COME CONTINUARE IL LAVORO INCOMINCIATO CON SCELTA CIVICA

IL RUOLO DEI LIBERAL-DEMOCRATICI NEL NUOVO BIPOLARISMO – LA RISPOSTA A DUE MESSAGGI DI DIVERSO ORIENTAMENTO MI OFFRE L’OCCASIONE PER FARE IL PUNTO SUL DIBATTITO IN CORSO IN SENO AI DUE GRUPPI PARLAMENTARI SC E SULLA MIA POSIZIONE PERSONALE

Messaggi pervenuti rispettivamente il 1° e il 6 giugno 2014 – Segue la mia risposta a entrambi – In argomento v. anche il mio secondo editoriale telegrafico del 26 maggio 2014

È TEMPO DI RIENTRARE NEL PD DI RENZI
Caro Pietro,
ti sembrerò cinico e trasformista, ma io, a cose fatte e col senno di poi, penso che la tua uscita dal PD (nonché il ritiro della mia adesione ad esso), sia stata precipitosa perché non aveva previsto il nuovo corso che Renzi avrebbe dato al PD stesso. Con questo non dico che la posizione di  Renzi sia pienamente condivisibile (ad es. vorrei una più forte – e più intelligente – lotta alla evasione fiscale, vorrei che la legge fosse molto più rigorosamente applicata per tutti, che la lotta alla criminalità organizzata fosse dichiarata “senza quartiere”), ma accarezzo l’ipotesi che tu, per tua caratteristica di valore aggiunto, in assoluto, ad un partito, ammettendo francamente la suddetta eccessiva precipitazione, ritorni a far parte del Partito Democratico. Ritieni che io vaneggi? Può darsi, ma mi sia di scusa il fatto che sono a un passo dal compimento dei 90 anni e che, come è noto, l’apparato neuronale, inevitabilmente, risente della tarda età.
Con affetto Roberto Giannarelli
Roma

