LA CRISI E IL PRECARIATO

OCCORRE FARE ORA LE RIFORME DI STRUTTURA, PERCHE’ IL PAESE SIA PRONTO AL MOMENTO IN CUI L’ECONOMIA MONDIALE SI RIMETTERA’ IN MOTO

Intervista a cura di Anna Buttazzoni, per il Messaggero Veneto – 13 giugno 2009

D. Quanti sono i precari in Italia e quanti rischiano il posto di lavoro?

R. Secondo i dati forniti dall’Istat e dalla Banca d’Italia, che sono ritenuti attendibili da tutti gli studiosi della materia, in Italia ci sono più di un milione e mezzo di lavoratori subordinati con contratto a termine e più di un milione e mezzo di lavoratori “a progetto” e collaboratori continuativi autonomi, in posizione di sostanziale dipendenza economica dal committente. Ma quelli che non godono di una forte stabilità del posto di lavoro sono molti di più: occorre infatti computare gli oltre tre milioni di lavoratori di aziendine con meno di sedici dipendenti. Per non parlare degli irregolari, che secondo una stima prudenziale sono altri tre milioni e mezzo.

D. Alzando l’età pensionabile si potrebbero liberare risorse utili per gli ammortizzatori sociali. È una formula possibile?

R. Lo Stato versa ogni anno all’Inps circa 70 miliardi per l’equilibrio del bilancio pensionistico, che ammonta a un totale di 210 miliardi. Certo, occorrerebbe spendere una parte di quel contributo pubblico un po’ meglio che per mandare in pensione dei cinquantottenni. Le vere situazioni di bisogno, nella maggior parte dei casi, non coincidono con la situazione di chi si trova intorno ai 60 anni di età. Si potrebbe lasciare elastica l’età del pensionamento dai 62 anni in su, riducendo però il trattamento per chi sceglie di ritirarsi prima dei 65. E il risparmio spenderlo per il sostegno alle persone non autosufficienti, per eliminare i casi di povertà in età infantile, per potenziare il sistema di assistenza ai disoccupati.

D. Il modello e il ruolo dei sindacati vanno ripensati?

R. Devono essere i sindacati a ripensare autonomamente se stessi. Per questo sarà utile che si determini una situazione di vero pluralismo, nella quale visioni e modelli sindacali diversi possano confrontarsi e competere tra loro; in modo che i lavoratori possano scegliere tra i diversi modelli in modo pragmatico, confrontando i risultati. Ma per questo occorre introdurre criteri chiari di misurazione della rappresentatività dei sindacati, in modo che si possa sempre determinare chi ha la maggioranza dei consensi e chi no.

D. È possibile prevedere quando usciremo da questa crisi?

R. Nessuno è in grado di dirlo. La previsione più plausibile è che già a fine anno l’economia mondiale incomincerà a dare dei segni apprezzabili di ripresa. Ma non è chiaro se il nostro Paese sarà pronto, se sarà capace di agganciare la ripresa, accelerando la propria uscita dalla crisi. Occorrerebbe fare ora le riforme di cui abbiamo bisogno. Invece mi sembra che stiamo temporeggiando.

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