AUGURI E DUE CONSIGLI AL NUOVO SEGRETARIO: APPUNTI SUL DILEMMA DEL PD

LE IDEE-FORZA CON LE QUALI IL NUOVO PARTITO PUO’ RIATTIVARE LA FIDUCIA DEL PAESE NELLA POSSIBILITA’ DI GUARIRE DAI DUE MALI PIU’ GRAVI CHE LO AFFLIGGONO. E IL RISCHIO DI RIMANERE IN MEZZO AL GUADO, TRA LA VECCHIA SPONDA DEL SINDACATO E QUELLA NUOVA DELLA PARTE PIU’ DINAMICA DELLA SOCIETA’ CIVILE

Editoriale pubblicato sul Corriere della Sera del 23 febbraio 2009

            Il nostro Paese soffre di due mali gravi, tra loro connessi: 1) l’inefficienza di molta parte delle sue amministrazioni pubbliche e 2) un tessuto produttivo troppo chiuso all’innovazione, agli investimenti provenienti da altri Paesi, alle nuove generazioni; quindi incapace di crescita già nella congiuntura positiva degli anni scorsi, figuriamoci nella congiuntura attuale di recessione.

            La vecchia sinistra, che Walter Veltroni nel suo bel discorso di commiato ha definito “sostanzialmente conservatrice”, è ridotta al lumicino perché ha gravi responsabilità in entrambi quei mali (mentre la vecchia destra democristiana – che ha essa pure le sue responsabilità ‑ ha saputo evitare di risponderne mimetizzandosi nella nuova). Quanto al neonato Partito Democratico, esso ha suscitato grandi speranze, ma oggi è perdente perché non ha ancora saputo accreditarsi, agli occhi di decine di milioni di italiani, come formazione politica radicalmente nuova e capace di guidare il Paese sulla via di una rapida guarigione da quei mali. Le idee-forza necessarie sono già presenti nel suo patrimonio programmatico; esse vanno tuttavia liberate da qualche “ma anche” di troppo, rese più incisive e facilmente comprensibili da parte dell’opinione pubblica. Occorre, poi, che sia più chiara la determinazione quotidiana e concreta del partito nel perseguirle, anche quando la Cgil non è d’accordo. Sulla distanza, anche la Cgil ne trarrà giovamento.

 

 

 

 

             1. Il Partito dell’efficienza nelle amministrazioni pubbliche. Su questo terreno le idee-forza sono trasparenza totale, valutazione, civic auditing. Il PD deve promuovere e guidare una grande e capillare mobilitazione dei cittadini per la visibilità degli indici di efficienza e produttività di tutti i comparti di ciascuna amministrazione, per la confrontabilità di quegli indici sul piano nazionale e internazionale, per la possibilità concreta di esigere dai dirigenti dei comparti meno efficienti il loro riallineamento alla media, sotto pena di rimozione dall’incarico, per l’eliminazione degli sprechi. Qui occorre una scelta drastica: il PD deve diventare, in modo chiaro e netto, non soltanto il partito dei cittadini contro le vessazioni che essi subiscono per effetto delle inefficienze delle amministrazioni, ma anche il partito della parte migliore dei dirigenti e dipendenti pubblici, mobilitato contro l’inerzia e l’appiattimento dei trattamenti.
            Le risorse che possono essere liberate dal taglio delle spese inutili nel settore pubblico sono enormi; e il metodo della valutazione e della trasparenza, se applicato con rigore, consente di individuare sprechi e inefficienze con precisione. Questo può e deve costituire l’impegno quotidiano, rigoroso, martellante di un partito che vuole guidare il Paese a voltar pagina rispetto a decenni di degrado delle strutture pubbliche. Si obietterà che questo è anche il programma enunciato dal ministro Brunetta; ora, è vero che Brunetta ha intuito l’importanza di questo tema, ma è anche vero che, nel suo disegno di legge originario, di trasparenza totale e valutazione indipendente non c’era traccia: tutta la strumentazione che è stata inserita in quel disegno di legge, destinato a essere varato domani dal Senato, viene dal progetto del PD. Sull’accessibilità dei dati, l’indipendenza degli organi di valutazione, la tecnica del benchmarking comparativo e l’attivazione concreta della lotta agli sprechi, è stato il PD a dettare l’agenda in occasione della prima lettura al Senato, mentre il centro-destra semmai ha frenato su diversi punti. Poi, è vero, alla Camera le preoccupazioni del sindacato hanno prevalso nell’atteggiamento del PD (per i dettagli di questa vicenda rinvio, in questo sito, al Portale della valutazione e della trasparenza nelle p.a.): ma questo, appunto, è uno dei grandi “ma anche” che occorre sapersi lasciare alle spalle.

 

 

2. Il Partito dell’innovazione nel processo produttivo. Il centro-destra ha fatto della “difesa dell’italianità” delle nostre aziende la sua parola d’ordine; e nella vicenda Alitalia la ha messa coerentemente in pratica, con i risultati che tutti possono constatare: un’impresa fragile e marginale nel suo mercato. La parola d’ordine del PD, declinata in tutte le forme possibili, deve essere quella esattamente contraria: “portare in Italia il meglio dell’imprenditoria mondiale”, “allineare il nostro con i Paesi europei più capaci di attirare investimenti stranieri”, per favorire l’ammodernamento e il rafforzamento del nostro tessuto industriale, per aumentare la domanda di lavoro, perché il lavoro in Italia sia meglio valorizzato e meglio retribuito, per garantire le risorse necessarie al sostegno dei più deboli.
            Per questo occorrono – certo – una amministrazione migliore e migliori servizi alle imprese; ma occorrono soprattutto un sistema di relazioni industriali orientato alla “scommessa sull’innovazione” e un diritto del lavoro capace di coniugare il massimo di flessibilità e modificabilità delle strutture con il massimo di sicurezza dei dipendenti. Questo consentirà anche di assicurare alla nuova generazione che si affaccia sul mercato del lavoro il superamento di quel regime di apartheid tra protetti e precari, che oggi la espone a un forte rischio di segregazione nella parte cattiva del sistema.

            Su questo terreno il centro-destra è totalmente immobile. Anche qui è il PD che può incominciare a dettare l’agenda, se è capace di scelte chiare e coraggiose, ivi compresa quella di non attardarsi nell’attesa della maturazione culturale di tutto il movimento sindacale: ad accelerarne la maturazione saranno quelle stesse scelte coraggiose, arricchite dal contributo che già oggi, su questo terreno, stanno dando voci di spicco del mondo delle imprese, come Emma Marcegaglia o Giancarlo Sangalli, e del mondo sindacale, come Giorgio Santini, Paolo Nerozzi, Pierpaolo Baretta, Agostino Megale, Paolo Pirani, Marigia Maulucci, Nicoletta Rocchi, Valeria Fedeli e tanti altri.

            Proprio in questi giorni abbiamo assistito, con le lettere aperte a sostegno del “progetto flexsecurity inviate a Maurizio Sacconi ed Enrico Letta da un gruppo di imprese e da un gruppo di giovani, a un primo episodio assai significativo di convergenza di interessi tra la nuova generazione di lavoratori e la parte del tessuto produttivo più evoluta e aperta all’innovazione. Il nostro Paese ha urgente bisogno di una forza politica capace di estendere, rafforzare e guidare questa convergenza.

            L’obiezione che viene mossa a questa prospettiva è che essa sarebbe troppo rischiosa per il PD. Ma l’alternativa a questo rischio è una certezza negativa: quella di restare perdenti, per l’incapacità di uscire dal guado tra la vecchia sponda e la nuova.


           

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