LA SPINA: PD, LA TENTAZIONE AUTORITARIA

UN PARTITO CHE SI RINCHIUDE IN SE STESSO RIFIUTANDO IL DIALOGO CON I PROPRI INTERLOCUTORI MAGGIORI, PER QUANTO LONTANI, RISCHIA IL FALLIMENTO

Fondo di Luigi La Spina pubblicato su La Stampa il 29 agosto 2012 – In argomento v. anche il mio editoriale telegrafico del 27 agosto

C’ è un partito che si candida alla guida del Paese in un momento molto difficile per l’Italia. È il più forte nello schieramento che si è opposto per molti anni ai governi di Berlusconi.
E tutti i sondaggi lo pongono in testa nelle preferenze degli elettori. Sostiene il governo Monti e, contestando le presunte ambiguità del Pdl nell’appoggio al presidente del Consiglio, accusa quel partito di praticare uno sleale e opportunistico «doppio binario», per non perdere consensi tra i suoi sostenitori. Eppure, questo partito, il Pd di Bersani, ha avuto «il buon gusto», davvero democratico, di vietare la partecipazione del ministro del Lavoro, la torinese Elsa Fornero, ai dibattiti che si svolgono nelle cosiddette feste del Pd, compresa quella che si tiene a Torino.
Tale esclusione è davvero ingiustificabile, sul piano politico e su quello personale, ma riveste un significato inquietante, più generale, perché alimenta dolorosi sospetti su come sia intesa ancora in quel partito la concezione del dialogo e, quindi, della sostanza della democrazia.
La risibile e, ripetiamo, purtroppo inquietante, motivazione di questa scelta è quella di valutare «non in sintonia» il ministro Fornero con le posizioni del Pd. Già è abbastanza grave la contraddizione evidente tra questo giudizio e il sostegno parlamentare a un governo di cui il responsabile delle politiche per il lavoro è parte fondamentale. Ma è ancora più grave che si pensi di dover dialogare solo con chi è «in sintonia» con le idee del partito.
Fa davvero dispiacere che il «social democratico» Bersani autorizzi una simile deriva solipsistica e autoritaria di un partito che, più o meno convintamente, aveva fatto credere la piena conversione all’idea liberale e democratica del dialogo. Quel dialogo che è tale se avviene, appunto, solo tra persone che non sono «in sintonia». È incomprensibile, poi, l’occasione rivelatrice di questo atteggiamento, un atteggiamento che speravamo fosse dimenticato nella storia più buia della vecchia tradizione comunista. Il ministro Fornero, infatti, può certamente aver assunto posizioni discutibili e, magari, anche sbagliate, ma è persona di cultura sicuramente democratica, con un impegno politico sempre nello schieramento di centrosinistra, basti ricordare la sua partecipazione alla giunta torinese di Castellani, il sindaco predecessore di Chiamparino.
È inoltre curioso, per usare un aggettivo benevolmente ironico, che il ministro Fornero sia stato invitato dal consiglio di fabbrica dell’Alenia di Caselle, a maggioranza Fiom, per spiegare le sue posizioni e quel dibattito sia stato esemplarmente duro, ma corretto e civile, mentre non possa fare altrettanto con i simpatizzanti del Pd. I quali, per un’altra decisione sciagurata di quel partito, non possano neanche ascoltare le ragioni di quel sindacato, anch’esso escluso dalle feste «democratiche». Una doppia esclusione che non elide l’errore commesso con Fornero, ma che non raddoppia, perché conferma una concezione profondamente errata del «dialogo».
Da una parte, fa impressione come Bersani, sulla scia dello sfortunato slogan berlingueriano, «partito di lotta e di governo», finisca per riuscire a non fare del Pd né un partito di lotta, né un partito di governo. Perché lascia larghi spazi alla protesta e al disincanto, mentre suscita molti dubbi tra gli elettori moderati, non convinti della sua capacità di affrontare scelte di rinnovamento e di apertura riformatrice, come l’Europa chiede al prossimo inquilino di Palazzo Chigi.
Dall’altra parte, stupisce la quiescenza e la mancata vigorosa protesta di quell’ala del Pd che si autodefinisce «liberal» o che non proviene dalle file del vecchio Pci. Sottovalutare certi atteggiamenti, trascurare questo costume di intolleranza, di dogmatismo che persiste in quel partito è, soprattutto per loro, un grave peccato di autolesionismo. Se, poi, la sera delle elezioni, quando prima o poi arriverà, se ne pentiranno, sarà troppo tardi.
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