CHE COSA MANCA NEL DECRETO POLETTI

PER RIEQUILIBRARE IL DECRETO OCCORRE OFFRIRE A IMPRESE E LAVORATORI, IN ALTERNATIVA AL TRIENNIO DI LAVORO A TERMINE, ANCHE LA POSSIBILITÀ DI UN TRIENNIO DI LAVORO A TEMPO INDETERMINATO SENZA INGESSATURA DEL RAPPORTO

Intervista di Mariangela Pani per Adnkronos del 28 aprile 2014

Lei è il relatore del provvedimento che domani si discute in commissione Lavoro al Senato. Com’è noto le posizioni del Ncd (ribadite oggi in un’intervista al Corriere della Sera dal senatore Sacconi) sono quelle di ripristinare il testo ‘originale’  del decreto, senza le modifiche introdotte alla Camera. Come si annuncia la discussione al Senato? Pensa che il suo sarà un incarico complicato?
Il decreto ha abbattuto il muro che separava domanda e offerta sul versante del lavoro a termine. Poi la Camera ha ricostruito un muretto. Era migliore il testo originario, ma il varco aperto su questo versante resta largo. Il vero difetto del decreto è che esso non scalfisce neppure il muro che separa domanda e offerta sul versante delle assunzioni a tempo indeterminato.

Come lo si può superare?
Nell’editoriale che ho messo questa mattina sul mio sito spiego come, in modo molto semplice, si può in via provvisoria colmare questa lacuna riequilibrando un testo legislativo che, altrimenti, rischia di produrre una drastica riduzione della quota di assunzioni a tempo indeterminato – già molto bassa – sul flusso totale dei nuovi contratti di lavoro. Si tratta di un emendamento aggiuntivo, sul quale c’è una larghissima convergenza di consensi non solo tra i partiti della maggioranza, compresa la sinistra PD, ma anche da parte di Lega e Forza Italia.

Lei ha già ipotizzato un emendamento: ce lo vuole illustrare?
È un emendamento aggiuntivo semplicissimo, di poche righe:
“Entro i primi 36 mesi di durata dei nuovi rapporti di lavoro a tempo indeterminato, quando sia stato superato il periodo di prova il datore può recedere dal rapporto stesso senza necessità di motivazione, fermo l’obbligo del preavviso di cui all’articolo 2118 del codice civile, corrispondendo al prestatore un’indennità pari a due giorni di retribuzione per ciascun mese, o frazione di mese superiore alla metà, di durata del rapporto stesso. Nella durata del rapporto si computa anche la durata dei contratti a termine che abbiano preceduto il contratto a tempo indeterminato fra le stesse parti.”
Tra i punti dove si preannuncia maggior conflitto ci sono quelli relativi all’apprendistato (vincolo della percentuale delle stabilizzazioni e formazione pubblica), e il numero delle proroghe possibili . Quale pensa sia la giusta misura dei due aspetti?
Non mi sembra il caso di fare battaglie sul numero delle proroghe nei contratti a termine: mi sembra più opportuno rispettare il compromesso raggiunto alla Camera. Quanto al vincolo delle conversioni in contratto a tempo indeterminato dei contratti a termine o di apprendistato, il problema verrebbe automaticamente risolto se il contratto a tempo indeterminato nel primo triennio potesse essere sciolto con una indennità di licenziamento predeterminata, proporzionale all’anzianità di servizio. Resta soltanto la questione della formazione nell’apprendistato professionalizzante: qui una correzione del testo della Camera e un chiarimento sull’alternativa possibile tra formazione impartita fuori azienda e quella impartita in azienda sono effettivamente indispensabili.

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