LA LETTERA DEL TESORIERE DEL GRUPPO DEI SENATORI DEMOCRATICI

LA MIA DENUNCIA CIRCA ALCUNE GRAVI OPACITÀ NELLA GESTIONE DEL PERSONALE DIPENDENTE DAI GRUPPI PARLAMENTARI E NEL RAPPORTO DI FINANZIAMENTO TRA IL SENATO E I GRUPPI  STESSI HA APERTO UN DIBATTITO, CHE  TUTTAVIA FINORA SI È SVOLTO SOLTANTO NEL CHIUSO DEL PALAZZO – IL DOCUMENTO CHE SEGUE CONSENTE DI RENDERNE PARTECIPE L’OPINIONE PUBBLICA

Lettera di Mario Gasbarri, tesoriere, ai senatori del Gruppo Pd, 27 giugno 2011 – V. in proposito la mia risposta

Nei giorni scorsi il senatore Ichino – con un intervento in Aula prima, e con un comunicato apparso sul suo sito web poi – prendendo spunto dal particolare tipo di rapporto di lavoro con l’Amministrazione del Senato di alcuni dipendenti dei gruppi, noti come “deliberati”, mette al centro della sua polemica il caso di alcuni dipendenti dei gruppi parlamentari e i partiti politici cui i medesimi gruppi fanno capo. Secondo il sen. Ichino siamo in presenza di “una forma di sostanziale finanziamento surrettizio dei partiti”.

Due sono le questioni sollevate: la prima riguarda la situazione dei dipendenti “deliberati” e, in particolare, di quelli in soprannumero non effettivamente utilizzati dai gruppi parlamentari. La seconda questione concerne l’ipotetico finanziamento sostanziale e surrettizio dei partiti politici.

Veniamo prima alla questione dei “deliberati”.

Il gruppo del PD del Senato ha 58 dipendenti. Di questi, 39 sono stati assunti con contratto a termine, fino alla fine della legislatura; 13 sono collaboratori con contratto a progetto; 6 sono stati assunti come giornalisti. Il gruppo riceve contributi dal Senato per 22 unità, in base alla sua consistenza numerica e per effetto della deliberazione n. 58/93, e per 2 unità per il distacco, ai sensi del DPS n. 11437/2010. I distacchi sono uno presso la segreteria del vice presidente sen. Chiti e uno presso la segreteria del questore sen. Adragna.

Dei 22, i deliberati veri e propri sono 14 (compresi i due distaccati) e per 10 si tratta di dipendenti non “deliberati”.

Innanzitutto, che significa “deliberati”?

Tutto ha inizio il 16 dicembre del 1993, quando il Senato, con deliberazione del Consiglio di Presidenza n. 58, stabilì che “per assicurare la stabilità del posto di lavoro al personale dei gruppi parlamentari” in servizio a tutto il 1° gennaio 1993, ogni gruppo avrebbe ricevuto un contributo a carico del bilancio del Senato. Nasce così la lista dei dipendenti “deliberati”. Attualmente, in servizio tra i vari gruppi, essi sono 63.

Nello specifico, la deliberazione istitutiva (58/93) prevedeva per i gruppi composti da 10 senatori finanziamenti per 3 unità di personale; per i gruppi da 11 a 100 senatori aumentava di una unità ogni 5 senatori; dal 101° in poi 1 unità ogni 10 senatori.

I contributi dati ai gruppi, per assumere i dipendenti compresi nella citata lista, vengono erogati in base ai seguenti quattro livelli:
1° livello                    €    77.061,00 (fino a 15 anni di anzianità)
2° Livello                    €    92.847,00 (da 15 a 20 anni di anzianità)
3° livello                    €  115.973,00 (da 20 a 24 anni di anzianità)
4°livello                     €  154.122,00 (oltre i 24 anni di anzianità)

In base a questi dati, il nostro gruppo riceve dal Senato 24 contributi così suddivisi:
10 contributi per il 1° livello
4 contributi per il 2° livello
7 contributi per il 3° livello
3 contributi per il 4° livello.

Da quanto detto, credo risulti chiaro come siano stati avvantaggiati i gruppi parlamentari minori, a scapito di quelli più numerosi come il nostro e il PDL. Particolarmente avvantaggiato è sempre risultato il gruppo misto che ha ricevuto contributi di gran lunga maggiori di quelli a cui avrebbe avuto diritto in base alla sua consistenza numerica, per effetto del punto 6 della succitata deliberazione, secondo cui “il personale che non abbia trovato collocazione presso un gruppo potrà confluire presso il gruppo misto con il relativo contributo”.

Il singolo dipendente compreso in quella lista poteva, e può, transitare da un gruppo ad un altro. Il nuovo gruppo avrebbe usufruito del relativo contributo del Senato, contributo che deve essere utilizzato per garantire al dipendente un trattamento retributivo proporzionalmente rapportato a quello già percepito.

Con delibera n. 4 del 1994, i gruppi minori sono stati ulteriormente favoriti nei criteri di assegnazione dei contributi per il personale. Tale situazione di favore per i gruppi minori è stata agevolata da una gestione dubbia delle due deliberazioni e da una mancanza di informazione le cui conseguenze sarebbe interessante oggi analizzare compiutamente.

