LA STAMPA: COME LA METTIAMO PER L’IMPIEGO PUBBLICO?

IL PROBLEMA NELLE AMMINISTRAZIONI NON È TANTO CAMBIARE LE NORME VIGENTI, QUANTO APPLICARLE

Intervista a cura di Francesca Schianchi, pubblicata da la Stampa il 25 marzo 2012

Senatore Ichino, dice il governo che i lavoratori pubblici sono per ora esclusi dalla riforma. Ci sono situazioni così diverse tra pubblico e privato?
In linea teorica i pubblici non sono esclusi. Il Testo unico del 2001 estende a quasi tutto l’impiego pubblico anche l’applicazione dell’art. 18, salvi i casi di eccedenze di organico superiori ai 10 dipendenti, per le quali è prevista una procedura speciale di mobilità.

Il ministro Patroni Griffi, però, fa notare che le situazioni tra pubblico e privato sono diverse.
L’ostacolo pratico è questo: se il giudice condanna l’amministrazione a pagare al lavoratore licenziato un risarcimento, il dirigente che ha adottato il provvedimento può essere ritenuto responsabile verso l’erario per il danno. Quale dirigente pubblico è mai disponibile a correre questo rischio?

Nessuno…
Occorrerebbe una norma specifica che esentasse il dirigente, in questo caso, dalla responsabilità erariale. Occorrerebbe però anche che la dirigenza pubblica si riappropriasse delle proprie prerogative manageriali, accettando al tempo stesso di rispondere del raggiungimento degli obiettivi.

Come pensa si dovrebbe intervenire per riformare il lavoro pubblico?
Non vedo tanto una necessità di cambiare le norme vigenti, salvo che per qualche aspetto particolare, quanto la necessità di incominciare ad applicarle.

Cioè?
Per prima va applicata una norma facilissima, ma del tutto ignorata: quella che sancisce l’accessibilità di qualsiasi notizia inerente allo svolgimento della prestazione di chiunque sia addetto a una funzione pubblica, e alla relativa valutazione, tranne quelle “concernenti la natura delle infermità e degli impedimenti personali”. La trasparenza totale avrebbe, da sola, effetti straordinari.

E poi?
L’articolo 21 del Testo unico, sulla responsabilità dirigenziale. Responsabilizzare davvero i dirigenti per il raggiungimento di obiettivi specifici e misurabili. Nel senso che, se non li raggiungono, li si rimuove.

C’è stato un errore di comunicazione nel governo sull’applicabilità ai dipendenti pubblici?
Forse, prima ancora, un difetto di idee chiare su questo punto. Quando una norma non viene mai applicata, è in qualche misura inevitabile che si perda il ricordo di che cosa essa dice esattamente.

Cosa ne pensa della posizione del segretario Bersani sull’articolo 18?
Capisco bene la difficoltà del passaggio che deve affrontare. Negli anni passati ha sempre affermato che occorreva voltar pagina rispetto al dualismo fra protetti e non protetti nel mercato del lavoro, ma che occorreva farlo senza toccare l’articolo 18. Ora il governo propone un intervento molto incisivo per voltar pagina rispetto al dualismo, ma avverte che una parte essenziale di questo intervento è proprio la modifica dell’articolo 18. Bersani, e con lui l’intero Pd, devono decidere: se tengono ferma la difesa del vecchio articolo 18, rischiano di far saltare – oltre che il governo Monti – anche il provvedimento più serio dell’ultimo mezzo secolo contro il precariato.

E sul licenziamento degli statali che cosa dirà il Pd?
Non so che cosa dirà il Pd. Io dico che per prima cosa occorre incominciare a fissare obiettivi seri ai dirigenti pubblici e a licenziare – emmai – quelli che non li raggiungono.

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