NO, È TEMPO DI RILANCIARE LA RAGION D’ESSERE ORIGINARIA DI SC
Caro Pietro,
ho una fissazione, purtroppo, che è quella di cercare un senso logico e razionale alle cose, ai fatti, alle parole ed agli eventi. Lo so, è abbastanza dura vivere così. Ma non mi do pace in questi giorni, dopo che ho vissuto un mese di campagna elettorale  bellissima, piena di argomenti, ragionamenti, temi importanti, di politica con la P maiuscola, programmi ben scritti, incisivi, concreti, un mese nel quale ho incontrato cittadini fantastici (alcuni molto meno!) ed io che non sono iscritta a SC ( che ho votato)  che non ho mai partecipato ad una riunione di partito, ho avuto il piacere di conoscere diversi esponenti di SC ed applicando una semplice regola statistica casalinga se i 7/8 esponenti di SC che ho conosciuto valgono per me tra il 7 ed il 10 mi pare di poter dire che a livello generale le competenza, le capacità, siano alte, davvero molto alte. E allora voglio capire che cosa succede.
Lo scorso we accadono alcune cose: Mario Monti dice che “ Renzi sta attuando la  mia agenda”. Poi esco di casa e mi compro e leggo tutto il libro di Cerasa Le catene della sinistra. E la fissazione prende sempre più corpo, i pezzi del puzzle devono incastrarsi sennò non sto bene.
E mi vado a rileggere l’Agenda monti, cambiare l’Italia riformare l’Europa, 25 pagine. Per inciso la sottoscritta “in solitaria” il 29 settembre (come la canzone) del  2012, se ne era andata a Roma al Teatro Adriano, per la verità trovando là non molte altre persone, a discutere sul tema PD e Agenda Monti e la considerazione fu che la carta d’intenti del PD  che sottoscriveva Matteo Renzi era molto distante dai contenuti programmatici dell’Agenda Monti. I punti determinanti e caratterizzanti l’agenda Monti erano  e sono questi.  Strada per la crescita: finanza pubblica nel rispetto del pareggio di bilancio; riduzione drastico dello stock del debito pubblico; dismissione del patrimonio pubblico non utilizzato o mal utilizzato; riduzione del prelievo fiscale; riforma del sistema tributario; spending review; riforma della PA. Liberalizzazioni: al centro del programma. Fare della legge annuale sulla concorrenza lo strumento regolare di azione di rimozione dei vincoli e blocchi che ingessano l’economia. Mettere al centro dell’economia la concorrenza: rivitalizzare la vocazione industriale dell’Italia, aumentare gli investimenti per la ricerca e l’innovazione mediante crediti strutturali d’imposta. Continuare sulla strada del decentramento della contrattazione salariale. Scuola: rafforzare i sistemi di valutazione Invalsi e Indire. E poi mi vado a rileggere Cambiare verso, il documento di 17 pagine  del programma congressuale di Matteo Renzi, il programma che espone  al suo partito per diventarne il segretario e che indica come linea  di programma di governo.  La semplice sovrapposizione dei due programmi evidenzia in modo chiaro e inequivocabile come i punti sopra citati qualificanti e determinanti l’Agenda Monti manchino completamento nel programma di Renzi. Non ci sono.  E che temi! E ci bado bene, se sul tema del lavoro, della semplificazione, c’è convergenza tra i programmi ed il governo Renzi sta inequivocabilmente spingendo su quei versanti, le altre tematiche che in sintesi definirei “liberali e liberiste” non sono ora in agenda ma in “Cambiare Verso” neppure ci sono! E sono le linee di liberalismo, e di apertura al mercato e alla concorrenza, e di meno Stato, che imporrebbero sicuramente la vera rottura con l’establishment della sinistra tutta che sostiene Renzi. Che non è solo rottura con l’establishment, ma rappresenterebbe il vero e nuovo modo di fare politica di una forza liberale e democratica che è trasparente e  chiara,  anche nel sostenere in Italia un vero lobbismo anglosassone, che è l’opposto delle reti di potere sotterranee  che in questi ultimi anni hanno supportato la sinistra italiana.
E  qui sicuramente entra prepotente  l’influenza del  capitolo del libro di Cerasa “Quatto potere”. Si va dal Britannia in poi, nomi cognomi e fatti, politici, banchieri, grandi imprese, grandi sindacati,  che non vanno giudicati con l’occhio limitato e moralista del “complottismo”  ma semplicemente come una modalità , un metodo  che è agli antipodi della “società aperta” liberale popperiana.  Ernesto Rossi nel suo “ I padroni del vapore” denuncia la collusione dei grandi industriali dell’establishment con il fascismo. In un celebre convegno contro i monopoli fu nota la sua polemica con Costa allora (1955) presidente di Confindustria. E disse: “Come si può rimettere ordine nel caos del patrimonio industriale dello stato se il Governo per soddisfare i gruppi capitalistici e operai più rumorosi continua ad aumentare la confusione, rilevando tutti i bubboni industriali abbandonati per la strada dall’iniziativa privata? I capitani d’industria trovano come interlocutori nell’apparato statale politici e dirigenti che, sfruttando i mille risvolti della burocrazia e la loro posizione, si avvantaggiano di essere il trait d’union fra politici e industriali”. E così la sinistra post tangentopoli ha perpetrato quel nefasto modello. E di qui la fonte, a mio modesto avviso, anche degli scandali odierni. Ad un certo punto del libro di Cerasa a pag. 216 si dice  che “Gregorio Gitti oggi del gruppo Per l’Italia (genero di Bazoli) lavora per ricongiungere alle prossime elezioni il mondo montiano con quello renziano. Io non conosco il signor Gitti e non so se quello che scrive Cerasa sia vero, so solo che nell’Agenda Monti sono descritti molti atti urgenti e riforme improrogabili  da compiere per la nostra economia di cui fino ad ora Matteo Renzi non ha mai parlato. E per la verità di cui non ha mai neppure scritto.
Per concludere questa serie  di pensieri e suggestioni un po’ in libertà, vorrei capire che cosa frena quei deputati, senatori donne e uomini con cariche ed incarichi  di governo di SC  che ho avuto l’onore di conoscere, e tutti i sostenitori di SC,  dal riappropriarsi della loro “Magna Carta”, l’agenda di  una vera e propria scelta liberale democratica, anche per ampliarla e rimodularla, e attirare l’elettorato  liberale che vuole di più, molto di più in una prospettiva futura, di un partito socialista che sicuramente siamo felici cerchi di attestarsi sui migliori modelli dei partiti socialisti europei, ma che non può “spezzare le sue catene” perché a mio avviso non sono  catene ma sono il suo DNA identitario.
Grazie per la tua attenzione.
Gemma Mantovani
Cremona

