LA STAMPA: COMMENTO ALLA NOMINA DI MICHEL MARTONE VICEMINISTRO AL WELFARE

LA MIA CRITICA DELL’ANNO SCORSO PER LA CONSULENZA ASSEGNATAGLI DAL MINISTRO BRUNETTA NON TOGLIE CHE, DEI CANDIDATI DI CUI SONO CIRCOLATI I NOMI NEI GIORNI SCORSI, È PROBABILMENTE LUI QUELLO PIÙ ADATTO A PORTARE A COMPIMENTO LA RIFORMA DEL DIRITTO DEL LAVORO PER LA QUALE CI SIAMO IMPEGNATI IN EUROPA

Intervista a cura di Tonia Mastrobuoni, pubblicata dalla Stampa il 30 novembre 2011 – Sulla vicenda della consulenza assegnata al prof. Michel Martone dal ministro della Funzione pubblica in concomitanza con la designazione di suo padre, Antonio Martone, per la presidenza della Civit, v. la mia interrogazione del 26 novembre 2010

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Tutto sommato, Michel Martone è la scelta migliore. Un giudizio che potrebbe sembrare sorprendente, quello di Pietro Ichino.
Un anno fa il senatore pd polemizzò pesantemente contro l’ex ministro della Funzione pubblica Brunetta, reo di aver affidato a Martone una consulenza e sei mesi dopo al padre, Antonio Martone, il ruolo di capo dell’Autorità di vigilanza sulla Pa. Quella scelta resta «inopportuna», ripete. Tuttavia Martone è l’uomo più adatto a realizzare il cavallo di battaglia di Ichino, il contratto unico.

Professore, come giudica la scelta di Martone come viceministro al Welfare?
«Michel Martone ha certamente la competenza giuslavoristica di cui il ministero del Welfare ha bisogno per portare a compimento l’ambiziosa riforma del diritto del lavoro che Mario Monti ha indicato come capitolo di primaria
importanza del suo programma di governo».

Ma un anno fa lei lo ha accusato di conflitto di interessi.
«Sì: avevo denunciato l’inopportunità del conferimento di una consulenza a lui da parte del ministro Brunetta in coincidenza con la designazione di Antonio Martone, per la presidenza della Civit, l’autorità preposta anche al  controllo sull’operato del dicastero stesso di cui Brunetta era il titolare. Confermo quanto sostenni allora; ma la polemica riguardava più il ministro e il presidente della Civit che Michel Martone, la cui competenza giuslavoristica non era e non è in discussione».

Per il ruolo di viceministro erano circolati i nomi di Dell’Aringa e di Tiraboschi, piuttosto scettici sul contratto unico. A prescindere dal fatto che il ministro, Elsa Fornero, è favorevole, non pensa che Martone, da sempre convinto di questo suo cavallo di battaglia, sia una buona notizia? Insomma, chi era il candidato migliore?
«Per la riforma del diritto del lavoro è indispensabile una competenza giuslavoristica, che Dell’Aringa, economista, non ha. La hanno invece sia Tiraboschi, sia Martone. Tra i due, quest’ultimo è probabilmente più in sintonia con il disegno di riforma organica per il quale ci siamo impegnati nei confronti dell’Europa.
Negli anni passati Michele Tiraboschi è stato uno strettissimo collaboratore del ministro Sacconi e ha sostenuto, forse addirittura ispirato, le sue prese di posizione e proposte. Tiraboschi sottosegretario avrebbe significato una scelta di continuità con la politica del lavoro di Sacconi».

Ma Sacconi ultimamente ha preso posizione a sostegno del suo progetto flexsecurity, cui pure Monti è parso fare riferimento specifico nel suo discorso programmatico.
«Sì, ma ha preso questa posizione solo negli ultimi giorni prima della caduta del Governo, dopo che in questo senso si era pronunciato Berlusconi. Da tutti gli scritti di Michel Martone, invece, si trae una sua marcata sintonia con un disegno di riforma organica che ha molti rilevantissimi punti in comune con quello a cui ho lavorato io negli ultimi quindici anni, e a cui si ispira il disegno di legge che ho presentato due anni fa con altri 54 senatori del Pd. Capace di applicarsi davvero a tutti i nuovi rapporti di lavoro. Tutti a tempo indeterminato, a tutti le protezioni essenziali secondo i migliori standard internazionali, ma nessuno inamovibile. A tutti coloro che perdono il posto, una robusta garanzia di continuità del reddito e di assistenza nel percorso per la nuova occupazione».

Lei è ottimista sulla possibilità che questa riforma vada in porto?
«Sì. Anche perché la Bce e la Commissione Europea attribuiscono una importanza decisiva a questo capitolo del programma Monti. Non possiamo proprio sottrarci all’impegno preso».

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