FESTIVITA’ NON SI APPLICA (PER ESEMPIO, ORA, LE NEWCO DI MARCHIONNE)

Selezione degli interventi nel dibattito al Senato sulla conversione in legge del decreto-legge sulla festa del 17 marzo , tratti dal resoconto stenografico della seduta antimeridiana del 23 marzo 2011

PRESIDENTE – Il senatore Ichino ha chiesto la parola. Ne ha facoltà.

ICHINO (PD). Signora Presidente, intervengo solo per una brevissima notazione tecnico-giuridica, che propongo indipendentemente dalle valenze politiche del provvedimento.
Nel 1977 la legge intervenne a ridurre, da 16 a 10, le festività obbligatorie, sulla base di un accordo interconfederale; e lo fece senza introdurre compensi sostitutivi. Il compenso sostitutivo venne introdotto da quello stesso accordo interconfederale, cui la legge dava attuazione solo per quel che riguardava la sospensione festiva del lavoro ma non per l’aspetto retributivo. Il permesso sostitutivo, o la retribuzione aggiuntiva sostitutiva della festività soppressa, conservano dunque come unico fondamento giuridico l’accordo collettivo interconfederale. Altrettanto, poi, è avvenuto per il settore del pubblico impiego; e qui è evidente che il provvedimento in discussione nasce da una preoccupazione riferita soprattutto all’esigenza di non aumentare la spesa pubblica; ma nel settore pubblico il problema della retribuzione della festività non si pone, perché lì i contratti collettivi hanno efficacia erga omnes.
Resta invece il problema tecnico riferito al settore privato: nella norma legislativa che stiamo convalidando facciamo riferimento – per trasferirlo sul 17 marzo – a un obbligo di retribuzione aggiuntiva per la festività soppressa del 4 novembre che, in realtà, non è previsto dalla legge; e poiché l’accordo interconfederale, o il contratto collettivo, che prevede questa compensazione sostitutiva nel settore privato non è dotato di efficacia erga omnes, ci può essere qualche azienda che per difetto di iscrizione a Confindustria o ad altra associazione imprenditoriale firmataria resti fuori dall’area di applicazione della norma collettiva.
Detto questo, mi sembra che, secondo logica, si debba intendere la norma che stiamo adottando, nel caso in cui l’accordo interconfederale non si applichi, come fonte originaria di un obbligo retributivo per il 17 marzo. Tuttavia, la formulazione letterale della norma per questo aspetto è difettosa perché dà per scontato un preesistente obbligo di retribuzione per la festa soppressa del 4 novembre che, in realtà, esiste come obbligo generale solo nel settore pubblico ma non in quello privato. (Applausi dal Gruppo PD)

[…]

PRESIDENTE – Il relatore, senatore Pastore, ha chiesto la parola. Ne ha facoltà.

