ADN-KRONOS: PERCHÉ LA DENUNCIA ALLA COMMISSIONE EUROPEA

LA RISPOSTA DEL MASSIMO ORGANO DI GOVERNO UE AL NOSTRO PIANO NAZIONALE DELLE RIFORME E LA LETTERA DELLA BCE AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO INDICANO NEL DUALISMO DEL NOSTRO MERCATO DEL LAVORO UNA PIAGA DA CURARE SUBITO EFFICACEMENTE; E CI INDICANO ANCHE COME

Intervista a cura di Fabio Paluccio, pubblicata dall’Agenzia di stampa Adn-Kronos il 13 settembre 2011 – È disponibile sul sito il testo della denuncia presentata alla Commissione Europea il 14 settembre 2011

Professor Ichino, quali motivazioni spingono lei e gli altri firmatari del complaint che verrà presentato domani alla Commissione Europea, a richiedere l’apertura di un procedimento di infrazione contro il mercato del lavoro italiano?
Su questa iniziativa stavamo ragionando da tempo. La difficoltà era costituita dalla necessità di dimostrare in una forma efficace anche sul piano giuridico che in realtà milioni di rapporti di lavoro “a progetto” e altre collaborazioni autonome continuative, anche in regime di “partita Iva”, sono sostanzialmente rapporti di lavoro dipendente. Su questo stavamo da tempo raccogliendo dati e documentazione; ma la svolta è venuta con la risposta della Commissione Europea al nostro Piano Nazionale delle Riforme, del 7 giugno scorso, nella quale il massimo organo di governo dell’Unione manifesta una piena consapevolezza proprio di quello che noi ci proponevamo di dimostrare; e ne fa oggetto di una sollecitazione nei confronti dell’Italia sul piano politico-diplomatico. Questo ci consente oggi di chiedere alla Commissione stessa di trarre da quella consapevolezza e dal conseguente richiamo rivoltoci il 7 giugno anche le conseguenze necessarie sul piano amministrativo-giudiziario: quello stesso dualismo del nostro mercato del lavoro che tre mesi fa essa ci ha chiesto di superare – noi lo chiamiamo un vero e proprio regime di apartheid fra protetti e non protetti – costituisce evidente violazione della direttiva n. 1999/70/CE, che vieta l’utilizzazione di forme di lavoro a termine come forma ordinaria di ingaggio del personale e vieta comunque ogni disparità di trattamento fra i lavoratori assunti a termine e quelli assunti a tempo indeterminato.

Qual è la riforma che l’Unione Europea ci chiede?
Nello stesso documento della Commissione del 7 giugno, e poi ancora nella lettera inviata il 7 agosto al nostro Governo dal governatore uscente della Banca Centrale Europea Jean-Claude Trichet e dal governatore entrante, Mario Draghi, ci si chiede una flessibilizzazione delle strutture produttive compensata da una maggiore protezione economica e professionale del lavoratore nel passaggio dal vecchio al nuovo posto di lavoro; e il superamento del dualismo del nostro mercato del lavoro fra protetti e non protetti. In estrema sintesi: tutti a tempo indeterminato, a tutti le protezioni essenziali, ma nessuno inamovibile; e a chi perde il posto un robusto sostegno economico e investimento sulla sua professionalità, in funzione della rioccupazione più rapida possibile. Di tutto questo nella manovra-bis varata con il decreto-legge di Ferragosto non si trova nulla. L’obiettivo della nostra iniziativa è costringere il Governo e il Parlamento italiani a ridisegnare un diritto del lavoro capace di applicarsi veramente ad almeno 18 milioni e mezzo di lavoratori sostanzialmente dipendenti, e non soltanto a 9 milioni, come accade oggi.

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