LIBERO: BERLUSCONI E’ BOLLITO?

IL QUOTIDIANO DIRETTO DA BELPIETRO SI (E MI) INTERROGA SULL’ESAURIMENTO DELLA SPINTA PROPULSIVA DEL GOVERNO DI CENTRO-DESTRA, SULLE ALTERNATIVE CHE STANNO MATURANDO E SULL’INIZIATIVA POLITICA DI MONTEZEMOLO

Intervista a cura di Elisa Calessi, pubblicata su Libero il 10 aprile 2011

Professor Ichino, secondo lei Berlusconi è bollito?
«Effettivamente, negli ultimi tempi lo vedo appannato, anche sul terreno che lui preferisce: sbaglia le barzellette».
Sarà a corto di repertorio. Ma a parte questo, lei considera finito il governo Berlusconi?
«Già da mesi. Perché la sua forza si basa interamente sulla politica dell’annuncio: a metà legislatura, se dopo tutto il fumo non arriva nessun arrosto, è naturale che il consenso si perda per strada. È accaduta esattamente la stessa cosa, del resto, per il suo governo precedente: già a metà legislatura 2001-2006 la sua spinta propulsiva si era vistosamente esaurita».
Intanto altri si preparano a scendere in campo. L’altro giorno lei, Nicola Rossi e Luca Cordero di Montezemolo avete firmato insieme sul Corriere della Sera un articolo sulla precarietà. Come è nata questa idea?
«Martedì mi sono incontrato con Nicola Rossi per determinare insieme i costi di attuazione del mio progetto flexsecurity. Da quell’incontro è nata l’idea di scrivere insieme un articolo, in vista della manifestazione di oggi (ieri per chi legge, n.d.r.). Poi si è aggiunto Montezemolo e di questo mi sono molto rallegrato, perché l’endorsement del presidente della Ferrari aiuterà a superare qualche resistenza di Confindustria».
Un senatore del Pd, uno che dal Pd è uscito e un imprenditore che sta per entrare in politica. Volete fare un partito nuovo?
«È, semmai, il segno della possibilità di una ampia convergenza su questioni di merito. Tra tanti tatticismi, mi pare un segnale positivo. Oltretutto, non è una convergenza al ribasso, ma su di un progetto molto organico e incisivo, frutto di anni di elaborazione e di discussioni».
Ma cosa pensa di Montezemolo? Le piacerebbe un suo impegno più diretto?
«Se il Partito Democratico oggi fosse quello che quattro anni fa ci eravamo proposti di costruire, esso sarebbe in grado di aprirsi a una iniziativa politica liberal e fuori dai vecchi schemi, come quella cui Montezemolo intende dar vita. Mi dispiace che quell’iniziativa si collochi fuori dal Pd, ma la considero comunque positiva».
Questa firma congiunta prelude a un suo passaggio a quella formazione?
«No: il mio posto resta nel partito che ho contribuito a fondare. Con l’obiettivo, a questo punto, di lavorare per un’alleanza che comunque mi sembra possibile e auspicabile».
Lei parla di apartheid di un’intera generazione. Ma la politica si occupa più di Ruby che di precari. Perché? 
«E’ vero, ma c’è anche dell’altro. Il 10 novembre scorso il Senato ha approvato con 255 voti favorevoli e solo 24 contrari o astenuti una mozione bi-partisan, primo firmatario Rutelli, che impegna il Governo a varare un Codice del lavoro semplificato ispirato al mio disegno di legge per la flexsecurity. Certo, occorrerebbe che il Governo se ne occupasse».
Anche il Pd, però, non ha fatto proprio il suo progetto. Perché?
«Il mio disegno di legge è stato fatto proprio dai leader delle due minoranze del Pd, Veltroni e Marino. E anche da alcuni esponenti della attuale maggioranza del partito. Non è poco, come risultato di un anno di dibattito politico su di un progetto di riforma radicale del nostro diritto del lavoro».
Molti, a sinistra, la accusano di voler cancellare i diritti dei lavoratori.
«La nostra proposta consiste in uno scambio tra articolo 18 e Danimarca. Nessuno può sostenere ragionevolmente che i lavoratori danesi siano deprivati dei loro diritti. E neanche che stiano peggio degli italiani. Chi respinge questo progetto dimentica che oggi il 75% delle assunzioni, in Italia, avviene con contratti di lavoro di serie B, C o D».�
Voi proponete, a copertura delle spese, di aumentare di un anno l’età pensionabile. Non si scatenerebbero piazze di ogni tipo?
«Con il sistema attuale, tre quarti dei giovani che incominciano a lavorare stanno maturando pensioni da fame. Il nostro progetto garantisce a tutti i giovani che incominciano oggi a lavorare un lavoro di serie A e una copertura contributiva continuativa, nonostante i periodi di disoccupazione. Per garantire questo basterebbe un innalzamento di 6 mesi dell’età pensionabile, che resta comunque inferiore rispetto al centro e nord-Europa. È il minimo che si può chiedere alla mia generazione».
Non crede che il sindacato sia responsabile di questo apartheid?
Qui le responsabilità, oltre che di tutti i partiti, sono di tutti i sindacati, che negli ultimi tre decenni hanno protetto soltanto gli interessi degli insiders, ignorando quelli di outsiders e new entrants».

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