INTERVISTE A FAUSTO DURANTE E TITO BOERI

DURANTE: RIFORME, OPPURE SARÀ DECLINO – BOERI: IL CONTRATTO UNICO OFFRIREBBE ANCHE AI SINDACATI UNA GRANDE OPPORTUNITA’: QUELLA DI RICONQUISTARE ISCRITTI TRA I GIOVANI

Interviste a Fausto Durante, Segretario nazionale della Fiom-Cgil, e Tito Boeri, professore di economia del lavoro all’Università Bocconi e fondatore de lavoce.info, pubblicate su Il Riformista il 12 maggio 2009, a cura di Tonia Matrobuoni

DURANTE: RIFORME OPPURE SARA’ DECLINO
Anche i metalmeccanici della Cgil accettano la sfida del contratto unico. Fausto Durante, segretario nazionale ed esponente della cosiddetta ala riformista della Fiom, è favorevole. Non solo: dopo Nicoletta Rocchi, anche Durante apre alla partecipazione dei lavoratori nelle aziende. E propone alla Fiat di fare da apripista. A Marchionne, in apertura di una settimana importante per le prospettive internazionali del gruppo, il sindacalista chiede chiarezza sugli stabilimenti in Italia ma si dichiara pronto a discutere eventuali sacrifici.

Durante, cosa si aspetta da questa settimana decisiva sul fronte Fiat/Opel e Gm?
Il timore, al momento, è che con l’emergere di questa ambizione internazionale, la Fiat si dimentichi l’Italia. È comprensibile che l’azienda stia cercando la strada per il suo futuro. Ma non si capisce ancora, per quanto riguarda l’Italia, che prospettive abbia.

In Germania Marchionne ha assicurato che manterrà tutti gli stabilimenti ma ha detto che saranno ridimensionati. Voi accettereste un sacrificio dei livelli occupazionali in cambio del mantenimento dei siti?
Pensare di mantenere i livelli occupazionali attuali in una Fiat sempre più globale, mi rendo conto che è illusorio. E mi riferisco anche all’Italia. Ma la Fiat deve parlare con noi in maniera trasparente delle sue strategie. Se va in porto l’operazione General Motors Europa, vogliamo un confronto aperto sul futuro. Se serviranno sacrifici, ne discuteremo.

Cosa pensa invece dell’intesa con Chrysler, della presenza dei lavoratori nell’azionariato?
Di quell’accordo contesto solo una cosa. Che il sindacato si sia impegnato a non scioperare fino al 2015, è una cosa che non comprendo. Nessuno può limitare l’azione del sindacato. Quanto al coinvolgimento dei lavoratori nelle aziende, penso che la Fiat dovrebbe porsi all’avanguardia. La mia suggestione a Marchionne è che anticipi il cambiamento trasferendone la ragione sociale da società per azioni di diritto italiano a europeo.

A cosa servirebbe?
A costruire una prospettiva forte di cogestione anche in Italia. Adesso i modelli sono due: quello duale, con consiglio di amministrazione e di sorveglianza e quello della governance unica attraverso il cda. Io sono per il primo. In un’ipotesi del genere io sarei pronto a sedere nel consiglio si sorveglianza di Fiat accanto a Sergio Marchionne.

Finora il suo sindacato è stato scettico sull’ipotesi di importare la cogestione. Solo Nicoletta Rocchi si è espressa a favore, su questo giornale.
Dobbiamo superare gli steccati ideologici. Il sindacato è di fronte a due ipotesi: il declino o il futuro. Perché oggi torna con prepotenza l’amore per figure come Giuseppe DI Vittorio? Perché è stato capace di dare una prospettiva al sindacato. Oggi sembriamo imprigionati nelle emergenze, nella contingenza: le crisi aziendali, la recessione o i litigi con le altre confederazioni. Invece, dobbiamo indicare una nuova via, anche per dare un senso e un futuro ai nostri giovani. Sono sempre più precari e rischiano di abbandonarsi al nichilismo.

Negli anni scorsi vi siete mostrati piuttosto riluttanti ad affrontare sia il tema della partecipazione dei lavoratori alla vita delle aziende, sia a riforme del mercato del lavoro come il contratto unico. Hanno prevalso, nella Cgil, il modello conflittuale e il totem dell’articolo 18. Che succede?
Succede che dobbiamo dare un senso e un futuro al lavoro, in Italia. Voglio porre alcune domande a chi oggi continua a tacere su queste proposte innovative. Qualcuno può dire che i lavoratori tedeschi stiano peggio, con la Mibestimmung? Qualcuno può affermare che la Ig Metall, il sindacato dei metalmeccanici tedeschi, è meno “puro” perché siede nei consigli di sorveglianza delle aziende? Qualcuno può sostenere che se un tedesco perde un lavoro sta peggio di un lavoratore italiano, con la flexecurity? Sfido chiunque a dire che i salari italiani siano oggi più alti di quelli tedeschi, svedesi o danesi. Il sindacato non deve essere mai complice, ma partecipativo. La contrarietà all’idea della cogestione deriva oggi esclusivamente dal corporativismo o dall’ideologia. Buttiamoci entrambi alle spalle.

Perché condivide la proposta del contratto unico?
I giovani di oggi sono come i cafoni di Di Vittorio, i suoi braccianti di Cerignola. Lui andò in Parlamento e ricordò che era un cafone, che era stato un bracciante pugliese senza diritti e senza futuro. Oggi aggiornare la prospettiva riformista nel sindacato significa anche sconfiggere la posizione maggioritaria nella Cisl. Lì il controllo totale che Bonanni sta esercitando sulla sua organizzazione è l’ostacolo maggiore alla costruzione di un soggetto sindacale unitario.

