LIBERO: QUANTO COSTA ALLA FIAT L’ERRORE DELLA ROTTURA CON CONFINDUSTRIA IN QUESTO MOMENTO

L’IMPRESA TORINESE PERDE LA POSSIBILITÀ DELLA CONTRATTAZIONE IN DEROGA E NON POTRÀ OPPORRE ALLA FIOM LA CLAUSOLA DI TREGUA

Intervista a cura di Alessandro Giorgiutti per Libero, 7 ottobre 2011 – In argomento v. anche la lettera di Sergio Marchionne a Emma Marcegaglia del 30 settembre 2011 e la mia intervista all’Agenzia Adn Kronos del 3 ottobre 2011

L’uscita di Marchionne da Confindustria è una buona o una cattiva notizia per il sistema delle relazioni industriali italiano?
Cattiva per il sistema, ma cattiva soprattutto per la Fiat. Sergio Marchionne ha avuto il grande merito di forzare il sistema italiano delle relazioni industriali a una autoriforma di straordinaria incisività e importanza, come quella che si è attuata con l’accordo interconfederale del 28 giugno. È curioso che la sua azienda decida di uscire dal sistema proprio ora che questa autoriforma è stata compiuta, precludendosi di beneficiarne.

Di fatto, Marchionne assegna una grandissima importanza all’articolo 8 e accusa l’asse Confindustria-sindacati di frenare sulla riforma. Ha ragione lui?
L’Ad Fiat sostiene che l’intesa integrativa firmata da Marcegaglia insieme a Cgil, Cisl e Uil il 21 settembre avrebbe segnato un passo indietro rispetto all’articolo 8 del decreto di Ferragosto. Non è così: per un verso la nuova norma legislativa allarga le possibilità della contrattazione aziendale soltanto se questa si colloca nell’alveo dell’accordo interconfederale del 28 settembre; per altro verso, questo accordo prevede la possibilità che la contrattazione aziendale investa tutte le materie che le sono delegate dal contratto nazionale o dalla legge. C’è così una perfetta e automatica coincidenza di oggetto e campo di applicazione fra la norma legislativa e l’accordo interconfederale. Dunque, dicendo che “le parti si atterranno rigorosamente all’accordo”, l’intesa del 21 settembre non limita affatto le potenzialità di applicazione dell’articolo 8.

Paradossalmente, quanto all’applicazione dell’articolo 8 – il tema più sottolineato nella lettera di Marchionne – non dovrebbe dunque cambiare nulla, o sbaglio?
Non sbaglia: l’intesa integrativa del 21 settembre, al di là dei significati politico-sindacali che le sono stati attribuiti, sul piano tecnico-giuridico non cambia nulla per quel che riguarda l’operatività dell’articolo 8.

Che cosa cambierà, invece, ora per le relazioni sindacali alla Fiat?
Il paradosso sta proprio qui: l’uscita dal sistema interconfederale determina una restrizione della libertà contrattuale della Fiat, proprio perché la contrattazione in deroga prevista dall’articolo 8 può svolgersi soltanto nell’alveo dell’accordo interconfederale. Inoltre, la Fiom sarà molto più libera di proclamare scioperi contro gli accordi aziendali.

Questa poi?
Sì, perché la clausola di tregua, che vieta al sindacato dissenziente di proclamare scioperi contro l’accordo stipulato dalla coalizione maggioritaria, è contenuta nell’accordo interconfederale. Sottraendosi la Fiat al suo campo di applicazione, la Fiom viene svincolata da quella clausola. È vero che in questo modo la Fiat potrà continuare a negare alla Fiom il riconoscimento in azienda; ma così la Fiat si troverà in casa un “corpo estraneo” che potrà fare un ostruzionismo senza limiti. Non mi sembra un gran guadagno, tranne che per i fautori della conflittualità permanente.

Per rispondere alle sollecitazioni della Bce sulla flessibilità del mercato del lavoro l’articolo 8 va confermato, cambiato del tutto o integrato?
Rispetto alle due indicazioni contenute nella lettera di Draghi e Trichet del 5 agosto, in materia di lavoro e relazioni industriali, l’articolo 8 pecca al tempo stesso per eccesso e per difetto. Per eccesso, perché quella lettera chiede un drastico spostamento del baricentro della contrattazione collettiva verso i luoghi di lavoro, ma non la derogabilità indiscriminata dell’intera legislazione del lavoro da parte dei contratti collettivi. Per difetto, perché quella lettera chiede una riforma della materia dei licenziamenti e degli ammortizzatori sociali, che l’articolo 8 non reca affatto.

Che cosa occorrerebbe, secondo lei?
Quello che ho proposto nel disegno di legge n. 1873 fin dal 2009: una drastica semplificazione della legislazione in materia di lavoro e una riforma dei licenziamenti che coniughi la massima possibile flessibilità delle strutture produttive con la massima possibile sicurezza dei lavoratori nel mercato del lavoro.

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