LA RIFORMA FARÀ AUMENTARE L’OCCUPAZIONE?

LA LEGGE NON HA IL POTERE DI CREARE POSTI DI LAVORO; MA IL POTERE DI OSTACOLARLI CE LO HA ECCOME – PER QUESTO UNA SEMPLIFICAZIONE DRASTICA DELLA DISCIPLINA DEL RAPPORTO DI LAVORO PUÒ AIUTARE MOLTO LA RIPRESA

Intervista a cura di Alessandro Rossi, pubblicata su Mondo Padano il 6 febbraio 2015 in occasione del convegno sulla riforma del lavoro promosso a Crema dall’Unione Industriali di Cremona e dalla Libera Assoziazione Artigiani

 

Il titolo di questo convegno è L’Italia riparte dal lavoro. A dicembre la disoccupazione è scesa. Anche quella giovanile. È la svolta tanto attesa?
Probabilmente sì. Ma prima di affermarlo con sicurezza sarà meglio attendere i dati dei primi due trimestri 2015.

Però la ripresa sembra ancora una chimera.
Forse non proprio una chimera: ci sono numerosi indici che consentono di ritenere che siamo già in fase di ripresa. Mi riferisco, in particolare, ai dati sui mutui immobiliari e al consumo, o a quelli relativi alla domanda in alcuni settori di beni durevoli come l’automobile, in netta crescita.

La riforma del lavoro appena avviata è a suo giudizio, in grado di promuovere un recupero, seppur parziale, delle centinaia di migliaia di posti di lavoro persi in questi sei anni?
Si suole dire che i posti di lavoro non si creano per legge, ed è vero. Però è anche vero che la legge ha il potere di impedire od ostacolare l’incontro fra domanda e offerta di lavoro, cioè di ridurre le occasioni di lavoro: il nostro diritto del lavoro ha prodotto questo effetto in modo pesante. La riduzione delle bardature giuridiche e la semplificazione della disciplina dei rapporti di lavoro, dunque, può aiutare molto il ritorno alla crescita dell’occupazione. Lo vedremo nelle prossime settimane e mesi.

Quali sono i punti più qualificanti di questa riforma?
Il più importante è il passaggio dal vecchio sistema di protezione centrato sul principio di job property a un sistema centrato sul principio della flexsecurity: cioè un sistema che assicura la sicurezza economica e professionale della persona che lavora proteggendola nel mercato e non ingessando il posto di lavoro. I cardini della riforma sono la nuova disciplina dei licenziamenti, l’assicurazione universale contro la disoccupazione allineata agli standard europei e il nuovo strumento del contratto di ricollocazione per l’assistenza intensiva del lavoratore nella ricerca della nuova occupazione.

Il sindacato sostiene che un punto di debolezza della riforma risiede nel fatto che il nuovo contratto a tutele crescenti non sostituisce ma si aggiunge alle numerose tipologie di contratti flessibili che già esistono. E che, di conseguenza, il precariato non verrà ridotto. Cosa ne pensa?
Non è così: i fatti mostreranno nelle prossime settimane e mesi che con le nuove norme il contratto a tempo indeterminato tornerà a essere la forma normale di assunzione. La previsione è che esso passi dalla quota del 15 per cento del flusso che si registrava nell’autunno scorso a un terzo entro tre mesi, e a più della metà entro l’anno. Se sarà così, non soltanto verrà smentita la previsione da lei citata, ma verrà anche dimostrato che era proprio il vecchio articolo 18 la causa del precariato.

Vi sono Paesi dove chi percepisce un sussidio disoccupazione non può rifiutare un’offerta di lavoro, pena la perdita del sussidio stesso. È questa la strada da seguire?
Si chiama “condizionalità” del sostegno del reddito. Ed è proprio quello che intendiamo introdurre effettivamente nel sistema, con il contratto di ricollocazione. Che conterrà anche degli obblighi per il lavoratore, il cui inadempimento produrrà la sospensione del trattamento di disoccupazione.

Nei Paesi dove la flexsecurity è un successo, come Danimarca e Paesi Bassi, le politiche attive per il reimpiego sono strutturate ed efficientissime. In Italia, su questo fronte, è ancora quasi tutto da costruire. O sbaglio?
Il cantiere è aperto. Il contratto di ricollocazione costituirà lo strumento di cooperazione tra Centri per l’Impiego pubblici e agenzie private specializzate, proprio secondo il modello olandese. Il lavoratore licenziato avrà il diritto di scegliere l’agenzia che preferisce tra quelle accreditate presso la Regione, il cui servizio sarà poi retribuito con un voucher statale o regionale, ma solo a risultato ottenuto. Certo, la macchina andrà rodata; ma per ora avremo soltanto le assunzioni: i licenziamenti nel nuovo regime – speriamo non troppi – verranno soltanto in un secondo tempo e aumenteranno gradualmente. C’è dunque il tempo per mettere la macchina a punto in tempo utile.

Qualche giorno fa Carlo Cottarelli, in visita a Cremona, ha dichiarato che le riforme sono importanti, ma che una vera svolta si avrà unicamente in presenza di una politica monetaria espansiva e di misure in grado di stimolare la domanda interna. Che cosa ne pensa?
Come ho detto prima, la riforma legislativa non crea di per sé posti di lavoro; però può aiutare a rafforzarne l’aumento in una fase di crescita, quale quella che si sta profilando.

Sempre cottarelli ha dichiarato che, a suo giudizio, i soldi risparmiati andrebbero utilizzati per ridurre la tassazione sul lavoro.
Giustissimo: per prima cosa detassare lavoro e impresa. Solo dopo i consumi e per ultimi i patrimoni.

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