SE LA MINISTRA GELMINI FA UNA LEGGE DI SINISTRA

SULL’UNIVERSITA’ IL GOVERNO DI CENTRO-DESTRA STA FACENDO QUELLO CHE AVREBBE DOVUTO FARE IL GOVERNO PRODI
Articolo di Andrea Ichino pubblicato sul Corriere della Sera del 19 gennaio 2009 

     Ciò che dovrebbe colpire gli elettori di sinistra nei provvedimenti del Ministro Gelmini non è quello che ogni governo di destra ha sempre fatto in ogni parte del mondo (ridurre la spesa per l’istruzione pubblica), ma ciò che invece doveva essere fatto dai precedenti governi di sinistra e condiviso dal PD.
Tre esempi: tagliare o erogare fondi non indiscriminatamente ma in base a parametri di efficienza per risparmiare tasse ai cittadini, collegare gli aumenti retributivi dei professori a indicatori di produttività scientifica e non alla sola anzianità di servizio, scardinare in modo imperfetto ma dirompente i giochi sporchi delle lobbies concorsuali. Provvedimenti di questo tipo sono di sinistra perché vanno a colpire pesantemente rendite parassitarie, in tutto analoghe a quelle della nobiltà francese dell’Ancien Regime.
     Certamente non basta sancire questi principi: bisogna anche vedere come saranno attuati. Però, siamo onesti noi persone di sinistra: come mai il nostro governo era oggettivamente ostaggio della parte peggiore del mondo universitario, non di quella migliore che certo esiste. E come mai non ha nemmeno provato a fare di queste riforme la sua bandiera (magari facendole meglio)? Perchè è il Ministro Gelmini e non il Ministro Mussi a punire chi è in cattedra senza aver mai scritto una riga e quindi senza aver, probabilmente, mai insegnato con competenza?
     Pur contenendo alcuni spiragli positivi, i provvedimenti del governo sono tuttavia ispirati all’idea che l’università debba essere governata centralmente in ogni ambito. La vera rivoluzione, sarebbe invece un governo che smettesse di regolare nei dettagli cosa gli atenei debbano fare, ma valutasse con attenzione la loro performance “ex post” e erogasse i finanziamenti di conseguenza.
     Nel caso dei concorsi, ad esempio, è evidente che in assenza di un sistema di incentivi corretti rispetto agli obiettivi desiderati, nessun sistema concorsuale regolamentato può funzionare. Purtroppo, in pochi ambiti più che in questo è vero il detto: “fatta la legge, trovato l’inganno”. E anche quando i commissari sono onesti (come a volte accade), le commissioni concorsuali esterne non possono reclutare in modo ottimale perché i loro membri non subiscono le conseguenze delle loro decisioni. Nulla cambierebbe tornando ai concorsi nazionali, che oltretutto erano procedure macchinose e lente. Né è rilevante decidere, in assenza di incentivi corretti, se siano meglio i commissari interni o esterni, eletti o sorteggiati, giovani o anziani.
     Può sembrare dissacrante, ma il paragone calza bene: nessuno si è scandalizzato quando Cesare Maldini ha scelto suo figlio Paolo Maldini per giocare nella Nazionale nello stesso suo ruolo di terzino sinistro. E se Paolo Maldini non fosse un grandissimo campione certo non avrebbe giocato a lungo nel Milan nel ruolo di suo padre. Quando gli incentivi sono corretti, vengono reclutati i migliori indipendentemente da chi essi siano: in questo non ci sono differenze tra un ateneo e una squadra di calcio.
     L’unico sistema di reclutamento che può funzionare deve quindi basarsi su: 1) una definizione chiara da parte del governo di quali criteri gli atenei debbano seguire nel reclutamento (produttività scientifica? competenza? prestigio? abilità didattica?) 2) una piena autonomia dei dipartimenti universitari nel decidere chi e come assumere; 3) premi e penalizzazioni efficaci, a seconda del raggiungimento degli obiettivi.
     E chi non ha fiducia nel mercato si tranquillizzi, perché non è necessario affidare al mercato la definizione degli obiettivi e la verifica del loro raggiungimento. Se preferiamo che lo faccia il governo, benissimo. Il Research and Teaching Assessment Exercise nel Regno Unito funziona in modo più che soddisfacente, e chi ritiene che la ricerca non debba essere l’unico criterio rilevante, noti che il sistema inglese valuta anche la didattica. Certo nessun sistema di valutazione è perfetto. Ma la situazione attuale italiana non implica l’assenza di valutazioni: valutiamo implicitamente anche adesso, ma in un modo che di fatto premia i peggiori.
     Probabilmente sarà il Ministro Gelmini a resuscitare il CIVR (Comitato di Indirizzo per la Valutazione della Ricerca) che, su incarico del Ministro Moratti, ha prodotto la prima valutazione seria del sistema universitario, purtroppo senza effetti reali sui bilanci degli atenei e le retribuzioni dei docenti. Ne sarò felice come cittadino ma triste come elettore del PD.

Andrea Ichino – andrea.ichino@unibo.it

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