PER UNA INFORMAZIONE CORRETTA SUI FLUSSI NEL MERCATO DEL LAVORO

Negli ultimi 12 mesi le assunzioni sono aumentate del 13% e il saldo tra assunzioni e cessazioni è positivo per 379.000 unità; gli occupati a tempo indeterminato continuano ad aumentare, anche se molto meno che nel 2015 – Ma aumenta anche il tasso di disinformazione (bi-partisan) su questi dati

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Numero 13 del periodico della Fondazione Anna Kuliscioff,
Mercato del Lavoro News, a cura di Claudio Negro, 19 maggio 2017Su questo sito è disponibile anche il n. 9 dello stesso notiziario periodico   
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Fondazione KuliscioffLa pubblicazione dei dati dell’Osservatorio sul Precariato di INPS relativi al periodo Gennaio-Marzo 2017 (che vengono confrontati coi dati analoghi del 2015 e 2016) ha sempre eccitato notevolmente molta stampa. Stavolta quattro sono i focus denunciati dagli indignati: non c’è più il posto fisso, aumentano le assunzioni a termine, cala la Cassa Integrazione ma aumentano i licenziamenti. Ancora una volta l’approccio più pirotecnico alla notizia è quello de La Verità (in russo Pravda…): Assunzioni in picchiata e aumentano i licenziati Meno cassintegrati: sono tutti disoccupati. Ma anche il Manifesto non scherza: Successone di Renzi: aumentano i contratti a termine e i licenziati. Del resto, sia pure con toni più sobri, molte alte testate leggono i dati in modo analogo.

Come sempre vediamo i dati. Innanzitutto l’occupazione aumenta, e non di poco: tra gennaio e marzo le assunzioni sono state 1.439.000, +9,6% rispetto allo stesso periodo 2016, le cessazioni 1.117.000, (….)

Se consideriamo gli ultimi 12 mesi (dato tendenziale) le assunzioni sono aumentate del 13% e il saldo tra assunzioni e cessazioni è positivo per 379.000 unità. Questo aumento di contratti di lavoro è dovuto per 22.000 unità a contratti a tempo indeterminato (che quindi continuano ad aumentare anche se molto meno del 2015), per 40.000 unità a contratti di apprendistato e per 315.000 a contratti a termine. Su questo spostamento delle assunzioni su tempo determinato e apprendistato faremo un riflessione puntuale nel prossimo numero dell’Osservatorio.

Veniamo alle cessazioni (che comprendono non solo licenziamenti, ma anche e soprattutto la fine di un contratto a termine, dimissioni, pensionamento, ecc.): sono aumentate del 12,5% quelle di contratti a termine (ovvio, essendo cresciuto il numero dei contratti a termine) ma sono diminuite (-2,1%) quelle di contratti a tempo indeterminato.

E adesso i licenziamenti veri e propri: il tasso di licenziamento calcolato sul complesso dei contratti a tempo indeterminato è 1,4%, uguale a quello del 2015 e superiore dello 0,1% a quello del 2016. Quindi sostanzialmente invariato: bastava sobbarcarsi la fatica (peraltro non enorme) di leggere i dati per evitare di dire sciocchezze…

Vediamo più in particolare, comparando il primo trimestre 2017 con 2016 e 2015. I licenziamenti per ragioni economiche nelle aziende sotto i 15 dipendenti sono stati 79.953 nel 2015, 83.935 nel 2016, 76.239 nel 2017 (quindi in calo). Nelle aziende over 15 sono state 28.165 nel 2015, 33.474 nel 2016, 33.559 nel 2017 (quindi stabili). I licenziamenti per giustificato motivo soggettivo (essenzialmente disciplinari) nelle aziende sotto i 15 dipendenti sono stati 7678 nel 2015, 9459 nel 2016, 9981 nel 2017. Nelle aziende over 15 (quelle in cui il Jobs Act ha modificato l’art.18) 5027 nel 2015, 6275 nel 2016, 8468 nel 2017. Quest’ultimo dato è l’unico che vede un aumento: stiamo parlando di 2.400 licenziamenti in più rispetto all’anno scorso, rispetto ad un totale di risoluzioni di rapporti di lavoro (dimissioni, licenziamenti, risoluzione consensuale, ecc.) ) che assomma a  167.979. Un po’ poco per parlare di libertà di licenziare… [soprattutto se si tiene conto del fatto che frequentemente viene simulato un licenziamento per la difficoltà di porre in essere le dimissioni, stante la difficoltà di rispettare la nuova disciplina complicatissima del recesso del lavoratore: infatti nello stesso periodo il numero delle dimissioni si è ridotto].

Ma a proposito dei licenziamenti per motivi economici, compreso esodi incentivati e fine appalto, sono stati 124.174, e sono la parte più corposa delle risoluzioni dei rapporti di lavoro: notiamo che sono sostanzialmente stabili rispetto al 2015 (erano 126.143) e al 2016 (erano 123.252). Non si vede proprio il boom dei licenziamenti…

I più immaginifici hanno tentato di stabilire un rapporto tra la stretta determinata dal Jobs Act sulla Cassa Integrazione Straordinaria e l’aumento dei licenziamenti, ma non c’è riscontro: i licenziamenti per fine CIGS rientrano tra quelli economici e, come visto, non c’è incremento di questi licenziamenti. Vero che c’è stato un aumento delle richieste di NASPI, che però molto probabilmente corrispondono a quelle che sarebbero state domande di Indennità di Mobilità che da quest’anno è cessata, sostituita appunto dal NASPI.

Infine una nota: è interessante il punto di vista di Repubblica: Crollano i contratti stabili e volano i robot, ma non è supportato da nessun dato concreto. Occorrerebbe fare uno studio esaminando gli andamenti occupazionali delle imprese che hanno beneficiato degli incentivi di Industry 4.0. Non crediamo però che si scoprirebbe un’evidenza in questo senso. Non ancora, per lo meno.

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