LA STAMPA: LA RIFORMA DEL LAVORO NON SI FA COSÌ

I GRAVI DIFETTI DELLA NUOVA MANOVRA VARATA DAL GOVERNO, SUL PIANO DELL’EQUITÀ E SUL PIANO TECNICO, SONO CONSEGUENZA IN PARTE DEL FALLIMENTO DELLA RIFORMA BRUNETTA, IN PARTE DEL DIFETTO DI PROGETTUALITÀ DEL MINISTRO DEL LAVORO SACCONI

Intervista a cura di Luigi Grassia, pubblicata sulla Stampa il 14 agosto 2011

Professor Ichino nella nuova manovra c’è una forte quota di provvedimenti sul lavoro. Le norme sono tante ed eterogenee, ma volendo dare un primo giudizio di sintesi come le sembra che venga affrontata la materia?
La misura di gran lunga più rilevante, in materia di lavoro, è quella tendente a rendere derogabili mediante contratto collettivo tutte le norme che non corrispondano a uno standard fissato da una convenzione internazionale o da una direttiva europea. Mi sembra che ancora una volta, come già più volte in passato, l’intendimento principale del Governo sia quello di depotenziare o svuotare l’articolo 18 dello Statuto del 1970, senza però nominarlo. Questo modo di affrontare la questione finora non ha prodotto alcun risultato.

Perché?
Perché non si può affrontare la questione soltanto dal lato della disciplina dei licenziamenti, senza affrontarla contemporaneamente anche sul versante della sicurezza del lavoratore nel mercato del lavoro. La stessa Banca Centrale Europea indica questa strada, che è poi quella della migliore flexicurity europea.

Ma noi oggi non abbiamo né le risorse né il know-how necessari
In realtà le imprese avrebbero entrambe le cose. Occorrerebbe responsabilizzarle su questo punto, in cambio della flessibilizzazione della disciplina. E si dovrebbe partire da una riforma della materia limitata alle sole assunzioni future. C’è più di un progetto che lo prevede. Ma per questo occorrerebbe che la questione venisse affrontata in modo esplicito e organico. Non mi sembra realistica, poi, questa idea del Governo di delegare per intero una materia così complessa alla sola contrattazione aziendale.

Niente tredicesima negli uffici pubblici che non raggiungono gli obiettivi di produttività: è una cosa corretta?
Occorrerebbe, prima, aver attivato un meccanismo di valutazione indipendente e credibile della produttività delle strutture pubbliche. Era l’obiettivo originario della riforma Brunetta del 2009, che però è stata prima squalificata, con l’esclusione dal suo campo di applicazione della Presidenza del Consiglio e del Ministero dell’Economia, poi smantellata: la manovra finanziaria del 2010 ha tagliato i premi, e l’accordo Governo-sindacati del 4 febbraio scorso ha eliminato le penalizzazioni. La Civit, l’autorità indipendente che dovrebbe essere la chiave di volta del sistema della valutazione indipendente e della trasparenza delle amministrazioni, nel giro di un anno e mezzo ha perso due dei suoi cinque membri e gran parte della sua credibilità, anche per alcuni suoi comportamenti non corretti e non trasparenti. Mancando questo presupposto, come può funzionare una misura di questo genere?

Il posticipo di due anni del Tfr nella pubblica amministrazione è lecito? Si può stabilire una cosa del genere ad arbitrio?
Anche questa mi sembra una misura grossolana, che non distingue meriti e demeriti. È vero che i dipendenti pubblici negli anni passati hanno avuto aumenti retributivi nettamente superiori rispetto ai privati, non legati a corrispondenti aumenti di produttività. Ma la misura resta, ciononostante, molto grossolana.

Eliminare le festività non religiose: è corretto? E’ efficace?
Una riduzione calibrata potrebbe anche avere senso ed essere efficace. Ma non mi è chiaro perché prendersela soltanto con le festività civili. Nel 1977 la Chiesa non oppose alcuna resistenza alla riduzione delle feste religiose; e non avrebbe opposto alcuna resistenza neppure ora, nel quadro di questa manovra, se soltanto il Governo glielo avesse chiesto.

Abolizione di Province, accorpamento di Comuni: serve a qualcosa?
Questa misura mi sembra utile e opportuna.

Ma se tutti gli enti e i loro dipendenti ricorrono al Tar?
Il ricorso al Tar è ammissibile contro un provvedimento amministrativo, non contro una legge.

Anticipato di 4 anni l’innalzamento dell’età pensionabile per le donne: è troppo, troppo poco o è il giusto?
La direzione è quella giusta, ma dovrebbe essere accompagnata da adeguate compensazioni in termini di servizi alle famiglie. Sarebbe stata comunque più accettabile se accompagnata da tagli più seri degli sprechi publici e da misure più incisive, e a carattere progressivo, sui redditi più alti. Io, poi, proporrei anche di intervenire sui grandi patrimoni con una incisiva imposta di successione: è la misura fiscale di gran lunga più coerente con una impostazione genuinamente liberale, che comporta la verifica del titolo del possesso e la parità delle posizioni di partenza.

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