LIBERO: NELLA RIFORMA FORNERO L’EQUILIBRIO C’È, MANCA IL CAPITOLO SEMPLIFICAZIONE

PER APRIRE IL PAESE AGLI INVESTIMENTI STRANIERI È IMPORTANTE L’ALLINEAMENTO DELLA NOSTRA LEGISLAZIONE DEL LAVORO AGLI STANDARD CENTRO- E NORD-EUROPEI, MA OCCORREREBBE ANCHE UNA SEMPLICITÀ E LEGGIBILITÀ CHE IN QUESTO PROGETTO MANCANO: LA SEMPLIFICAZIONE DEVE ESSERE LA PROSSIMA TAPPA

Intervista a cura di Alessandro Giorgiutti pubblicata su Libero il 4 maggio 2012

Il tema più discusso della riforma Fornero non è più l’articolo 18 ma la cosiddetta flessibilità in entrata. Le associazioni degli imprenditori dicono che le nuove norme anti-abusi sono un costo eccessivo e un freno alle assunzioni. Hanno torto?
La riforma Fornero si fonda su questo equilibrio: una riduzione della rigidità della disciplina dei licenziamenti e un giro di vite contro l’abuso di forme di lavoro precario. Qui si pone la questione se la flessibilizzazione del lavoro subordinato regolare sarà in grado di compensare le misure di contenimento del lavoro precario.

Come pensa che andrà?
A me sembra che non dovrebbero esserci perdite di posti di lavoro. Certo, per ridurre il rischio che si perdano per strada dei posti di lavoro avrei preferito una riforma dei licenziamenti molto più incisiva, applicata ai soli rapporti di lavoro destinati a costituirsi da qui in avanti, che avrebbe consentito di riassorbire molto più facilmente l’attuale lavoro precario nell’area del lavoro regolare, senza il rischio di perderne una parte per strada. Ma anche il progetto Fornero costituisce comunque un passo avanti nella direzione giusta.

Tra le richieste avanzate dalle imprese c’è la revisione dei criteri per individuare le “false” partite Iva e qualche cambiamento sui contratti a termine: via il limite dei sei mesi per il primo contratto senza causale, riduzione del periodo di intervallo tra un contratto e l’altro, non considerare nei limiti dei 36 mesi il lavoro somministrato. C’è la possibilità, su questi o altri punti, di modifiche migliorative?
Sì: su queste richieste è maturata un’intesa ragionevole, che mi sembra risolva il problema in modo equilibrato, senza alterare l’equilibrio generale della riforma.

Il Pdl ha avvertito che in assenza dei cambiamenti richiesti dal mondo delle imprese è pronto a non votare il ddl. Una minaccia che la preoccupa?
No. Perché, appunto, un accordo soddisfacente è già stato trovato con il consenso di tutte le forze della maggioranza.

Il Pd dal canto suo vorrebbe l’estensione degli ammortizzatori sociali ai parasubordinati, misura che però richiederebbe ulteriore copertura finanziaria: è fattibile?
Proprio in questi giorni stiamo cercando la possibile copertura finanziaria. Guardi, però, che non si tratterebbe di una voce di spesa spropositata, perché dalla fine del 2013 dovrebbero comunque entrare in vigore le norme mirate al riassorbimento delle collaborazioni autonome che nascondono posizioni di sostanziale dipendenza. Questo dovrebbe ridurre notevolmente la platea dei cosiddetti parasubordinati. Comunque un problema di copertura c’è e va risolto.

Lei cosa propone?
La chiusura di un paio di carrozzoni inutili, con attivazione per i dipendenti della procedura di mobilità prevista dall’articolo 33 del testo unico per il pubblico impiego. Anche solo questo basterebbe abbondantemente. Altrimenti, un contributo di solidarietà dell’uno per cento sulla parte eccedente i 1000 euro al mese delle pensioni di coloro che hanno avuto in passato il privilegio di andare in pensione prima dei 50 anni: sarebbe un atto di giustizia, anche se tardivo, di quella parte della mia generazione che ha maggiormente beneficiato delle ingiustizie passate ai danni dei nostri figli e nipoti.

Il percorso parlamentare del ddl incrocia le prime elezioni del dopo-Monti. I risultati delle amministrative condizioneranno l’iter della riforma?
Penso proprio di no.

Nell’attesa delle nuove regole, come si fa a rilanciare l’occupazione?
La leva di gran lunga più importante su cui possiamo agire è l’apertura del Paese agli investimenti stranieri, rispetto ai quali oggi siamo drammaticamente chiusi. Anche per questo è importante riallineare la nostra legislazione del lavoro ai migliori standard del centro e nord-Europa. Certo, sarebbe importantissima anche la semplificazione di questa legislazione.

E invece?
Questa ancora non c’è proprio. Peccato, perché il codice del lavoro semplificato sarebbe già pronto: è una riforma che si potrebbe fare in tre mesi e a costo zero. Diciamo che sarà questo il prossimo passo da mettere in agenda, subito dopo il varo della riforma Fornero.

jj

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