NARDUZZI: NELLA QUERELLE TRA FORNERO E INPS SUGLI ESODATI HA RAGIONE IL MINISTRO

QUELLO CHE LASCIA PERPLESSI NELLA CONDOTTA DEL NOSTRO MAGGIORE ISTITUTO PREVIDENZIALE SULLA QUESTIONE CHE STA SCUOTENDO LA POLITICA NAZIONALE

Articolo di Edoardo Narduzzi, commercialista imprenditore e giornalista esperto della materia, pubblicato su Italia Oggi il 21 giugno 2012

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Ben cinque mesi fa ci permettemmo di far notare quanto fosse atipico che, in piena googlenomics, l’Inps non fosse in grado di quantificare con un semplice click o poco più il numero dei cosiddetti esodati. Costoro sono tutti coloro che, avendo definito un accordo consensuale di uscita dal lavoro prima della riforma delle pensioni, sono colpiti dall’allungamento dell’età pensionabile non avendo più i requisiti di legge per poterla richiedere. Si tratta di un’anomalia tutta italiana: due parti private, l’impresa e il lavoratore, si accordano al meglio per il rispettivo interesse e massimizzano la propria utilità e scaricano sulla fiscalità generale gli effetti non previsti del loro accordo. Le cifre indicano in ben 65 mila ex lavoratori il numero complessivo in questa specifica situazione. In un mercato del lavoro normale, secondo gli standard contemporanei, e in un paese nel quale il bilancio pubblico non è visto come un meta-ammortizzatore sociale, la vicenda sarebbe stata risolta in altro modo da tante micro-decisioni specifiche. In Italia invece tutto torna sempre alla casella del fisco. Così, per accompagnare alla pensione anticipata i 65 mila esodati, sono state aumentate nuovamente le imposte su auto e casa per coprire i 4 miliardi richiesti. Ma ai sindacati, non contenti della riforma pensionistica, questo intervento, già molto eccezionale, non bastava. Volevano e vogliono estendere il più possibile la coperta per attenuare l’effetto della riforma pensionistica: più alto è il numero degli esodati minore la platea dei lavoratori in età avanzata colpiti dalla riforma Monti. Per questa ragione è iniziato un terzomondista balletto delle cifre al centro del quale, inspiegabilmente, si è posta l’Inps la quale ha fornito cifre oggettivamente surreali sulla platea dei soggetti interessati allargandola fino a 390 mila casi e includendovi anche tutti coloro che lavorano in imprese con in corso la cassa integrazione o procedure analoghe. Se l’impresa chiude alla fine della cassa integrazione non ci sarà uno esodato ma un disoccupato da gestire con gli strumenti tipici del caso. Troppo semplice perché i vertici della SuperInps non capiscano questi fatti. Per spiegare la loro condotta non rimane altro che ricorrere alle categorie politiche dell’Italia che fu: in Inps gli stipendi sono pagati dai contribuenti-cittadini ma le azioni sono nell’interesse dei sindacati. Un conflitto di interesse contro il quale ben ha fatto Elsa Fornero a non darsi per vinta. Ha denunciato pubblicamente il gioco dell’Inps e ha tenuto dritta la barra della riforma. Sicuramente una donna coraggiosa che pensa all’interesse generale e non solo a quello sindacale.

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