PASTORE, relatore. Signora Presidente, ringrazio i colleghi intervenuti, le cui parole rappresentano e fotografano sempre uno spicchio di verità. Potrei dire infatti di essere d’accordo con tutti perché ognuno ha fotografato una parte di una verità complessa e articolata della quale, però, dobbiamo saper cogliere i valori fondamentali e ciò che oggi rimane nelle nostre coscienze.
Alcune questioni di carattere più puntuale. Al senatore Pardi ricordo che – come ho già detto in Commissione – sebbene il ricorso a questo decreto-legge possa apparire indubbiamente tardivo, la previsione della festa del 150º anniversario era stata già indicata nel decreto-legge 30 aprile 2010, n. 64 (quindi un anno fa) e che si era ritenuto, probabilmente senza un approfondimento, che fosse sufficiente questa indicazione per avere, in qualche modo, chiuso la questione della festività nazionale. In realtà, ci si è poi resi conto che le ricadute economiche sul settore pubblico e sul settore privato erano tali da richiedere alcune precisazioni, che sono state inserite in questo decreto-legge e, ancora di più, in sede di esame in Commissione. Sul punto, richiamo l’attenzione del senatore Ichino, che tenta, con un emendamento approvato in Commissione (che mi auguro l’Aula approverà definitivamente), di ricomprendere tutte le vicende complesse e articolate che riguardano le ricadute di tale festività fissata per il 17 marzo, ancorché per il solo 2011.
Per quanto riguarda la questione dell’istituzione della Giornata nazionale dell’indipendenza, in Commissione ho invitato i presentatori dell’emendamento x1.0.1 (testo corretto) al ritiro, altrimenti, avrei espresso parere negativo, perché sinceramente sul tema si può ritornare con calma e non è necessaria la decretazione d’urgenza. Desidero però ricordare al senatore Pardi e agli altri colleghi che la festa dell’Unità già è previsto per il 4 novembre, ed è rimasta tale, ma la sua celebrazione è stata spostata alla domenica successiva in base ad uno di quei provvedimenti dell’anno 1977 con cui sono state rivisitate è revisionate sia le festività religiose – naturalmente d’intesa con la Santa Sede – che civili. Con tali provvedimenti sono state conservate la festa nazionale del 2 giugno e quella dell’Unità, del 4 novembre, differendone la celebrazione alla domenica successiva. A ciò si è aggiunta una regolamentazione di carattere economico, alla quale fa riferimento il testo del decreto-legge, che non priva i lavoratori e i datori di lavoro di nessuna delle loro positività economiche che, invece avrebbero potuto essere messe in crisi dalla previsione di una festività senza un’ulteriore normazione. Quindi, per quanto riguarda la situazione di una giornata nazionale dell’indipendenza della Repubblica, ribadisco che esiste già la festa dell’Unità, che è il 4 novembre. Ma dirò ancora di più, e così chiudo la questione, che ritratterò in sede di esame degli emendamenti. Stabilire che la Giornata dell’unità e dell’indipendenza nazionale sia celebrativa e non una festa significa in qualche modo classificare come di serie B detta ricorrenza, la quale invece – a mio sommesso avviso, ma anche grazie all’accoglienza ricevuta sul territorio – meriterebbe comunque una celebrazione di altro livello.
Le giornate nazionali sono oramai diventate tantissime. Si assiste ad una proliferazione delle giornate nazionali, per cui far sommergere anche il 17 marzo in tale situazione mi sembra sconveniente, proprio per la dignità ed il rilievo che vogliamo dare alla ricorrenza dell’Unità d’Italia. (Applausi dal Gruppo PdL)

[…]

PRESIDENTE – Il senatore Ichino ha chiesto la parola per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.

ICHINO (PD). Signora Presidente, dichiaro il voto favorevole del Gruppo del Partito Democratico sull’emendamento 1.1 (testo 3), sul presupposto che, come mi sembra lo stesso relatore abbia convenuto, laddove l’obbligo di trattamento retributivo non abbia fonte contrattuale, la fonte dell’obbligo venga ravvisata nella norma stessa che noi stiamo adottando. Quindi anche le imprese a cui non si applica l’accordo interconfederale (che è fonte dell’obbligo retributivo nel settore privato) devono intendersi obbligate al pagamento della retribuzione per il 17 marzo.

PRESIDENTE – Il relatore, senatore Pastore, ha chiesto la parola. Ne ha facoltà.

PASTORE, relatore. Signora Presidente, intervengo per lasciare agli atti la convergenza su questa interpretazione proposta dal senatore Ichino, anche se – io non sono un esperto di diritto del lavoro – mi riesce difficile immaginare un comparto dove non sia applicata, accettata formalmente o no, una contrattazione collettiva. In ogni caso, questa norma vuole coprire tutte le ipotesi possibili e immaginabili.

ICHINO (PD). Signora Presidente, il relatore avrà difficoltà a immaginarlo, ma è un fatto, non soltanto un’ìpotesi, che recentemente sono state costituite a Torino dalla FIAT le cosiddette NewCo per gli stabilimenti di Mirafiori e di Pomigliano, che non sono iscritte a Confindustria e che quindi sarebbero sottratte all’applicazione di una disposizione collettiva. Il mio scrupolo, pertanto, non è affatto di natura puramente teorica.

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