LA MIA OPINIONE

Non fu eccessiva precipitazione – Una convinzione mi accomuna agli autori di queste due lettere: un partito non è e non deve essere mai una chiesa, nella quale si crede per la vita e per la morte; un partito è uno strumento organizzativo necessario per l’efficacia dell’azione politica di un insieme di persone che condividono uno stesso obiettivo. Quando, un anno e mezzo fa, abbiamo fondato Scelta Civica, abbiamo inteso dotarci dello strumento necessario per contrastare un bipolarismo sbagliato: più precisamente, per offrire agli italiani schierati a sostegno della strategia europea dell’Italia un’opzione alternativa sia rispetto alla destra berlusconiana, poco europeista e invisa all’Europa, sia rispetto all’asse Bersani-Vendola, a parole favorevole a quella strategia ma in concreto contrario o riluttante rispetto a tre delle riforme che ne costituiscono i necessari corollari (mercato del lavoro, amministrazioni pubbliche, liberalizzazioni). Pur con tutti i suoi difetti e limiti, che sono emersi fin dai primissimi passi, nel 2013 lo strumento Scelta Civica è stato indispensabile ed efficace per conseguire un risultato altrimenti impossibile: se SC non si fosse presentata alle elezioni politiche, con tutta probabilità Silvio Berlusconi avrebbe vinto il premio di maggioranza alla Camera e avrebbe avuto buone possibilità di farsi eleggere Presidente della Repubblica; se, invece, la coalizione PD-SEL fosse riuscita ad avere la maggioranza in entrambi i rami del Parlamento, Matteo Renzi avrebbe dovuto attendere cinque anni prima di poter riproporre la propria candidatura (e avrebbe rischiato, per così dire, di perdere l’abbrivio). Rispondo dunque a Roberto Gennarelli: non fu eccessiva precipitazione. Fare quel che abbiamo fatto un anno e mezzo fa è stato un servizio prezioso per il Paese, almeno nell’ottica in cui credo anche lui si ponga. Una conferma è data proprio da quegli stessi elettori di SC che due settimane fa hanno spostato il loro voto sul PD renziano: non lo avrebbero fatto con il vecchio PD bersaniano; se ora hanno potuto disporre di questa opzione è proprio perché un anno e mezzo prima avevano votato SC.

Ma ora, in un sistema in cui finalmente i poli maggiori competono al centro… – Per la prima volta nella storia della Repubblica abbiamo partecipato a un confronto elettorale tutto giocato sulla conquista del centro; ed è lo straordinario successo del PD a trazione renziana che ci offre ora la possibilità di costruire un sistema bipolare (necessario per una sana alternanza al governo del Paese) connotato permanentemente da questa caratteristica, propria delle democrazie più progredite. Purché, ovviamente, ora anche il centrodestra si ristrutturi per poter competere al centro. In questo nuovo contesto politico che è venuto determinandosi, e dopo la migrazione di nove decimi dell’elettorato di SC prevalentemente verso il PD, ma in parte anche verso il NCD, la domanda che dobbiamo porci è questa: qual è la scelta politica più efficace per promuovere il nostro programma (un programma che – al pari di Gemma Mantovani – insisto a considerare di gran lunga il migliore fra tutti quelli presentati nelle due ultime competizioni elettorali)? Questo essendo lo scopo, l’azione politica possibile ha più probabilità di successo se svolta in posizione terza, o se svolta all’interno di uno dei due poli maggiori? E in questo secondo caso, all’interno di quale dei due?

