COME VA REIMPOSTATA LA BATTAGLIA PRO-GLOBAL

CHI CI CREDE DEVE INCOMINCIARE A PORRE AL CENTRO DEI PROPRI DISCORSI, PER UN VERSO, QUELLO SUI BENEFICI GENERALI PORTATI DALLA CADUTA DELLE FRONTIERE, PER ALTRO VERSO QUELLO SUL COME POSSONO E DEVONO ESSERE INDENNIZZATI E SORRETTI I LOSERS: COLORO CHE DALLA CADUTA DELLE FRONTIERE SUBISCONO UN DANNO

Conversazione con me di Pellegrino Alborese, da lui raccolta per un servizio in corso di pubblicazione sul mensile Prima Comunicazione, ottobre 2016, in riferimento all’appello promosso dalla Adam Smith Society, pubblicato sul quotidiano il Foglio il 3 settembre 2016 – Ivi i link ad alcuni miei interventi precedenti in argomento

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Professor Ichino, com’è nata l’iniziativa dell’appello?
La Adam Smith Society, insieme all’Istituto Bruno Leoni, costituisce un punto di riferimento per diverse persone che, secondo gli schemi del secolo scorso, possono classificarsi come “di destra” o “di sinistra”, e che in diversi casi hanno effettivamente un retroterra politico-culturale di destra o di sinistra. Ma che sono unite nella convinzione che lo spartiacque fondamentale della politica, in tutti i Paesi occidentali, oggi non è quello che passa tra destra e sinistra, bensì quello che passa tra chi intende favorire e governare il fenomeno della globalizzazione e chi invece intende arginarlo, difendendo o addirittura ricostruendo sovranità nazionali e frontiere statali. Il TTIP costituisce un tipico terreno sul quale si svolge lo scontro tra pro-global (di destra o di sinistra) e no-global (anch’essi di destra o di sinistra), fra costruttori di ponti o di reti e costruttori o restauratori di muri. È importantissimo che l’opinine pubblica sia informata correttamente e compiutamente non soltanto sui contenuti specifici e gli effetti prevedibili di questo trattato, sui quali circolano delle sciocchezze gravi, ma anche sulla posta molto più ampia che è in gioco nello scontro fra i due fronti.

globalizzazioneNel testo del vostro appello si fa riferimento all’intenzione di “contribuire al dibattito in Italia, in particolare sul Ttip ma non solo, fornendo al pubblico e soprattutto agli operatori economici un quadro più oggettivo e completo della posta in gioco”. A quali azioni state pensando, anche sul versante della comunicazione?
Il discorso parte dalla questione del TTIP, ma non riguarda certo soltanto questo tema. L’obiettivo strategico è quello di restituire alla politica la credibilità che essa ha perso col continuare a strutturarsi fondamentalmente secondo lo schema destra/sinistra, in una stagione nella quale questo schema non corrisponde alla scelta fondamentale di fronte alla quale i Paesi occidentali (tutti) si trovano. I rappresentanti politici dei pro-global, se vogliono vincere, devono esplicitare il proprio essere tali e incominciare a porre al centro dei propri discorsi, per un verso quello sui benefici generali portati dalla globalizzazione, che sono molti e di enorme valore; per altro verso quello sul come devono essere individuati, indennizzati e sorretti i losers, cioè coloro che transitoriamente subiscono un danno dalla globalizzazione. Il dibattito sul TTIP si presta bene per affrontare in modo chiaro entrambi i temi.

Affrontarli con quali mezzi e in quali forme?
Certo, i mezzi di comunicazione dei firmatari dell’appello sono limitati; ma questo non ci esime dal fare ciascuno la sua parte fino in fondo. Per quel che mi riguarda, ho creato sul mio sito un portale esplicitamente dedicato proprio a questi temi e a questa battaglia. Ho una media di circa mille visitatori al giorno: la speranza è che i contenuti proposti vengano ripresi da media più potenti.

ttipQuali sono i rischi che corre l’Italia in caso di fallimento del negoziato sul TTIP?
Se il TTIP non entrerà in vigore l’Italia perderà una grande occasione di sviluppo oltre-atlantico del proprio export in un gran numero di settori nei quali le nostre imprese sono difficilmente battibili: dall’alimentazione di qualità all’abbigliamento; dalla moda al design; dalle macchine utensili alla meccatronica. La caduta degli ostacoli al libero scambio, in questi settori, consentirebbe a molte nostre imprese di dimensioni medio-piccole di ingrandirsi, di investire di più in ricerca e sviluppo. Ci saranno ovviamente anche imprese più deboli che rischieranno la chiusura; ma se sapremo assicurare un facile trasferimento della forza-lavoro da queste a quelle forti, in condizioni di sicurezza economica e professionale per i lavoratori interessati, anche questi losers finiranno coll’essere dei winners.

I populismi che hanno preso piede su entrambe le sponde dell’Atlantico hanno davvero compromesso in maniera irrimediabile il dibattito intorno agli accordi di nuova generazione?
Suggerirei di non parlare, a questo proposito, di “populismi”: è un termine che svaluta indebitamente la posizione e le ragioni di chi si oppone alla globalizzazione. Sì, sul TTIP in questo momento stanno segnando dei punti a loro vantaggio; ma se i rappresentanti politici dei pro-global sapranno contrapporre ai loro argomenti le ragioni fortissime che sorreggono questo progetto di trattato e altri analoghi, alla fine potranno essere loro a vincere la partita. Per questo dico che gli argomenti di chi è contrario non vanno snobbati, come facciamo quando li tacciamo di populismo: sono argomenti che hanno una loro ragionevolezza, non sono pura demagogia. Hanno solo il difetto di essere fortemente regressivi. E il regresso, in questo caso, significa ritorno alle vecchie sovranità nazionali, che – come diceva Mitterrand – significa alla fine, in un modo o nell’altro, il ritorno al metodo della guerra. Questo è il messaggio di fondo che abbiamo cercato di veicolare con il nostro appello.

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