LO STRANO MODO DI RAGIONARE DELLA VECCHIA SINISTRA SUL LAVORO

PER IMPEDIRE CHE SI TOCCHI L’ARTICOLO 18, I DIFENSORI A OLTRANZA DEL TABÙ OTTENGONO IL RISULTATO DI FARE DEL CONTRATTO A TERMINE LA FORMA ORDINARIA DEL RAPPORTO DI LAVORO

Editoriale telegrafico per la Nwsl n. 291, 7 aprile 2014 – In argomento v. anche La ghiotta occasione per Renzi di riformare il lavoro, del 29 marzo scorso, e la mia relazione introduttiva al seminario Confindustria del 3 aprile, La battaglia sul contratto a termine e il contratto a protezioni crescenti

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SEL, sinistra Pd e Cgil insistono nel denunciare la liberalizzazione dei contratti a tempo determinato ‘senza causale’ disposta dal decreto-legge Poletti, sostenendo che, in questo modo, “d’ora in poi tutte le assunzioni avverranno in questa forma: per i primi tre anni tutti saranno assunti a termine, e alla fine del triennio saranno sostituiti”.
Proposta di SC, condivisa da molti parlamentari Pd: “Allora anticipiamo nel decreto, con la legge di conversione, la previsione del contratto a tempo indeterminato a protezioni crescenti, applicando almeno per i primi tre anni, in questo caso come in quello del contratto a termine ‘senza causale’, una identica indennità di cessazione del rapporto come unico ‘filtro’ della scelta di licenziare: per esempio una mensilità per anno di anzianità; così per l’imprenditore diventerà addirittura più conveniente assumere a tempo indeterminato, e ci sarà un incentivo a lasciare che il rapporto prosegua, piuttosto che sostituire il lavoratore.”
Risposta: “No, perché in questo modo si precarizza anche il contratto a tempo indeterminato.”
Replica: “Ma non siete voi stessi a dire che d’ora in poi tutti verranno assunti a termine?”
“L’articolo 18 non si tocca.”
“Insomma, ora per la conversione del decreto che cosa proponete?”
“Di ridurre il periodo massimo di libertà del contratto a termine a due anni.”
“Così i lavoratori saranno sostituiti al termine di un biennio invece che di un triennio!”
“Se dipendesse da noi, il contratto a termine torneremmo a vietarlo del tutto.”

È con questo ragionare che, ormai da più di un quarto di secolo, per difendere l’inamovibilità dei lavoratori la vecchia sinistra ottiene il risultato diametralmente contrario, facendo solo gli interessi di chi è già dentro la “cittadella” contro quelli di chi ne è escluso.

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