BENE L’IMPOSTA DI SUCCESSIONE, MA PER I GIOVANI OCCORRONO RIFORME PIÙ INCISIVE

Buona l’idea dell’imposta di successione, che tassa le cose, se utilizzata per ridurre l’imposizione sulle attività: in particolare potrebbe servire per la riduzione selettiva dell’imposizione sui redditi di lavoro femminile; non altrettanto buona l’idea della “dote” per i giovani, per i quali occorrono riforme assai più incisive

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Articolo di Andrea Ichino pubblicato su il
Foglio il 28 maggio 2021 – In argomento v. anche i numerosi articoli e documenti pubblicati su questo sito raccolti nel portale dedicato al tema del Finanziamento indiretto degli atenei mediante il sistema degli income contingent loans

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Andrea Ichino

Il “populismo”, di destra o di sinistra, affronta situazioni complesse con scorciatoie che raccolgono consenso in qualche parte della pancia del Paese ma che, nella migliore delle ipotesi, curano solo i sintomi senza incidere sulle cause profonde dei problemi. Il rischio opposto è il “benaltrismo” che boccia ogni proposta perché si focalizza su aspetti marginali mentre “i problemi veri sono sempre ben altri”.

La proposta di Enrico Letta, di aumentare la tassa di successione al fine di finanziare una dote per i giovani meno abbienti, pecca di populismo da un lato (la dote), ma non deve essere buttata a mare in nome del “benaltrismo” dall’altro lato (la tassa di successione).

Come già osservato da molti, l’aumento della tassa di successione non è un tabù, perché è finalmente una tassa che colpisce quasi solo le cose inerti e non le persone o le loro attività. Quindi ben si concilia con le posizioni del neoliberismo, al contrario di quando ad esempio affermato da Vincenzo Visco su Il Mulino. Solo la destra corporativa di chi vive di rendita si oppone a questa misura. Ben venga, dunque, questa tassa, a patto che il suo gettito sia utilizzato per ridurne altre, come suggerito anche da Tito Boeri e Roberto Perotti. Ad esempio, per ridurre il cuneo fiscale a carico delle donne, con gli effetti desiderabili di una tassazione differenziata per genere che chi scrive ha studiato insieme ad Alberto Alesina. Tuttavia, senza cadere nel “benaltrismo”, meglio ancora sarebbe se di tassa di successione si discutesse all’interno di una riforma razionale dell’intero sistema fiscale che questo paese da troppo tempo attende.

Non si riesce invece a capire a cosa possa servire una dote di 10 mila euro a circa 280 mila 18enni italiani, scelti sulla base dell’ISEE della famiglia, a meno che l’obiettivo sia solo guadagnare “populisticamente” qualche consenso in più. In questo caso, è proprio necessario permettersi un po’ di “benaltrismo” perché scorciatoie come questa allontanano la discussione sulle riforme complesse e incisive di cui il paese ha bisogno, così come un’aspirina fa passare il dolore ma rende meno urgente trovare la vera cura della malattia.

Le difficoltà dei giovani italiani dipendono da una scuola fatiscente (maltrattata di nuovo dall’ultimo accordo ministero-sindacati del 20 maggio), da un sistema universitario lontano anni luce da quelli che all’estero funzionano meglio, da un mercato del lavoro che protegge oltre ogni limite ragionevole gli adulti a scapito di chi cerca un primo impiego, da un sistema di welfare fondato sulle famiglie, dalle quali quindi non conviene allontanarsi, piuttosto che da servizi pubblici efficienti.

Ciascuno di questi quattro ambiti (scuola, università, mercato del lavoro e welfare) richiede riforme che non possono limitarsi a cambiare qualche rotella dell’ingranaggio, lasciando il resto invariato. La toppa nuova sul vestito vecchio raramente migliora la situazione. Esistono numerosi progetti, anche di diverso orientamento, che mirano a rinnovare interamente ciascuno dei quattro vestiti, ma non vengono mai presi in considerazione seriamente dai politici (purtroppo nemmeno dal PD), perché è difficile far crescere con essi il consenso: troppe sono le lobbies che in un modo o nell’altro verrebbero toccate da questi progetti.

Ma davvero il PD pensa che una dote di questa entità possa anche solo contribuire a risolvere il problema strutturale di un paese disegnato per gli anziani e incapace di dare prospettive attraenti ai giovani?  Tra l’altro, un reddito Isee basso non sempre identifica situazioni di bisogno e quindi la probabilità che questa dote finisca nelle mani sbagliate sarebbe molto alta.

Nella migliore delle ipotesi, i 10mila euro saranno una boccata d’ossigeno per qualcuno. Più probabilmente saranno soldi buttati al vento.  I giovani italiani non hanno bisogno di un po’ di ossigeno, hanno bisogno di aria completamente nuova, quella che purtroppo trovano solo in altri paesi.   Facciamo una scommessa: quanti giovani che stanno meditando di andare all’estero rinunceranno a farlo per la prospettiva di ricevere 10mila euro? Temo nessuno, e questa sarà la dimostrazione di quanto inutile sia questa dote.

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