CHE COSA SIGNIFICA ESSERE ITALIANI NELL’ERA DELLA GLOBALIZZAZIONE

LIBERTA’ DELLA NAZIONE; CUSTODIA E SVILUPPO DI UN’EREDITA’ CULTURALE LETTERARIA E ARTISTICA UNICA AL MONDO; RAPPORTO TRA ITALIA ED EUROPA, OVVERO TRA LA PATRIA DELLA CULTURA E LA PATRIA DELLA DEMOCRAZIA FUNZIONANTE E DELLE REGOLE – TRE TEMI CHE POSSONO ESSERE DECLINATI IN POSITIVO O IN NEGATIVO

Intervento svolto al seminario Aspen dedicato al tema Una riflessione sulla memoria e sull’identità nazionale, presieduto da Giulio Tremonti – Milano, 28 marzo 2011 – Per i limiti di tempo degli interventi (tre minuti), sempre rigorosamente applicati nei seminari Aspen, in quella occasione ho potuto svolgere solo i primi due dei tre punti, che qui invece sono tutti e tre esposti compiutamente

A che cosa serve l’identità nazionale nell’era della globalizzazione, e perché difenderla? Come italiano do tre risposte positive a questo interrogativo, in riferimento rispettivamente ai temi della libertà, del nostro patrimonio culturale e artistico e del rapporto tra il nostro Paese e l’Europa. Ma vedo anche, in riferimento a ciascuno dei tre temi, una possibile risposta inaccettabile, eppure largamente diffusa nella nostra cultura materiale. Sul primo dei tre punti dissento dal presidente del nostro seminario e ministro dell’Economia; sugli altri due, invece, concordo con lui.

Libertà della nazione – Essere italiani significa essere eredi e custodi della libertà conquistata, con il sangue di chi ci ha preceduti, contro il dominatore austriaco e borbone prima, contro i nazisti poi. Ma vedo una degenerazione di questa idea di libertà nazionale – ed è questo il mio punto di dissenso dal ministro dell’Economia – quando essa è declinata nei termini di una antistorica libertà dalle ingerenze straniere nella nostra economia, di una difesa della “italianità” delle nostre imprese, che in realtà è per lo più difesa di un management indigeno meno efficiente dalla concorrenza proveniente dall’estero, che sovente porta con sé piani innovativi e capacità migliori di valorizzare il lavoro degli italiani.

Eredità culturale, letteraria e artistica – Essere italiani significa essere eredi di un patrimonio culturale, artistico e ambientale unico al mondo e impareggiabile, fieri della nostra capacità di manutenerlo, difenderlo e arricchirlo, nell’interesse dell’umanità intera. Vedo invece una degenerazione di questa idea quando essa si traduce nel ritenerci liberi, in quanto italiani, di far di questo patrimonio quel che ci pare: liberi di fare scempio dell’ambiente naturale, di lasciar andare in rovina i nostri monumenti, di lasciar ammuffire nelle cantine dei nostri musei tesori d’arte che in qualsiasi altro Paese sarebbero esibiti con orgoglio (ma sul punto concordo con il ministro Tremonti: la capacità di investimento su questo patrimonio deve nascere dalla capacità di eliminare gli enormi sprechi e rendite parassitarie, di far fruttare anche economicamente il tesoro di cui disponiamo).

Italia, Europa – Essere italiani e al tempo stesso europei, oggi, significa anche fare nostra la missione di diffondere in Italia quella civicness tipicamente propria dei Paesi centro e nord-europei, che in casa nostra fa vistosamente difetto. L’idea esattamente contraria è quella per cui, invece, l’essere italiani costituirebbe titolo per essere esentati dal rispetto degli standard europei in ogni campo, dal rigore nella spesa pubblica all’efficienza delle amministrazioni, dalla trasparenza dei bilanci delle imprese al rigore nello smaltimento dei rifiuti. Anche su questo punto dò ragione al ministro Tremonti nel dibattito che lo contrappone a una parte dell’opposizione, ma anche a una parte della sua stessa maggioranza: dobbiamo guardarci bene dal difenderci dalle astreintes della UE. Essere italiani e al tempo stesso europei oggi significa far nostra senza riserve la missione – difficile ma niente affatto impossibile – di aprire la patria dell’arte, della letteratura e della cultura classica alla cultura delle regole.

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