ANSA: SI VA VERSO IL MODELLO TEDESCO

CON LA VITTORIA DEL “Sì” AL REFERENDUM DI MIRAFIORI IL BARICENTRO DEL SISTEMA ITALIANO DELLA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA SI SPOSTA VERSO I LUOGHI DI LAVORO E SI LANCIA UN MESSAGGIO POSITIVO ALLE GRANDI MULTINAZIONALI STRANIERE, CHE OGGI SI TENGONO ALLA LARGA DAL NOSTRO PAESE

Intervista a cura di Barbara Marchegiani pubblicata dall’Agenzia Ansa il 14 gennaio 2011

(ANSA) – ROMA, 14 GEN – Il “sì” al referendum sull’accordo per lo stabilimento Fiat di Mirafiori apre un percorso di svolta per il sistema delle relazioni industriali del Paese, verso il modello tedesco. Ne è convinto il giuslavorista e senatore del Pd, Pietro Ichino, che parla dell’evoluzione verso un nuovo assetto della contrattazione e della rappresentanza in azienda e sostiene la necessità che l’Italia si apra agli investimenti.
”Con la vittoria del sì, non c’è dubbio che questo contribuirà alla tendenza a spostare il baricentro della
contrattazione collettiva verso la periferia, i luoghi di lavoro”, afferma Ichino. ”Questo non significa che il ‘modello Fiat’ verra’ immediatamente imitato dalle imprese a capitale e management italiano; ma si può prevedere che qualche grande impresa multinazionale straniera colga il segnale e si proponga
di imitare il modello, cosa di cui dovremmo solo rallegrarci – sottolinea – stante l’attuale grave incapacità dell’Italia di attirare investimenti esteri”.
A suo parere, ”è probabile che il punto di equilibrio del sistema, dopo qualche scossa di assestamento, venga trovato con un assetto che attribuisca al contratto collettivo nazionale la funzione di rete di sicurezza, di benchmark nazionale, costituendo la fonte della disciplina applicabile in tutto il settore, ma solo quando non vi sia un contratto stipulato da una coalizione sindacale maggioritaria a livello aziendale. In altre parole – spiega Ichino – una disciplina di default, che garantisce uno standard di trattamento in mancanza di una disciplina negoziata ad un livello inferiore. Qualche cosa di simile a quanto accade da 15 anni in Germania”.
 Sulle rappresentanze sindacali in azienda (da costituire tra i sindacati firmatari e dunque senza la Fiom-Cgil), ”l’accordo ricalca esattamente quanto previsto attualmente all’articolo 19 dello Statuto dei lavoratori”, premette il giuslavorista; ”questo non toglie – prosegue – che quella norma, nata dal referendum del ’95 voluto da Rifondazione comunista, sia da riformare. Per questo, due anni fa, molto prima che si aprisse la vertenza Fiat, ho presentato un disegno di legge, firmato anche da altri 54 senatori del Pd che mira a definire con chiarezza il diritto della coalizione sindacale maggioritaria a stipulare il contratto collettivo con effetti vincolanti, oltre che per l’impresa, per tutti i lavoratori interessati; e il diritto del sindacato minoritario non a un potere di veto, ma alla rappresentanza riconosciuta in azienda anche se non ha firmato il contratto”. (ANSA).

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