BOERI: GRAVE SILENZIO SUL CONTRATTO UNICO

Da anni, assieme a Pietro Garibaldi, insiste sulla proposta di un contratto unico con tutele crescenti per tutti i lavoratori, per risolvere la drammatica dicotomia che caratterizza il mercato del lavoro italiano, spaccato in due tra i “vecchi” lavoratori tutelati e tre milioni e mezzo di precari. Una divisione che ha preso la forma negli ultimi anni in un nuovo, drammatico conflitto generazionale a danno dei giovani. In questi ultimi giorni Tito Boeri, economista della Bocconi, ideatore de Lavoce.Info e mente scientifica dell’imminente quarta edizione del Festival dell’Economia di Trento, ha seguito «con interesse» il dibattito che si è sviluppato sul Riformista, a partire da alcune prese di posizioni nella Cgil sul contratto unico. E trova «grave» e «incomprensibile» che la questione non abbia ancora aperto un dibattito più ampio, nel sindacato, nel Partito democratico e nel governo.

Professore, il leader degli Statali della Cgil, Carlo Podda, ha aperto all’idea del contratto unico. Una posizione condivisa anche dalla segretaria confederale del stesso sindacato, Nicoletta Rocchi e dal segretario nazionale della Fiom, Fausto Durante (nell’intervista accanto). Che ne pensa?
È un cambiamento molto, molto importante. Quest’apertura al contratto unico è molto significativa. Riflette il fatto che il sindacato si sta ponendo seriamente la questione della rappresentanza dei lavoratori duali.

Finora è solo la Cgil.
Infatti do atto soprattutto alla Cgil. Anche di aver compreso che durante una recessione, porsi il problema del percorso d’ingresso nel mondo del lavoro, è importante. Giustamente nei primi mesi della crisi ci siamo concentrati sugli ammortizzatori sociali e su come tutelare i lavoratori a rischio. Ma c’è anche un problema molto serio che riguarda i percorsi d’ingresso nel mondo del lavoro.

Che cosa vuol dire?
Guardiamo all’esperienza di paesi come il Giappone e la Svezia investiti da crisi finanziarie negli anni ’90, crisi destinate per loro natura a durare a lungo. Dobbiamo tenere sempre presente che durante le crisi le imprese tendono ad assumere quasi esclusivamente con contratti a tempo determinato. È prevedibile quindi che durante la crisi in atto aumentI ulteriormente la quota – non il numero – di lavoratori con contratti flessibili. Dato l’attuale contesto, è difficile che ricevano una formazione adeguata in azienda. Rischiamo così di ritrovarci un’intera generazione di lavoratori senza una formazione seria, non inseriti stabilmente nelle aziende ma avviati su canali paralleli. E ce li porteremo dietro per molti anni.

Perché questa apertura di una parte della Cgil alla proposta del contratto unico, dunque all’idea di una messa in discussione dell’articolo 18 dello Statuto, è stata accolta freddamente dalla politica, secondo lei? Fu proprio il precedente governo Berlusconi a tentare di intaccare il tabù delle regole sui licenziamenti.
Per una volta, nel sindacato, si fa una riflessione molto più avanzata che altrove. Trovo particolarmente grave il silenzio su questo tema del ministro del Welfare Sacconi. Nel presentare l’ennesimo Libro Bianco ha ribadito che non è il tempo di fare riforme. Al contrario, la Cgil ha compreso che la recessione è invece proprio il momento per fare una serie di riforme. Ripeto, il fatto che superi una serie di tabù che si è sempre portata dietro, è positivo. E dimostra, se ancora ce ne era bisogno, che le crisi sono il momento giusto per fare le riforme. c’e’ piu’ consapevolezza delle emergenze.

Anche il Partito democratico, al di là dell’intervento di Franco Marini su questo giornale, sembra ancora molto defilato sull’argomento.
È vero. Invece, sarebbe il momento che elaborasse finalmente una posizione unitaria sul contratto unico e che calcasse la mano, che l’assumesse come una battaglia.

Concorda con Marini e, oggi, con Fausto Durante della Fiom che paventano il rischio di un declino del sindacato se non saprà assumere proposte innovative come questa?
Assolutamente, anzi, questo declino è già in atto da un po’. Il sindacato italiano è il più vecchio d’Europa. Ha sempre meno iscritti tra I giovani. Anche nei suoi iscritti si vede ormai questa frattura generazionale, si tocca con mano questo circolo vizioso per cui siccome si disinteressano dei giovani, hanno sempre meno iscritti tra le nuove generazioni. Il contratto unico offrirebbe anche ai sindacati una grande opportunità: quella di riconquistare iscritti tra i giovani. Oltretutto, senza intaccare chi gode delle vecchie tutele. E vorrei aggiungere un aspetto che spesso si sottovaluta.

Quale?
Il contratto unico agisce positivamente anche su un altro mercato: quello degli ultracinquantenni. In Italia c’è un problema gravissimo che riguarda il reintegro dei lavoratori più anziani. L’idea di un contratto con tutele graduali ha implicazioni importanti anche per loro. Faciliterà grandemente il loro reingresso nel mercato del lavoro. Oggi sono loro a subire la disoccupazione di più lunga durata in Italia.

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