… ha meno senso ed è più difficile costruire tra destra e sinistra un polo lib-dem – La questione mi concerne tutto sommato molto marginalmente, perché, come studioso prestato alla politica, al termine di questa legislatura terminerà anche il mio servizio civile in Parlamento e tornerò ai miei mestieri precedenti. Poiché però fino a quel termine continuo a rappresentare chi un anno e mezzo fa mi ha eletto, non mi esimo dall’esprimere la mia opinione sulla questione. A me sembra che una risposta attendibile all’interrogativo debba fondarsi su queste tre considerazioni:
   1. SC ha conseguito l’obiettivo minimo di cui ho detto sopra, ma non l’obiettivo più ambizioso di sostituire in Italia al bipolarismo destra-sinistra quello tra favorevoli e contrari alla strategia dell’integrazione europea;
   2. fino all’anno scorso, destra e sinistra si erano caratterizzate per la loro simmetrica incapacità di separarsi dalle rispettive ali estreme e conseguentemente per la loro incapacità di competere al centro dell’arena; ora, invece il centro dell’arena è destinato a essere sempre più terreno di c
ompetizione diretta fra i due poli maggiori: sarà dunque sempre più difficile costruire qualche cosa di nuovo e di solido in questo spazio;
   3. ancor più improbabile è il successo in quel progetto di un partito oggi privo di un capo e di dirigenti intermedi che abbiano le doti politiche necessarie e che impersonino credibilmente il progetto politico: mai come in questo momento è apparso evidente che non solo SC, ma anche l’intera area liberal-democratica oggi soffre proprio di un difetto grave di leadership, sia di vertice sia – pur con qualche isolata eccezione – di livello intermedio. 

Le ragioni della mia collocazione nel sistema bipolare… – Queste considerazioni mi inducono a ritenere che l’azione a sostegno della riforma europea dell’Italia oggi possa essere efficace soltanto all’interno di uno dei due nuovi poli: quello del PD renziano e – quando si sarà costituito – quello del nuovo centrodestra non berlusconiano. Per quel che mi riguarda, dopo una vita spesa all’interno della sinistra italiana per rafforzare in essa l’ispirazione liberal-democratica, non avrebbe senso che io collocassi altrove rispetto all’area del centro-sinistra l’ultimo periodo di mio servizio politico-parlamentare, oltretutto proprio nel momento in cui l’evoluzione del PD in senso liberal-democratico si manifesta nel modo più evidente e addirittura clamoroso. Nell’area del centrosinistra si collocherà dunque probabilmente il mio impegno politico-parlamentare – come si è collocata una larga maggior parte degli elettori di SC due settimane fa -, in forme che dipenderanno ovviamente anche dalle scelte che compiranno gli altri parlamentari di SC, da quelle che compiranno il Governo e il PD nelle prossime settimane e mesi in materia di mercato del lavoro, di amministrazioni pubbliche e di spending review; comunque mai a spese dell’indipendenza di giudizio che in cinquant’anni di attività politica ho sempre praticato.

… e l’impegno a operare perché il liberalismo democratico resti terreno di confronto positivo fra i poli maggiori – Una delle cose più positive che ho sperimentato in quest’ultimo anno e mezzo di lavoro politico è consistita nello scoprire la vasta area nella quale si determina una piena convergenza, sulle misure necessarie per la salvezza e il progresso del nostro Paese, con persone collocate da sempre a destra, così come con persone collocate da sempre a sinistra. Solo i nostri figli o i nostri nipoti, del resto, e forse neppure loro, potranno dire se debbano considerarsi più “di destra” o più “di sinistra” le misure incisive a cui oggi stiamo lavorando per il mercato del lavoro,  per le amministrazioni pubbliche, per la scuola, o in altri campi (ammesso che la distinzione novecentesca fra destra e sinistra sia destinata a conservare il suo significato nel XXI secolo). Il fatto nuovo importante è che oggi le vecchie barriere siano cadute e che proprio sul terreno del liberalismo democratico sinistra e destra italiane abbiano incominciato a confrontarsi fattivamente. Non sarà inutile – e questo può essere, a mio avviso, un terreno d’azione privilegiato per i gruppi SC di Senato e Camera da qui al termine della legislatura – che si creino dei luoghi di elaborazione e di dibattito nei quali questo confronto possa svilupparsi al di là delle differenze di schieramento, garantendo nel tempo il massimo possibile di continuità, pur nella necessaria alternanza tra centrosinistra e centrodestra al governo, sugli elementi essenziali della strategia europea dell’Italia.       (p.i.)

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