“MA CHE COSA CI STAI A FARE NELLA CGIL (E NEL PD)?”

NEL MOVIMENTO SINDACALE ITALIANO IL CONFRONTO DELLE IDEE SEMBRA ESSERSI DEL TUTTO INCEPPATO, SE A UN RAGIONAMENTO CRITICO SI RISPONDE CON UN “VATTENE ALTROVE”

I due messaggi qui riprodotti si riferiscono alla mia Lettera sul lavoro  pubblicata sul Corriere della Sera del 6 maggio 2011 – Segue la mia risposta a entrambi con una controreplica di Leonardo Caponi e il commento di un lettore In proposito v. anche la lettera del segretario generale della FILLEA-CGIL di Modena del 9 maggio 2011, di segno opposto rispetto ai due messaggi precedenti e il mio editoriale del 15 novembre 2010, A Ferrara non si può, sull’episodio della contestazione nei miei confronti di sei dirigenti della Cgil di Ferrara;

Messaggio del 6 maggio 2011
Caro Ichino, ho letto del tutto casualmente sul Corriere della sera il tuo articolo di oggi, che giudico raccapricciante. Ma perchè non cambi sindacato e ti iscrivi alla Cisl?
Leonardo Caponi, ex senatore di Rifondazione Comunista

Messaggio del 7 maggio 2011
Sono iscritto alla Cgil da 40 anni, prima come metalmeccanico, ora come pensionato. Molte sono state le lotte fatte e tante perse,come quella della scala mobile: ci avevano detto che quella era l’origine di tutti i guai dell’economia italiana. Bisognava abolirla. L’abbiamo fatto. Non bastò. Pochi anni dopo riformammo gli scatti di anzianità. Non bastò. Nel 1992 la più grave crisi economica del dopoguerra ci convinse ad una politica di moderazione salariale. Non bastò. Riformammo le pensioni. Non bastò. Riforma Biagi. Non è bastata neanche quella. Sarà forse per l’articolo 18 che l’Italia non riesce a decollare, che continuiamo ad avere disoccupazione elevata, deficit pubblico elevato, scarsa produttività. Per fortuna ora ci pensa Marchionne. […]
Leggendo il suo articolo mi è sorta spontanea una domanda: ma che ci sta a fare dentro la Cgil? […]
Senza rancore
Armando Clementi

Entrambe queste lettere mi attribuiscono lo stesso “tradimento” che la Cgil da una decina d’anni a questa parte rimprovera alla Cisl (e alla Uil). Ma perché tacciare di tradimento quella che è soltanto una diversa visione delle cose e una diversa strategia sindacale per la promozione degli interessi dei lavoratori? A me sembra, poi, che la Cgil dovrebbe oggi essere un po’ più cauta nel muovere questa accusa, considerando quante volte è risultato che, nella contrapposizione passata con la Cisl, fosse quest’ultima ad avere ragione.
Nella mia Lettera sul Lavoro di venerdì scorso ho indicato tre scelte importanti, compiute dalla Cisl nell’arco della seconda metà del secolo scorso, che la Cgil allora avversò duramente, ma che ora, a decenni di distanza, la stessa Cgil riconosce giuste. In questo secolo, poi,  lo scontro si è spostato sulla legge Biagi, accusata dalla Cgil di essere la fonte principale del precariato; ma quando, nei dibattiti pubblici, chiedo al mio interlocutore Cgil di indicarmi un solo tipo di contratto di lavoro precario che sia stato introdotto ex novo(oppure la cui disciplina sia stata allentata) dalla legge Biagi, nessuno me ne sa indicare neppure uno solo. Dunque, anche su questa scelta le accuse roventi mosse a Cisl e Uil erano sbagliate.
Ora, Cisl e Uil sono state accusate di tradimento per il “sì” a Pomigliano e a Mirafiori; ma la Fiom-Cgil ha potuto permettersi di propugnare il “no” soltanto perché lì c’erano i “traditori” a toglierle le castagne dal fuoco, votando “sì” e firmando gli accordi. Dove invece, come alla Bertone di Grugliasco, i “traditori” sono in minoranza, il gioco non funziona più; e allora vediamo i dirigenti della Fiom che lasciano i lavoratori senza indicazioni nel referendum decisivo per il loro futuro (questi ultimi, alla fine, hanno scelto saggiamente di seguire l’indicazione di Cisl e Uil, per evitare la chiusura dello stabilimento; e le firme sull’accordo che salva lo stabilimento sono anche qui solo quelle della Cisl e della Uil).
Nella Cgil ho lavorato per dieci anni, dal 1969 al 1979. Il segretario provinciale della Camera del Lavoro di Milano era Lucio De Carlini, che ci diceva: “Fate pure tutto il diavolo a quattro che volete in azienda, ma a una condizione: che alla fine a un accordo ci si arrivi; altrimenti avete sbagliato qualcosa”. La Cgil di oggi non sembra più condividere quella lezione; e il risultato è che si riduce al paradosso di Pomigliano, di Mirafiori e di Grugliasco: predicare il “no” sperando che vinca il “sì”.
Non è questa Cgil il “sindacato-intelligenza collettiva dei lavoratori” per il quale ho lavorato lungo tutto quel decennio e per il quale mi sono battuto anche per tutti i decenni successivi. Tuttavia so bene che dentro la Cgil ci sono ancora tantissimi iscritti e militanti che disapprovano questa sua deriva inconcludente. Per questo resto membro della Cgil e cerco di lavorare perché prima o poi in essa una svolta maturi. E perché nel frattempo ritorni almeno un clima di rispetto nei confronti degli altri sindacati; e un po’ di quella ragionevolezza che risparmierebbe alla confederazione sindacale maggiore altri errori clamorosi come quest’ultimo commesso alla Fiat e alla Bertone.    (p.i.)

 Controreplica di Leonardo Caponi del 9 maggio 2011:
Dammi retta, cambia sindacato e (credo) anche partito, così ti darà una mano a risolvere la gran confusione che hai in testa!
Leonardo Caponi

Su questa controreplica mi è arrivato il commento interessante di un altro lettore: v. quest’altro messaggio e la mia risposta, che vale anche come risposta a Leonardo Caponi

 

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