RIFORMA ELETTORALE: PERCHÉ IL REFERENDUM NON È PRATICABILE

IL METODO DELLA CONSULTAZIONE POPOLARE È SEGUITO NEI PAESI PiÙ CIVILI, MA PRESUPPONE CHE IL PARLAMENTO SIA IN GRADO DI SELEZIONARE DUE IPOTESI – LA SOLUZIONE MIGLIORE È COMUNQUE UN SISTEMA CON DOPPIO TURNO DI COALIZIONE COORDINATO CON LA RIFORMA COSTITUZIONALE CUI STA LAVORANDO IL GOVERNO  

Intervista a cura di Edoardo Petti, pubblicata sul sito Formiche.net, 12 dicembre 2013

Ritiene che oggi la Sua idea, tradotta nel disegno di legge costituzionale della passata legislatura, possa essere auspicabile e applicabile per sciogliere l’impasse sulla riforma elettorale e farlo nella forma più rispettosa della sovranità popolare? Pensa di riproporla?
Il metodo del referendum popolare per la scelta tra due modelli di legge elettorale, seguito in passato da alcuni Paesi anglosassoni e in particolare ultimamente, nel 2010, dalla Gran Bretagna, costituisce un modo civilissimo in cui fare la riforma elettorale. Ma perché esso sia praticabile occorre che il Parlamento sia in grado di selezionare due opzioni possibili.

Per esempio?
Si può pensare alla scelta tra un sistema proporzionale “alla spagnola”, cioè con collegi piccoli, e un sistema uninominale; oppure tra un sistema con o senza premio di maggioranza. Il problema, è che in Italia oggi le alternative in discussione sono molto più numerose; e il Parlamento non riesce neppure a selezionarne due, per chiamare il Paese a una scelta referendaria, che deve necessariamente essere binaria.

Prima di giungere a celebrare l’eventuale consultazione popolare dovrebbe comunque essere approvata una legge costituzionale ad hoc. E i tempi previsti al riguardo dall’articolo 138 della Carta fondamentale sono molto lunghi. Pensa che la lunghezza dei tempi rappresenti una contro-indicazione?
Il problema dei tempi non è il più grave, né il più difficile da risolvere. Il problema più grave nasce dall’inconcludenza che caratterizza la nostra politica in questo momento.

Se l’ipotesi del referendum non risultasse percorribile, ritiene possibile approdare a una riforma elettorale effettiva in tempi brevi e di quale tipo?
A me sembra che la cosa più importante di cui il nostro Paese ha bisogno, su questo terreno, è un doppio turno di coalizione, che consenta di attribuire un premio di maggioranza alla coalizione che nel ballottaggio ottenga il 50 più uno per cento dei consensi. Questo meccanismo può coniugarsi sia con un sistema basato sul collegio uninominale, che io considero il preferibile, sia con un sistema proporzionale con collegi piccoli, alla spagnola, che a mio avviso potrebbe costituire un second best accettabile. Ma in ogni caso è essenziale che la riforma elettorale sia ben coordinata con la riforma costituzionale e la nuova forma di governo che ne uscirà.

Ritiene realistico che con la nuova leadership democratica di Matteo Renzi si possa arrivare a un meccanismo compiutamente e coerentemente maggioritario di collegio?
L’elezione di Renzi alla segreteria del PD con più di due terzi dei voti costituisce un fenomeno in controtendenza rispetto alla tendenza generale all’entropia, alle spinte centrifughe e al frazionismo, che in questo periodo caratterizzano tutte le altre forze politiche. Questo, obiettivamente, rende più facile che una soluzione si trovi. E poiché condivido le scelte enunciate da Renzi su questo terreno, nel senso di un sistema maggioritario con doppio turno di coalizione, non posso che rallegrarmi dell’accelerazione che la sua elezione ha impresso all’iter parlamentare della riforma elettorale.

Lei, però, appartiene a un partito relativamente piccolo, che non dovrebbe avere interesse alla conferma, né tantomeno al rafforzamento, del bipolarismo.
Scelta Civica è oggi un partito piccolo. Ma questo non ci impedisce di guardare prioritariamente all’interesse generale del Paese. Se vogliamo che la politica nazionale diventi più concludente, e al tempo stesso più responsabile, è necessario un sistema di alternanza bipolare. D’altra parte, il meccanismo del doppio turno consente che nel primo turno anche le formazioni più piccole possano conquistare la propria rappresentanza, salvo poi compiere la propria scelta per il ballottaggio tra le due coalizioni in lizza sulla base della maggiore o minore affinità dei programmi.
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