Si è dovuto attendere il 2010, quando con DPS n. 11437, è stata ripristinata la situazione prevista dalla succitata delibera n. 58/1993. Quest’ultimo decreto presidenziale si è reso necessario per il fatto che, nell’attuale legislatura, diversi gruppi non sono più presenti in Senato e, di conseguenza, i relativi dipendenti sono stati assegnati al gruppo misto, fatta eccezione per quelli che gli altri gruppi avessero voluto utilizzare, al di fuori di ogni rigido criterio numerico.

Il nostro gruppo si è avvalso di questa facoltà assumendo 4 dipendenti, di cui 1 proveniente dal gruppo Sinistra democratica per il socialismo europeo, 2 dal gruppo del PRC, 1 dal gruppo misto, che si sommano ai 20 già assunti ai sensi della deliberazione n. 58 del 1993.

Quando si parla di dipendenti “deliberati” ci si riferisce a tutti quelli compresi nella lista allegata alla delibera del 1993. Per avere un termine di paragone, se il Senato ha avuto una sola delibera, alla Camera dei Deputati le delibere sono state, in questi anni, 3.

Veniamo ora al finanziamento sostanziale e surrettizio del partito. Come premessa, voglio ricordare come la scorsa settimana, gli Uffici di Presidenza  dei gruppi parlamentari e il segretario Bersani hanno deciso di presentare un ordine del giorno in occasione dell’esame delle Camere dei rispettivi bilanci interni. L’o.d.g., tra le altre cose, sottolinea la necessità ” di una politica di riforme sostanziali che  abbinino il rigore della finanza pubblica  con il reperimento di risorse per un più vigoroso processo di crescita del Paese e che”, quindi, “si rende necessaria un’ulteriore riduzione dei costi delle istituzioni e della politica” e poi si passa ad elencare tutta una serie di proposte che si muovono in questa direzione e che sono state presentate.

Quando ci si muove in maniera completamente diversa, e a proposito dei dipendenti “deliberati” si parla di “costi della politica” e si spara indiscriminatamente su tutti, facendo balenare ipotesi di reati penali, si fa inevitabilmente solo una gran confusione, oltre che a dire una stratosferica fesseria.

Se si fossero lette con più attenzione le deliberazioni sui contributi ai Gruppi per il personale, anzitutto si sarebbe notato che si parla di contributi (e non di dipendenti) e poi compreso che l’unica vera “rendita” creata da quella normativa  è a vantaggio dei Gruppi piccoli, e soprattutto del Gruppo misto, perché ricavano risorse economiche ben maggiori di quelle a cui avrebbero diritto in base alla loro consistenza numerica.

Parlare, come ha fatto il sen. Ichino, di “forma di sostanziale finanziamento surrettizio dei partiti” oltre che ingiusto, è anche, e soprattutto, FALSO. Almeno per quel che riguarda il gruppo PD e lo stesso partito.

Per vari ordini di motivi, che qui mi limito a richiamare. Il primo è che, come ci ricorda il Commentario breve alla Costituzione di Bartole-Bin, la natura giuridica di un gruppo parlamentare è autonoma rispetto al partito di riferimento, tant’è che sono sottratte alla giurisdizione ordinaria le sole attività dei gruppi parlamentari. Inoltre, come si è visto all’atto dell’esame dei conti consuntivi del gruppo per gli anni 2008-2010, non vi è stato alcun tipo di rapporto economico-finanziario tra il gruppo Pd del Senato ed il Pd stesso. Terzo, il personale del gruppo non è mai stato impiegato presso uffici del partito.

La situazione economica del gruppo del PD è stata pesantemente influenzata dall’abbandono, nei mesi prima delle elezioni amministrative ultime, dalla fuoriuscita di 13 senatori, scendendo da 119 a 106 componenti. Ciò ha originato una diminuzione delle entrate pari a 255 mila euro.

A questa situazione, finanziariamente difficile, si è ovviato con:

  • 4 pensionamenti, di cui 3 di deliberati. Con i risparmi conseguenti si è potuto ammortizzare l’unificazione contrattuale di tutti i dipendenti, ex Ds ed ex Margherita, e l’oneroso rinnovo contrattuale dei giornalisti;
  • razionalizzazione e realizzazione di risparmi nel funzionamento degli uffici e dei servizi forniti dal gruppo;
  • attivazione di sinergie con il gruppo Pd della Camera per ottimizzare l’utilizzazione del personale in forza ai due gruppi.

Questo impegno, completato entro il mese di luglio, ci porterà ad ammortizzare il disavanzo registrato in questi anni con la fuoriuscita dei 13 colleghe e colleghi. La complessità e ampiezza delle questioni, il fatto che esse siano state rese pubbliche nei modi e con i termini che sopra ho ricordato, mi hanno spinto a scrivere questa nota che spero sia utile a fare chiarezza sui termini reali delle questioni sollevate.

Voglio terminare ribadendo e rivendicando l’assoluta correttezza della gestione finanziaria e contabile del Gruppo di cui sono Tesoriere (e mi auguro che i Tesorieri degli altri gruppi vogliano fare altrettanto). E non basta: mi riservo di intervenire in Aula su questa vicenda, quando si discuterà il bilancio del Senato. Sarà quella la sede più idonea per chiedere un’iniziativa parlamentare comune per l’abrogazione della normativa in materia di contributi ai Gruppi e per l’istituzione di un solo trasferimento ad essi a carico del bilancio del Senato, determinato “in relazione alla consistenza numerica” come afferma il Regolamento del Senato.

Per parlare seriamente di costi della politica e di trasparenza.

Mario Gasbarri
Roma, 27 giugno 2011

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